Versione testata: PC
Ogni tanto, in un mondo ormai pieno solo di grandi produzioni legate ad altrettanto grandi nomi di serie, sviluppatori o distributori, e che spesso si rivelano pure delle grandi delusioni, spuntano dei titoli semisconosciuti o poco pubblicizzati che si rivelano però in grado di stupire gli appassionati ai generi cui appartengono, pur senza apportare grandi novità all'interno di essi, ma manifestandone al meglio le potenzialità (i titoli di FX Interactive sono un esempio).
Divinity II: Ego Draconis rientrava appunto all'interno di questo tipo di prodotti, e si rivelò per gli amanti degli RPG una vera e propria sorpresa che divenne sempre più bella via via che si andava avanti nel corso dell'avventura, o meglio, nella scoperta di quante chicche di ogni genere avevano inserito gli sviluppatori al suo interno, non ultima la possibilità di trasformare il protagonista in drago, sebbene le sessioni da mostro fossero meno profonde del resto del titolo e orientate a una soluzione quasi arcade.
Forti del successo ottenuto, gli sviluppatori hanno rilasciato a tempo di record un'espansione, Divinity 2: Flames of Vengenance, e, allo stesso tempo, hanno pensato bene di rinnovare anche il gioco base proponendo un'edizione unica contenente l'intera saga del cavaliere del drago: vediamo come.
La minaccia infinita
Gli eventi di Divinity 2: Flames of Vengeance iniziano subito dopo il termine di Ego Draconis, tanto che, se si dovesse iniziare direttamente l'espansione, si avrà accesso a un personaggio di alto livello, cosa che è comunque sconsigliata sia in termini di trama che di gameplay, in quanto lasciarsi gettare fin da subito in un'esperienza complessa come quella offerta senza aver affinato la propria abilità potrebbe non essere la migliore delle idee. Questo perché la creazione e soprattutto lo sviluppo del personaggio è uno dei punti focali dell'intero pacchetto: per quanto abbia l'anima di un action RPG, Divinity 2 è soprattutto un gioco estremamente difficile, nel quale una dispersione dei punti in mille abilità mal sviluppate può fare la differenza tra un eroe potente e un ibrido eccellente sulla carta ma debole nella pratica.
L'idea alla base del titolo infatti, è quello di proporre un approccio completo e incentrato sull'esperienza ruolistica del titolo, il che significa, ad esempio, che i combattimenti non vengono gestiti tramite combo attivabili da determinate combinazioni di tasti, ma attraverso abilità richiamabili con la pressione dei tasti, sullo stile dei vari Dragon Age o degli MMORPG quali World of Warcraft ed emuli vari. Crearsi un personaggio con molteplici abilità ma tutte di livello basso, è, quindi, la peggiore delle strategie se si vuole mantenere in vita un eroe in un mondo popolato da molteplici creature (gli stereotipi fantasy sono ripresi perfettamente) il cui level cap si mostra quasi sempre superiore a quello del giocatore e spesso presentate in gruppi misti di curatori, tank e tiratori in grado di supportarsi a vicenda durante lo scontro, costringendoci quindi a cercare strategie diverse dall'attacco diretto o, perché no, a cercare soluzioni diplomatiche, almeno quando possibile.
Il favoloso mondo di Rivellon
L'ambientazione, rimasta la medesima in entrambi i prodotti, ha tuttavia molto su cui dire: Rivellon è un tipico mondo fantasy, popolato da mostri, orchi, umani, negromanti e ovviamente gli immancabili non morti, e nel quale si consuma l'ennesima eterna lotta del bene contro il solito male demoniaco che vessa i poveri contadini. Si scadrebbe nella routine e nella ripetitività se gli sviluppatori non avessero avuto l'ottima idea di fare di Rivellon una parodia del classico fantasy, ripresentando sì i clichè caratteristici del genere, ma, allo stesso tempo, ridicolizzandoli al massimo, con un risultato simile a quello ottenuto dai film della serie Die Hard nel panorama delle pellicole d'azione anni '80.
I campioni del bene vestono armature dorate, di vago stile romaneggiante, così pacchiane da strappare più di un sorriso, e portano armi talmente ornate e dalle forme così assurde che viene da chiedersi se nella realtà potrebbero mai esistere delle spade tanto ridicole e sbilanciate. Le città sono costruite in stile cartoonesco (vagamente somigliante a quello di World of Warcraft) e gli edifici presentano un arredamento kitsch che copre diversi stili spazianti dal rococò al neoclassico in un tripudio di opulenza che D'Annunzio approverebbe sicuramente ma che al giocatore di oggi non può far altro che dare l'idea di una riuscita ridicolarizzazione del genere. A rendere ancora più paradossali le cose ci sono gli incontri in game e le quest: tra scheletri viventi convinti di essere ancora vivi, grandi maghi trasformati in ortaggi, fantasmi sapienti e maghi necrofili il divertimento è assicurato, complici anche le righe dei testi, tantissime, lunghissime, quasi estenuanti se non fosse che più e più volte durante i dialoghi scappano battute e osservazioni degne dei migliori Monkey Island. Tra l'altro, la quantità e qualità delle quest è davvero notevole e gli obiettivi sono i più vari e assurdi: che si debbano cercare degli orecchini in un teatro infestato o seguire le tracce di un assassino, piuttosto che indagare su un omicidio come il migliore dei detective (con tanto di testimoni e indizi) o prendere posizione per una parte o l'altra durante una discussione, difficilmente può capitare di annoiarsi durante i lunghi dialoghi o le ore a volte necessarie per completare una singola quest. Volendo trovare un difetto a questa varietà in effetti, può capitare che a volte ci si trovi con decine di quest irrisolte da completare, finendo col perdere il filo della trama principale, i cui sviluppi tra l'altro sono a volte inferiori a quelli di alcune quest minori, come se fosse stata inserita come mero collante tra le paradossali e irriverenti avventure di contorno.
Nulla di male comunque, visto che la quest principale passa attraverso step che presentano avversari superiori a quelli normalmente trovati nell'area, obbligando così il giocatore a completare tutto il corollario di missioni secondarie per salire di esperienza e di abilità prima dello scontro "finale". Espediente che tra l'altro porta la durata di Divinity II: The Dragon Knight Saga, l'intero pacchetto, tra le 60 e le 100 ore di gioco in base alla percentuale di missioni completate e alla strategia dei vari scontri. Peccato che le sessioni trasformati in drago, per quanto divertenti, siano anche quelle che più si distaccano da quanto detto in precedenza, anche se, inutile negarlo, una strizzatina di massacro in stile simil arcade, con la possibilità di volare attraverso canyon, cieli e colline bruciando nemici e abbattendo aeromobili dà una notevole svolta al gameplay, variandolo al punto giusto.
Miglioramenti per tutti i gusti
Dal punto di vista tecnico il lavoro svolto si mostra decisamente convincente: forti di alcune critiche mosse a Ego Draconis, gli sviluppatori hanno ben pensato di inserire in Divinity 2: Flames of Vengenace una discreta serie di migliorie grafiche, a partire da animazioni più convincenti dei personaggi (soprattutto del protagonista nell'esecuzione delle abilità) fino a un maggiore dettaglio generale del mondo, sia sugli abiti che sugli ambienti (aperti o chiusi che siano) passando per un corposo aumento degli effetti speciali di incantesimi, fonti di luce, fiamme e così via.
Il risultato generale è decisamente appagante e funzionale al gameplay, che tra l'altro, forte anche di una scalabilità di prestazioni pressoché totale, mantiene una fluidità piena anche in computer di fascia media. Gli effetti sonori restano convincenti e le musiche di accompagnamento si rivelano epiche e ridondanti al punto giusto, sottolineando in modo convincente i vari eccessi parodistici del titolo.
L'Intelligenza Artificiale nemica in genere non delude, presentando personaggi che eseguono ciò che la loro classe dovrebbe suggerire, il che significa curatori che supportano i loro commilitoni, negromanti che evocano nuovi avversari e tiratori che si prodigano in danni ad area e a distanza, anche se capita spesso di vedere nemici che non si muovono quando a poche decine di metri da loro alcuni commilitoni vengono massacrati in situazioni che a volte ricordano un MMORPG piuttosto che un gioco single player quale è Divinity 2.
Conclusioni
Un solido gioco di ruolo, legato ai canoni del genere per quanto riguarda lo sviluppo del personaggio, la complessità dell'avventura e la profondità dell'esperienza, uniti a un mondo fantasy ironico e divertente, che non mancherà di strappare risate al giocatore e interessarlo per le numerose ore necessarie a completare il titolo. Le sessioni in forma di drago sono divertenti e frenetiche, forse fuori contesto, ma anche per questo riescono a dare varietà al gameplay. L'aspetto tecnico è piacevole e curato e il tutto viene venduto anche in digital delivery su Steam a 40€ o direttamente in negozio a 30.
PRO
- Divertente nel vero senso della parola
- Componente ruolistica preponderante
- Prezzo vantaggioso
CONTRO
- Difficile per un neofita del genere
- Sessioni da drago non ancora del tutto convincenti
- Trama principale sottotono
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore: Intel Core I7 @ 3 GHz / AMD Phenom II x4 @ 3 GHz
- RAM: 4 GB
- Scheda Video: NVIDIA GeForce GTX 295 o equivalenti.
- Sistema Operativo: Windows 7
Requisiti minimi
- Processore: Intel Core 2 Duo @ 1.8 GHz / AMD Athlon II x2 @ 1.8 GHz
- RAM: 1 GB
- Scheda Video: 256 MB compatible DirectX 9.0c and Shader Model 3.0
- Sistema Operativo: Microsoft Windows XP/Vista/7