Vecchio Grifone
Quella che sembra una catastrofe scaturita da un semplice tentativo di furto presto assumerà tratti molto più complessi. Progredendo nel gioco scopriremo che il buon Charles Deckard non è altro che una pedina in un gioco più grande di lui trovandosi a fare i conti con il Black Order ed il Council of ’98: due organizzazioni segrete molto interessate al Vaso e al suo immenso potere, ma mentre la prima avrà delle intenzioni ben poco amichevoli con il protagonista, il concilio offrirà pieno appoggio a Charles nel tentativo di porre fine al disastro. Questi sviluppi dal gusto complottistico guideranno la storia dalle strade della metropoli americana fin oltreoceano, a Londra, anch’essa sotto l’attacco di terribili creature. La caratteristica principale del gioco è proprio l’eccentrica varietà di avversari che verremo chiamati a combattere. Vedere un enorme golem fatto di detriti di palazzi ed auto aggirarsi per New York, oppure trovarsi di fronte alla torre del Big Ben circondata da grifoni offre senz’altro degli scorci spettacolari che aiutano a tenere alto il ritmo dell’azione e il coinvolgimento. Il bestiario è tanto vario quanto stereotipato e attinge direttamente da miti, leggende delle civiltà antiche. Oltre ai già citati golem e grifoni avremo a che fare tra gli altri con lupi mannari, minotauri, Fire Drake (delle bestie di lava sputa fuoco) e dei putti demoniaci che sembrano usciti direttamente da Doom3. È apprezzabile la cura nella realizzazione di un atteggiamento credibile per ogni diversa creatura: ogni avversario attacca seguendo routine comportamentali differenti costringendoci ad assumere delle differenziate tattiche per sperare di avere la meglio su di loro, come nel caso dei lupi mannari che una volta abbattuti è necessario decapitare per evitare che tornino in vita.
Intelligenza accessoria
A questa apprezzabile varietà e diversificazione di mostri non si accompagna un’altrettanto alta cura riposta nella realizzazione degli avversari umani del Black Order. Gli scontri con le forze militari sono sempre una formalità per il giocatore: l’intelligenza artificiale dei soldati è imbarazzante, tanto che non è raro vederli sparare all’impazzata con mira pessima e rimanere immobili mentre vengono crivellati di colpi. Anche il comportamento dei nostri alleati soffre degli stessi gravi problemi tanto da far apparire i compagni più come degli elementi di cornice piuttosto che come parte integrante ed attiva nel gameplay di gioco. Anche le animazioni che danno (o meglio dovrebbero dare) vita ai vari individui sono tutt’altro che eccezionali, apparendo molto legnose e poco armoniose nei movimenti.
Dal marchio impresso sulla mano sinistra di Charles arriva la seconda caratteristica peculiare di Legendary. Questo stigma lasciato dal Vaso sulla pelle del protagonista è un’utile componente nel gameplay del gioco, ci permette di assorbire ed accumulare “l’energia oscura” dalle creature sconfitte da poter riutilizzare a nostro piacimento. Ben presto ci si accorge però che questa abilità tanto decantata nel gioco non è altro che un ingegnoso metodo di cura del personaggio che sacrifica l’energia accumulata per ripristinare la propria salute mentre i risvolti offensivi del marchio si riducono all’utilizzo di una specie di spinta di forza che stordisce temporaneamente le creature e non ha alcun effetto sugli avversari umani.
La Legge di Murphy
La narrazione di Legendary sembra rispecchiare in pieno la teoria della legge di Murphy. Questa legge, manifesto dell’ottimismo, recita semplicemente: “Se qualcosa può andar male, lo farà”. Ed è proprio quel che accade durante lo svolgersi degli eventi vissuti in Legendary: gli sceneggiatori non perdono occasione per applicare questo teorema riempiendo tutta l’avventura di scene catastrofiche al limite della credibilità, spesso anche prevedibili. Lascia perplessi la linearità della campagna, pesantemente scriptata in ogni sua componente dall’inizio alla fine, che trasmette la sensazione di non essere poi così determinanti per lo sviluppo degli eventi. Tutto ciò fa trasparire l’idea che l’interessante spunto narrativo intorno al quale gravita il gioco non sia stato sfruttato bene come avrebbe meritato, è palese come il potenziale del copione è rimasto in buona parte inespresso ed è un vero peccato visto che Legendary aveva tutte le carte in regola per offrire una campagna veramente coinvolgente.
Nelle rare fasi di calma tra uno scontro e l’altro Legendary prova, con risultati non all'altezza, a spaventare il giocatore ricorrendo a banali espedienti giocando con la luce o con i ruggiti delle creature, ma questi tentativi non fanno che lasciare interdetto il giocatore, in fin dei conti tutta la campagna scorre sempre liscia senza alcun vero colpo di scena a dispetto della drammaticità della scena che vorrebbe trasmettere il gioco.
Aggiungiamoci che la longevità di questo Legendary è davvero al limite della sufficienza, proponendo appena 8 capitoli che difficilmente raggiungono la decina di ore di gioco, e con un multiplayer accessorio dove l’unica nota di colore è data dalla presenza dei mostri nei deathmach che influiscono come una terza forza comandata dalla CPU in grado di destabilizzare l’equilibri della battaglia.
Leggendario?
Spark Unlimited si affida al granitico Unreal Engine 3 per il comparto grafico di Legendary, ma il risultato è lontano da quello che ci si potrebbe aspettare da questo magnifico motore. Ogni scena che vivremo nel gioco, per quanto spettacolare ed epica sia la sua regia, risulterà in parte castrata nel suo spessore visivo per colpa di texture in bassa risoluzione e di modelli poligonali spesso poveri, si salvano solo la modellazione delle creature che raggiunge dei buoni livelli di cura e di complessità. Gli ambienti si riducono per la maggior parte a dei corridoi delimitati ora da macerie, ora da auto in fiamme, restringendo al massimo la libertà di movimento al giocatore. Nonostante gli spazi ridotti, sono presenti davvero troppe texture di bassa qualità, che privano i paesaggi di quel sense of wonder di cui magari avrebbero potuto godere nel contesto apocalittico che Legendary offre, trasformando tutto in uno spettacolo quasi grottesco. Poco coinvolgente è anche il feeling che trasmettono le armi che, una volta imbracciate, non brillano ad esclusione dell’ascia che risulta l’arma più utile e divertente del gioco.
Commento
Legendary tradisce nel suo tentativo di proporre un’esperienza coinvolgente che si discosti dalla banalità che affligge gran parte del genere degli fps. Nonostante le ottime premesse e l’accattivante idea di fondo sulla quale verte la storia, è chiaro che alla Spark Unlimited non abbiano fatto tesoro degli errori commessi con il precedente e deludente Turning Point. Legendary pare voler scimmiottare esponenti del genere più rinomati: un po’ The Darkness, un po’ Resistance, senza costruirsi un’identità propria, rinunciando a spingere e a sviluppare quei punti di forza che lo avrebbero potuto elevare a qualcosa di più rispetto al solito sparatutto. Rimane un prodotto che può avere un senso se si è in cerca di un fps semplice da giocare a cuor leggero e senza troppe pretese, soprattutto sotto l’aspetto della realizzazione tecnica, oppure se si subisce un particolare ascendente verso le creature mitologiche in generale, ma visti gli illustri concorrenti che si sono affacciati sul mercato in questo periodo, risulta francamente difficile trovare uno spazio in cui collocare questo Legendary.
Pro
- Creature mitologiche divertenti da affrontare
- Buona realizzazione del bestiario
- Campagna eccessivamente scriptata e banale
- Longevità troppo bassa
- Tecnicamente insufficiente
Xbox 360 - Obiettivi
Completando la campagna di Legendary a livello normale si sbloccheranno senza problemi quasi la metà dei 1000 punti disponibili. Buona parte dei punti restanti sono da sbloccare nelle partite in multiplayer oppure raccogliendo i messaggi nascosti in giro sotto forma di palmari.