Lo spunto da cui parte Richard Cobbett per la sua polemica è l'annuncio di Bethesda che The Elder Scrolls Online avrà una grossa componente single player. Per Cobbett di primo acchitto gli amanti delle esperienze solitarie ne dovrebbero essere contenti, ma in realtà non è così.
Come dimostrato da Star Wars: The Old Republic e altri titoli, trapiantare un gioco single player nella logica di un MMO non è un'esperienza indolore e, soprattutto, i confini del genere non gli consentiranno mai di essere un esperienza appagante come quella di un gioco progettato solo per giocatori singoli.
Insomma, un MMO deve ruotare intorno alla necessità di spingere il giocatore a rinnovare l'abbonamento, dandogli in continuazione quest scialbe e ripetitive per farlo continuare a giocare così da accumulare sempre più oggetti e poteri (avete presente l'esperimento della scimmietta che preme il pulsante per darsi piacere? Ecco, siamo lì), mentre un'esperienza single player che voglia essere più narrativa, dovrebbe ignorare certe meccaniche, che cozzano profondamente con l'immersione in una trama strutturata ("Devo salvare il mondo" "Sì, ma prima vammi a raccogliere 30 radici di Culus selvatico che devo preparare la cena per mio marito").
Insomma, normalmente i contenuti single player di qualsiasi MMO sono inferiori a quelli di un gioco solo single player. Ma, facendo venire meno la componente sociale del genere, messa sempre più a margine nell'esperienza complessiva, cosa rimane? Oltretutto si è creata una stagnazione che ha bloccato ogni tentativo di innovazione proprio negli elementi di gameplay possibili solo grazie all'online.
Insomma, la questione ci pare interessante da discutere, soprattutto per i giocatori seriali di MMO. L'articolo originale, che trovate qui: link, affronta la questione molto più diffusamente. Voi che ne pensate?