Viva l’amicizia
Metal Gear Solid: Portable Ops, per quanto riguarda lo storyline, si inserisce immediatamente dopo la fine del terzo capitolo, Snake Eater, sviluppandone quindi la trama. Ambientato nel 1970, il protagonista è quindi ancora Big Boss/Snake, leggendario soldato inviato stavolta in missione nel Sudamerica, più precisamente all’interno di una base sovietica. Purtroppo le cose stavolta non vanno per il verso migliore, ed infatti l’inizio del gioco vede il protagonista catturato e detenuto proprio all’interno della stessa base. Grazie all’aiuto di un giovane Roy Campbell, figura storica della serie, Snake sarà però in grado di fuggire per poi scoprire un intrigo internazionale capace -come da tradizione- di mettere a rischio le sorti del mondo. Rispetto ai precedenti episodi della saga ideata da Kojima, Portable Ops introduce diverse novità, a cominciare dallo stesso approccio del protagonista alla missione; non più una solitaria e (quasi) impossibile lotta uno contro tutti, accantonata stavolta in favore della creazione di un piccolo esercito di ex-nemici affascinati dal “carisma” di Snake. In pratica, adottando una scelta molto meno lineare del solito, il team di Konami ha deciso di permettere al giocatore di scegliere a piacimento in quale entrare tra le diverse zone della regione occupate dalla base sovietica; una sorta di divisione per livelli, decisamente atipica per chiunque conosca bene il franchise, ma comunque interessante soprattutto nell’ottica di utilizzo su console portatile. Sì perchè questo tipo di frazionamento ha consentito di fatto di organizzare per ogni fase di gioco quelle che sono a tutti gli effetti delle brevi missioni, spesso non particolarmente complesse nè completamente appaganti, ma completabili in una manciata di minuti. Un abbassamento quindi del livello di complessità che però viene compensato appunto dalla facoltà di reclutare nuovi elementi nella propria armata, grazie ad una metodologia piuttosto divertente; in sintesi, dopo aver avuto la meglio di un soldato in maniera non letale, ovvero lasciandolo semplicemente privo di sensi, è possibile trascinare quest’ultimo all’interno del camion-base mobile della coppia Snake/Campbell, rendendolo così automaticamente parte del proprio team. Da questo momento in poi, il giocatore avrà quindi la possibilità, tramite un inizialmente confuso menù strategico-gestionale, di assegnare gli uomini a spiare determinati territori, assistere i malati nella tenda medica, entrare nel team tecnico per creare nuovi oggetti o inviarli direttamente in missione. Così facendo, sarà quindi possibile controllare direttamente non solo Snake, ma anche qualsiasi altro alleato, ognuno differente per caratteristiche, abilità e familiarità con le armi. Malgrado in realtà a conti fatti ci siano ben pochi aspetti che distinguono i vari personaggi controllabili, è divertente sperimentare le reazioni dei nemici o magari infiltrarsi tra le loro fila grazie ad un loro ex compagno.
Snakeeeeeeeeeee
Assieme all’intrigante meccanica, ciò che ha reso famosa l’epica saga di Kojima è senza dubbio la trama: complessa, sorprendente, a tratti eccessiva ma sempre in grado di spingere il giocatore a proseguire per scoprirne lo sviluppo. Portable Ops fortunatamente porta con sè una storyline robusta e soddisfacente, a livello del nome che porta, e che come già detto si inserisce all’interno del solco principale andando realmente a rivelare nuovi elementi della vita di Big Boss e di numerosi altri co-protagonisti e vecchie conoscenze. Purtroppo però, per limiti tecnici o di budget, Konami ha dovuto rinunciare alle splendide, cinematografiche ed esaltanti sequenze non giocabili in 3d in favore di tavole a fumetti animate senza dubbio di altissima qualità, ma che anche i più accondiscendenti faticheranno a mettere allo stesso piano con quanto visto negli episodi per console da salotto. Un boccone da ingoiare volenti o nolenti quindi, che comunque col proseguo del gioco diventa sempre più accettabile. Per quanto riguarda invece il sistema di controllo, la ormai spesso rimpianta assenza di 2 tasti dorsali e soprattutto della seconda levetta analogica rispetto al pad di PS2 ha costretto i programmatori a scendere a compromessi soprattutto per quanto riguarda la gestione della telecamera, fissata in maniera analoga a quanto visto in MGS3 Subsistance. I problemi sovvengono nel momento in cui è necessario modificare l’angolo di visuale, situazione questa estremamente frequente in un gioco del genere, a maggior ragione visto che il radar (o meglio il rilevatore di suono) non è esattamente del tutto affidabile. Detto questo, va però sottolineato che Portabile Ops è tecnicamente senza dubbio uno dei più sorprendenti giochi mai visti su una console portatile, con un livello di dettaglio e una mole di poligoni davvero vicinissimi alla controparte per PS2; l’unico punto debole, come ormai da abitudine su PSP, sono le texture non sempre di alta qualità. Molto buono anche il sonoro, che oltre a brani musicali orchestrati di ottimo livello può contare in questa versione americana anche su un doppiaggio che conferma gli ottimi risultati registrati coi precedenti episodi. Molto importante infine la componente multiplayer, che oltre alle modalità in rete locale offre anche la possibilità di sfidare online altri giocatori sparsi in giro per il mondo. Il risultato è del tutto simile a quanto visto nel già citato MGS3, pur limitato ai soli deathmatch, team deathmatch e capture the flag. La cosa interessante sta nella possibilità di portare il proprio esercito online, e quindi di perdere i propri uomini o al contrario ottenere quelli degli avversari dopo averli sconfitti. Una componente questa che, sommata alle circa 15 ore necessarie per portare a termine la storia principale, rende Portable Ops un titolo dotato di una longevità davvero notevole.
Commento
Affermare che Portable Ops sia a tutti gli effetti un “vero” capitolo di Metal Gear Solid non è corretto; le modifiche introdotte dal team di Konami rispetto alla serie principale per console da salotto sono infatti numerose, a cominciare dalla non linearità e dalla brevità delle missioni che, pur sposandosi in maniera migliore con la filosofia di una console portatile, tolgono un po’ di coinvolgimento e di epicità al prodotto finale. Allo stesso tempo, l’alta componente strategico gestionale sposta l’ago della bilancia del gameplay verso una direzione sensibilmente diversa. Preso quindi per quello che è, senza doverlo per forza confrontare con gli illustri predecessori, Portable Ops si rivela un prodotto di grande qualità che sorprende soprattutto per il livello di complessità sotto ogni punto di vista raggiunto da un gioco per handheld e che si piazza senza grosse difficoltà tra i migliori titoli disponibili per il portatile Sony.
Pro
- Componente strategico-tattica intrigante
- Tecnicamente eccellente
- Il fascino di Snake non perde mai smalto
- Non un “vero” MGS
- Niente sequenze cinematografiche
- Missioni brevi e non sempre gratificanti
- Sistema di controllo ostico
Malgrado abbia accompagnato il portatile Sony fin dai suoi primi mesi di vita, non si può certo dire che Snake si sia fatto in quattro per sostenere e sospingere le vendite di PSP, preferendo al contrario calcare la via della sperimentazione allontanandosi dalle meccaniche di gioco che lo avevano reso famoso. Sebbene i due Ac!d abbiano quindi solleticato gli amanti degli strategici a turni, e nonostante la Graphical Novel sia riuscita a dipanare alcuni dei fitti misteri della serie tramite quello che a tutti gli effetti era un albo a fumetti digitale, il gusto amaro non ha mai abbandonato le bocche di tutti quelli che si aspettavano un vero capitolo di Metal Gear per PSP. Evidentemente consapevole di tale desiderio, Konami ha ora finalmente deciso di accontentare tutti i fan di Snake realizzando un episodio originale per PSP (piuttosto) fedele alle meccaniche del filone principale.