L'anima è tutto
Folklore si può definire un gioco di azione con forti contaminazioni GDR. La storia viene vissuta alternativamente nei panni di Ellen e di Keats, che vengono utilizzati separatamente, capitolo per capitolo. Ognuno dei due personaggi ripercorre basilarmente lo stesso cammino, ma vede le cose dal proprio personale punto di vista, e solo unendo le informazioni ricavate dalle singole avventure si viene a conoscenza della trama in tutta la sua completezza. Ellen e Keats devono spostarsi continuamente dal mondo dei vivi, che in questo caso è ristretto al solo villaggio di Doolin e ai suoi dintorni, all’Oltremondo, ovverosia il mondo dei morti, fortemente onirico ed evocativo. Mentre durante la permanenza a Doolin le meccaniche sono bene o male quelle di un gioco di ruolo, dove l’unico scopo è indagare e raccogliere nuove informazioni parlando con i vari personaggi non giocanti, l’Oltremondo è teatro della parte action del titolo, e prevede numerosi combattimenti. I nemici sono i Folk, creature mostruose che ospitano le anime dei defunti, chiamate Id. Sconfiggendo un Folk, si può assorbire il suo Id (o anima), assegnarlo a uno dei quattro tasti preposti e utilizzarlo per sferrare attacchi. Gli attacchi consumano una porzione della classica barra del "mana", che si ricarica col passare del tempo. Ogni creatura ha un suo particolare attacco, e appartiene a un diverso elemento. Assorbendo gli Id di Folk già catturati in precedenza, si ottiene, in puro stile GDR, di aumentare la loro esperienza e, raggiunto un certo livello, sbloccare nuove abilità o aumentarne la potenza.
Magia e tecnica
I Folk sono più di cento, e sia dal punto di vista artistico che da quello pratico sono molto originali e piuttosto differenziati.
Utilizzare le varie abilità di ogni creatura nei combattimenti è molto divertente, e senza dubbio originale, ma i nemici non sono dotati di una grande intelligenza artificiale, ed oltre a seguire pattern piuttosto facili da aggirare, infliggono mediamente pochi danni. Il risultato è che un giocatore un minimo smaliziato potrebbe trovare veramente inconsistente il livello di sfida offerto da Folklore: personalmente sono morto per la prima volta solo dopo diverse ore di gioco. Il sistema di combattimento, poi, è incentrato molto sulla grande varietà di creature utilizzabili, ma con qualche accorgimento potrebbe essere molto più profondo, accattivante e dinamico.
I ritmi di Folklore sono più vicini a quelli del gioco di ruolo che a quelli dell’action, e anche durante i combattimenti non arriveremo mai ai livelli di adrenalina di un Devil May Cry o un God of War. Folklore va vissuto con calma, come una sorta di fiaba interattiva: a testimoniarlo ci sono le scene di intermezzo, che, tolti alcune sporadici filmati in computer grafica, sono tavole statiche con didascalie e dialoghi scritti, prive di ogni forma di doppiaggio. Ciò restituisce una sensazione di avere tra le mani qualcosa di “old gen”, ma al tempo stesso esercita una certa forma di fascino. Al sensore di movimento del pad Sixaxis è lasciato il compito di catturare le anime dei Folk una volta abbattuti, mediante la sua rotazione verticale e orizzontale.
Folklore garantisce circa 15 ore di gioco per il giocatore medio.
La grafica di Folklore svolge bene il suo compito pur non sorprendendo con eccessiva prepotenza tecnica o effetti esasperati. Certo non ci troviamo davanti ad una produzione di primissimo livello, ma le emozioni restituite dai bellissimi paesaggi e l’atmosfera che gli artisti sono riusciti a infondere in ogni schermata sono senza dubbio un grandissimo punto a favore. E’ proprio il lato artistico quello meglio riuscito, infatti, e sfido chiunque a non rimanere stupito di fronte a certi ambienti, che siano essi nel mondo dei viventi o in quello dei morti. Le sensazioni di dolce malinconia nel villaggio di Doolin e di sospensione onirica nell’Oltremondo sono semplicemente favolose. Magnetiche.
Magia e tecnica
Il doppiaggio italiano, per quel poco che compare nei filmati in computer grafica, è di qualità molto altalenante: mentre i personaggi principali sono tutti più o meno accettabili, alcune “comparse” (vedi il marinaio nel filmato iniziale) risultano assolutamente impresentabili. Stesso identico discorso per le musiche, vellutate e affascinanti in alcuni casi, ripetitive ed irritanti in altri (la musica dei combattimenti vi verrà a noia in brevissimo tempo). Nella media gli effetti sonori.
Il gioco è completamente localizzato in italiano.
Commento
Folklore porta una discreta dose di originalità in un genere solitamente incentrato nei soli combattimenti e caratterizzato da ritmi più serrati. Ottimo dal punto di vista artistico, il titolo dei Game Republic tiene alto l’interesse con una trama articolata e avvincente, ma pecca dal punto di vista della difficoltà di gioco, davvero troppo bassa, e dal mero aspetto tecnico, non eccezionale. Con la sua aura di fascino malinconico, Folklore è una graditissima sorpresa in questo autunno di Sony, e va tenuto in forte considerazione da tutti i possessori di PlayStation 3 che sappiano godersi un gioco d’azione senza dover per forza far sballare i valori dell’adrenalina.
Pro
- Originale e carismatico
- Atmosfera trascinante
- Sistema di combattimento potenzialmente più profondo
- Livello di sfida basso
Folklore è disponibile per PlayStation 3.
Esiste un mondo dove le fiabe nord europee vengono viste attraverso le lenti della tradizione orientale, e si mescolano con atmosfere oscure e malinconiche, dalle tinte vagamente horror. Stiamo parlando del mondo di Folklore, bizzarro e discusso gioco di azione sviluppato da Game Republic in esclusiva PlayStation 3, nato dalle idee di Yoshiki Okamoto (produttore esecutivo di Resident Evil, Devil May Cry e Oniumusha) e interprete attuale del ruolo dell’outsider, sia dal punto di vista delle vendite che da quello della critica.
Folklore narra la storia di Ellen e Keats, i due personaggi principali, rispettivamente una ragazzina diciassettenne e il reporter di una rivista sull’occulto. Ellen viene attirata nel paesino irlandese di Doolin, un luogo zeppo di misteri che cela addirittura la porta per l’aldilà, da una lettera speditale dalla madre morta molti anni prima, e allo stesso modo Keats si precipita sul posto perché incuriosito da una segnalazione arrivatagli in redazione. La trama si svilupperà in maniera piuttosto intricata, e non mancheranno i colpi di scena.