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Polygon Man, lo scheletro nell’armadio di PlayStation

In occasione del 30° anniversario di Playstation, vi portiamo alla scoperta di Polygon Man, la prima disastrosa e divisiva mascotte per la console Sony

SPECIALE di Mattia Pescitelli   —   03/12/2024
Polygon Man, la mascotte rinnegata di PlayStation

Immaginate di essere a capo di un'azienda che sta per posizionare sul mercato una nuova e competitiva piattaforma per videogiocare. Alle spalle avete uno dei nomi più affermati del panorama tecnologico internazionale, con anni di esperienza e un'utenza ben fidelizzata. Tutt'intorno sono presenti altre realtà già divenute divinità nell'immaginario collettivo del vostro pubblico di riferimento. Con i loro videogiochi hanno scolpito il medium a loro immagine e somiglianza, ma voi avete quel qualcosa in più che sicuramente vi farà intaccare quella pietra e, chissà, magari vi permetterà anche di distruggerla, così da costruire il vostro personale idolo che guiderà la mente (e i portafogli) di milioni di giocatori. Dovete attirare l'acquirente, lo dovete convincere a investire su di voi, un produttore che ha tutto da provare e nulla da garantire, se non quel nome che si è affermato in altri settori. Come fate? Ma ovviamente ideando una testa viola fluttuante, dai tratti malefici e spigolosi, in computer grafica. Da questi presupposti è nato Polygon Man, la prima mascotte Playstation che è sparita nel nulla dopo appena un'apparizione. Ripercorriamo insieme la sua breve e bizzarra storia.

Dietro Polygon Man

Quella di Polygon Man è una vicenda particolare, che va oltre il mero fallimento comunicativo. L'anno è il 1995 e PlayStation è divisa in tre poli principali: quello giapponese, quello europeo e quello statunitense. Proprio quest'ultimo, la Sony Computer Entertainment America (SCEA), si sta apprestando al lancio della console da gioco sul proprio territorio.

Polygon Man non vuole di certo la nostra anima
Polygon Man non vuole di certo la nostra anima

L'E3, una delle più grandi fiere dedicate al medium, si avvicina, ma per il capo della divisione, Steve Race, a PlayStation mancano degli elementi fondamentali per poter sfondare nel mercato americano. Primo fattore è il nome, che vorrebbero cambiare in PSX, più immediato, facile da ricordare e d'impatto.

Non è solo Race a esprimere preoccupazione a riguardo: anche le altre filiali internazionali sono diffidenti, sentimento derivato principalmente dai risultati non proprio brillanti che il nome del marchio sta riscuotendo attraverso sondaggi e ricerche di mercato, ma il capo di Sony Computer Entertainment (SCE) Teruhisa Tokunaka, con somma sicurezza, si limita a dire che "avevano detto lo stesso del Walkman", (come ha raccontato Phil Handerson, ormai ex amministratore delegato di PlayStation, in un'intervista concessa a EDGE).

La prima PlayStation, che in molti volevano chiamare PSX
La prima PlayStation, che in molti volevano chiamare PSX

Il secondo fattore è l'assenza di un volto virtuale che pubblicizzi il prodotto. Nintendo ha Mario, un idraulico tozzo, dai lineamenti tondeggianti (almeno non sullo schermo) e dal largo sorriso accentuato dagli iconici baffoni. Sega ha Sonic, piccolo, scattante, appuntito ma non troppo; un porcospino dal ghigno sprezzante e l'atteggiamento vincente. Con alla base questi esempi, Race decide che PlayStation ha bisogno di un volto che la caratterizzi.

Tramite la consulenza dell'agenzia pubblicitaria di SCEA, la Chiat/Day, risulta chiaro che il target al quale dovrebbero puntare sia quello dei "ragazzi di 17 anni, perché un dodicenne vorrebbe avere 17 anni e un venticinquenne vorrebbe tornare ad averli" (EDGE). Proprio da questa rivelazione nasce Polygon Man, figura irriverente ed "edgy", nell'espressione preferita di Race, che guarda alla già abbastanza esuberante Pirate TV, protagonista di una campagna promozionale di Sega nel Regno Unito.

Quel maledetto E3

Senza aver avvertito in alcun modo SCE, quindi, Rage e la divisione americana iniziano a far confluire il budget su questa brandizzazione non approvata, continuando a pubblicizzare la console come PSX e realizzando il famigerato Polygon Man, pronti per fare il loro debutto all'E3. I press kit ne sono invasi (in questi la neonata mascotte presenta i giochi disponibili al lancio su PlayStation uno a uno attraverso brevi frasi sopra le righe) e il suo sguardo inquietante svetta sopra gli spazi espositivi.

Polygon Man introduce i lettori a Battle Arena Toshinden, con una profetica Sofia pronta a togliere il posto da mascotte alla testolina viola
Polygon Man introduce i lettori a Battle Arena Toshinden, con una profetica Sofia pronta a togliere il posto da mascotte alla testolina viola

Arriva il grande giorno. Harrison e Ken Kutaragi (uno dei padri di PlayStation, che aveva una visione particolare della console, molto minimale sia nell'aspetto che nella comunicazione) si stanno avvicinando al Convention Center di Los Angeles quando si ritrovano faccia a faccia con il nuovo volto di PlayStation. "Ken è impazzito," ricorda Harrison sulle pagine di EDGE, "ma la cosa che lo ha veramente mandato su tutte le furie è stato il fatto che Polygon Man non era realizzato con la Gouraud Shading [quella per cui PlayStation si era distinta sul mercato], ma con un'ombreggiatura piatta! Così Polygon Man è stato portato nel parcheggio e silenziosamente giustiziato."

Non tutto è da buttare, ma molto è da rifare

Sony si è trovata a dover rivedere tutta la campagna pubblicitaria americana, sostituendo in corsa Polygon Man con Sofia di Battle Arena Toshinden, rinchiudendo il "figlio illegittimo" nella stanza più remota del suo vasto castello.

Sofia ha preso il posto di Polygon Man come mascotte PlayStation, per un po' di tempo
Sofia ha preso il posto di Polygon Man come mascotte PlayStation, per un po' di tempo

Per il materiale già realizzato si sono limitati a cancellare il volto della discordia, lasciando gli slogan e le frasi, che risultavano comunque efficaci e in grado di attirare l'attenzione del pubblico occidentale.

Ovviamente la questione non passò inosservata, dato che questa mascotte, che ha presentato la console, è poi scomparsa di colpo. Il pubblico aveva visto, e chi non aveva visto aveva sentito dello spaventoso faccione viola dai capelli appuntiti. Ciò lo ha reso un piccolo fenomeno di culto che, come tutti i fenomeni di culto, ha trovato modo di rinascere.

Che fine ha fatto Polygon Man?

Nel 2012, Polygon Man, mascotte videoludica mai apparsa in un videogioco, fa ufficialmente il suo debutto sul mercato. L'occasione è PlayStation All-Stars: Battle Royale, picchiaduro sulla falsariga di Super Smash Bros. Idea delle idee? Per l'occasione, Polygon Man diventa l'antagonista del videogioco, un'entità convinta di poter sgominare tutti i volti più conosciuti dell'universo PlayStation per ottenere il "potere assoluto".

Polygon Man è l'antagonista in PlayStation All-Stars: Battle Royale
Polygon Man è l'antagonista in PlayStation All-Stars: Battle Royale

La mascotte perduta viene riesumata, dandogli i connotati di una folle figura convinta di poter diventare l'unico volto dello stesso universo transmediale che l'ha generata e rinnegata. Poesia. Da notare anche la chicca di utilizzare come battute "da cattivo" le frasi che gli fecero dire nel primo e ultimo press kit che lo vedeva protagonista.

Ma non è finita qui! Infatti, dopo una comparsata nel programma di ricompense PlayStation Stars nel 2022, ecco che quest'anno ha fatto il suo ritorno sullo schermo in Astro Bot, dove appare definitivamente con l'appellativo che meglio lo rappresenta: "Mascotte Dimenticata".

Un’analisi di Polygon Man

Andiamo un secondo a esplorare ciò che poteva funzionare sulla carta ma che non ha poi convinto all'atto pratico. La dimensione spazio-temporale ci è chiara: Stati Uniti di metà anni '90, underground, grunge, colori spenti, freddi e scuri, summa perfetta del morale giovanile alla fine di un secolo difficile, che si affacciava a un nuovo millennio con un'insicurezza senza pari, dovuta a conflitti ed equilibri mondiali fortemente mutati nel giro di un paio d'anni. Tutto ciò come si traduce agli occhi di qualcuno che vuole vendere un prodotto a un determinato tipo di pubblico? In stereotipi.

Il materiale promozionale con Polygon Man
Il materiale promozionale con Polygon Man

Ai giovani piace l'irriverenza della nuova comicità americana? Ecco che il mio brand sarà sopra le righe e vicino al linguaggio del mio pubblico. I giovani sono schivi, aggressivi, ascoltano musica "depressa"? Allora il mio personaggio sarà spigoloso e intimidatorio. E viola.

Hanno fatto di tutto pur di rendere la mascotte affine al sentimento generale del pubblico di riferimento, ma ciò non ha portato ad altro che a renderla repellente, perché a chi piace vedersi rispecchiato in qualcosa che ci dovrebbe far evadere dal quotidiano e darci la possibilità di essere altro da noi stessi? Non risulta difficile, quindi, immaginare che la risposta iniziale a quella prima apparizione del volto PlayStation fu parecchio negativa.

Polygon Man in uno dei cartelloni presenti all'E3 1995
Polygon Man in uno dei cartelloni presenti all'E3 1995

Era inquietante, spaventoso, non azzeccava neanche uno dei colori distintivi della console e faceva apparire l'immagine di PlayStation come qualcosa di poco affidabile, se non proprio l'incipit di una storia in cui la malvagia corporazione prende il controllo del mondo attraverso la propria console da gioco all'avanguardia.

Il compito di una mascotte è quello di farti sentire a tuo agio nel sovvenzionare una determinata attività. Basti pensare al coniglietto delle Duracell o ai già citati Mario e Sonic, personaggi che possono essere anche tosti, ma che possiedono sempre quel minimo di carisma da farli apparire come qualcosa di cui ci si può fidare e ai quali si può guardare con ammirazione. E tutto ciò non è possibile (o, perlomeno, è molto difficile) se si propone un personaggio così ripugnante, ma non per la bruttezza (che rimane sempre una questione di gusti), quanto per la totale mancanza di empatia nei suoi confronti.

Istantanee di uno scisma

Per molti, Polygon Man rappresenta il conflitto intestino che caratterizza l'anima di PlayStation. A differenza di Xbox o di Nintendo, il colosso videoludico di Sony ha sempre fatto fatica a decidere quale identità mantenere (e, forse, è stato proprio questo a farne la sua fortuna).

La sede di Sony Interactive Entertainment a San Mateo, California
La sede di Sony Interactive Entertainment a San Mateo, California

Polygon Man era la manifestazione di questo scisma interno, che divideva l'amata casata videoludica tra il mercato orientale e quello occidentale. Due visioni differenti che dovevano (e devono tutt'oggi) parlare a pubblici molto lontani tra loro. Da un lato c'era la visione dei suoi creatori, coloro che hanno ideato la console: un'idea di minimalismo ed eleganza che mancava alla concorrenza. Doveva essere la macchina del futuro, quella che avrebbe traghettato il mondo videoludico nel nuovo millennio.

Dall'altro, c'era l'immediatezza a stelle e strisce, che non guardava al domani, ma solo al presente, al target di riferimento e a quello che la gente voleva in quel momento, non quello che avrebbe potuto volere da lì a dieci anni. Il marketing americano di fine millennio attaccava il pubblico, lo stordiva con un susseguirsi incalzante di immagini, lo convinceva che, senza quel determinato oggetto del desiderio, la sua vita non sarebbe mai stata completa.

Astro Bot e Polygon Man: un passaggio di testimone?
Astro Bot e Polygon Man: un passaggio di testimone?

Questa manovra, operata sottobanco, fu vista da molti (specialmente dalla dirigenza giapponese) come un tentativo di sabotaggio da parte della filiale statunitense; una totale mancanza di rispetto e fiducia nei confronti di una strategia che (con il senno di poi, ovviamente) aveva tutte le carte in regola per dimostrarsi efficace.

Ma il caso Polygon Man risuona ancora oggi nel modo in cui PlayStation sta gestendo la sua comunicazione. Un'identità che vacilla tra Occidente e Oriente; che dà un colpo al cerchio e uno alla botte; che, arrivata al 30° anniversario, non è ancora in grado di trovare un volto che la rappresenti. Che Astro Bot sia l'anello mancante per sanare lo strappo?