Tra le varie questioni emerse negli ultimi anni nel mondo dei videogiochi, spicca sicuramente quella sollevata da Anna Anthropy, game designer transgender, che si è chiesta quanto la cultura gay sia rappresentata dall'intrattenimento digitale, nonostante componga una grossa fetta della popolazione. Facendo una breve ricerca in merito il risultato è stato abbastanza sconfortante. In effetti, è davvero difficile trovare videogiochi dedicati al tema, se non prodotti di serie Z, spesso di cattivissimo gusto. Per molti il problema è solo uno: non hanno un mercato. Probabilmente è vero, ma è comunque un segno di arretratezza rispetto ad altre forme espressive, come il cinema o la letteratura, e un'altra verità è che i videogiochi sembrano spaventati dall'affrontare certe tematiche, anche in modo indiretto. Va detto comunque che spesso la sessualità dei protagonisti non viene nemmeno chiarita completamente, come ad esempio avviene in molti sparatutto in prima persona nei quali non viene considerato interessante dichiarare l'orientamento sessuale del personaggio principale guidato dal giocatore, o come avviene in molti picchiaduro in cui l'ambiguità sessuale diventa un tratto cardine della caratterizzazione (basti pensare a Vega nella serie Street Fighter). Sono comunque dettagli rispetto a un andazzo generale che vede sempre più spesso il machismo al centro della scena, contro una rappresentazione più serena e meno ansiosa della sessualità umana, anche eterosessuale a dirla tutta (ma questa, come si suol dire, è un'altra storia). In questo speciale cercheremo di tracciare una breve storia dei più importanti videogiochi in cui sono presenti personaggi gay, ossia videogiochi che abbiano rappresentato passi determinanti verso l'integrazione del tema dell'omosessualità all'interno del medium. Sicuramente alcuni vi stupiranno, mentre è probabile che altri non li conosciate nemmeno. Come sempre avviene in casi simili, vi avvisiamo che non abbiamo potuto citare e trattare tutti i videogiochi con personaggi gay usciti dagli albori del medium fino a oggi. Abbiamo fatto delle scelte, discutibili in quanto tali, ma dettate dal principio di fondo di voler illustrare il tema nel modo più chiaro possibile. Abbiamo anche escluso buona parte del mondo giapponese dall'articolo, perché affronta l'argomento omosessualità in modo molto diverso dall'occidente e non volevamo creare un guazzabuglio culturale che avrebbe confuso un tema già di suo molto complesso da affrontare. Abbiamo anche deciso di non includere titoli appartenenti al genere pornografico, per il motivo che vogliamo provare a far emergere come il tema sia inserito e trattato nelle opere per tutti e non nelle condizioni più liminari.
Gli anni ottanta
Gli anni ottanta non hanno dato un grosso contributo all'argomento dell'omosessualità nei videogiochi, limitandosi spesso a presentare singoli personaggi secondari gay, in contesti in cui il tema dell'omosessualità non è stato nemmeno trattato. Considerando tutto il decennio, i videogiochi con personaggi gay sono così pochi che si contano sulle dita di una mano, nonostante l'immensa produzione di titoli per sistemi a otto e sedici bit. Probabilmente qualcosa di più si potrebbe trovare nei canali underground più estremi, ma in generale l'argomento è stato trattato di sfuggita e con molta superficialità, come se gli sviluppatori fossero restii a inserirlo in un contesto videoludico.
Moonmist (Infocom, 1986)
Fa un certo effetto pensare che il primo videogioco con personaggi omosessuali sia apparso solo nel 1986. Si tratta di Moonmist, avventura testuale della mai troppo compianta Infocom. Il gioco era diviso in sotto trame da risolvere. In una di queste appariva una criminale lesbica, gelosa perché la sua ragazza si era sposata con un uomo. Ovviamente all'epoca non si diede troppo peso alla cosa e va detto che il tema dell'omosessualità era appena accennato. Possiamo però usare Moonmist come base di partenza per capire l'andazzo in merito alla questione e per trarre la prima indicazione, ossia che come vedremo non è un caso se il tema dell'omosessualità è stato trattato per primo da un'avventura, genere narrativo per eccellenza, e forse l'unico in grado di inserirlo nel suo tessuto ludico senza sollevare troppe polemiche. Non per niente il primo gioco scritto appositamente per gay sarà proprio un'avventura: "Caper in the Castro", del 1988, di cui si è persa ogni traccia, anche perché arrivò sul mercato depurata dalle tematiche omosessuali e con un altro nome: "Murder on Main Street".
Comunque, è un dato che negli anni ottanta (ma anche nei successivi) l'omosessualità si trova maggiormente in titoli narrativi come Circuit's Edge di Westwood, gioco di ruolo tratto da un racconto di George Alec Effinger, o It Came from the Desert di Cinemaware, avventura con sequenze d'azione in cui appaiono due lesbiche.
Super Mario Bros. 2 (Nintendo, 2008)
Tra i tanti meriti della beneamata serie Super Mario Bros., c'è anche quello di avere in un certo senso sdoganato la presenza di personaggi omosessuali all'interno di titoli più commerciali. In Super Mario Bros. 2 per NES appare infatti un personaggio transgender, chiamato Birdo, un uomo che si sente donna. In realtà la questione non è così chiara, perché la sessualità di Birdo viene desunta soltanto dalla descrizione che ne viene fatta sul manuale di gioco, manuale che cambia a seconda delle edizioni. Rimane comunque il fatto che Birdo è il primo personaggio gay ad avere una certa risonanza e ad apparire in un prodotto dedicato ai più giovani.
Gli anni novanta
Gli anni novanta offrono qualcosa di più in termini di presenza dell'omosessualità all'interno della scena videoludica. Siamo ancora molto lontani da un discorso di piena integrazione e, soprattutto, di riconoscimento (che in realtà non viene fatto nemmeno ai giorni nostri, come vedremo), ma non mancano esempi virtuosi. Ad esempio, in Earthbound di Nintendo uno dei personaggi maschili è attratto da un suo amico, mentre in Ultima VI e VII viene introdotta la possibilità di pagare prostitute dello stesso sesso del protagonista. La situazione rimane però molto vaga e, affianco a qualche conquista, i passi indietro saranno davvero molti. In generale possiamo affermare che i personaggi gay sono spesso rappresentati in modo ridicolo, con un abuso infantile di cliché che impoveriscono parecchio la loro presenza e che rappresentano sicuramente un punto di vista prettamente eterosessuale sul tema, più che uno omosessuale.
The Orion Conspiracy (Domark, 1995)
Viene un po' da ridere a pensare all'importanza di un gioco come The Orion Conspiracy in questo speciale. Il motivo? Non ci crederete, ma fu il primo videogioco a usare la parola "omosessuale" senza censure. Il protagonista, Devlin McCormack, lavora in una stazione spaziale. Un giorno è chiamato a risolvere l'omicidio di suo figlio che, parlando con il suo ragazzo, scoprirà essere stato gay. Anche qui non ci troviamo di fronte a nulla di davvero rivoluzionario, ma fa sorridere che un medium giovane come quello videoludico, solitamente considerato d'avanguardia per la sua natura tecnologica, abbia impiegato circa tre decenni a introdurre una parola del genere all'interno di un prodotto commerciale.
Phantasmagoria 2: A puzzle of Flesh (Sierra, 1996)
Se The Orion Conspiracy fu il primo gioco ad affrontare il tema dell'omosessualità con una certa maturità, Phantasmagoria 2: A puzzle of Flesh fu il primo a introdurre un personaggio omosessuale di primo piano raffigurato come intelligente e significativo, nonostante i tratti effemminati: Curtis Craig. Nel gioco è presente anche un bacio omosessuale tra Curtis e Trevor, personaggio bisessuale. Phantasmagoria 2 fu anche il primo videogioco di sempre con un personaggio omosessuale giocabile, fatto eccezionale visto che siamo "solo" nel 1996.
Blazing Dragons (Crystal Dynamics, 1996)
Pubblicato nel 1996 su PlayStation, lo stesso anno di Phantasmagoria 2: A puzzle of Flesh, Blazing Dragon introdusse nell'industria un modello di raffigurazione dell'omosessualità che da allora sarà usatissimo, quello del gay ridicolo da fumetto. Uno dei personaggi del gioco è infatti un cavaliere drago gay effeminato e vanitoso, che si dovrà vestire da principessa per risolvere una quest. In un frangente del gioco ci sarà anche un bacio fuori schermo con un altro cavaliere drago.
Fallout 2 (Interplay, 1998)
Fallout 2 non presenta tematiche prettamente gay, se non in un frangente, in cui viene mostrato un matrimonio tra persone dello stesso sesso. Si tratta di una piccola introduzione, davvero secondaria rispetto ai contenuti generali del titolo, ma che ritroveremo in moltissimi altri giochi di ruolo successivi, segno che qualcosa si stava muovendo e che alcuni temi non erano più tabù, almeno all'interno dei videogiochi narrativi.
The Longest Journey (Funcom, 1999)
Non stupisce di trovare personaggi omosessuali ben caratterizzati in un capolavoro come The Longest Journey, avventura grafica di Funcom mai troppo citata. Non stupisce perché l'avventura di suo mostra una grande sensibilità generale di scrittura e affronta i personaggi con piglio letterario, senza ricorrere a soluzioni facili e sbrigative. I personaggi gay in gioco sono ben tre: un'affittacamere, la sua compagna e un poliziotto. Possiamo quasi spingersi al punto di dire che si tratta del primo titolo occidentale ad aver introdotto personaggi omosessuali senza cercare di ridicolizzarli e, anzi, descrivendoli nella loro umanità. Sembra poco, ma siamo nel 1999.
L'industria tutta è in pieno ciclone PlayStation e si parla in ogni dove di "esperienza di gioco". La concezione infantile dei videogiochi degli anni precedenti, soprattutto nel mondo console, sembra in procinto di essere spazzata via (ma è tornata prepotentemente negli ultimi anni) e gli sviluppatori si affannano per trovare modi efficaci di raccontare storie ai videogiocatori. Eppure in questo quadro così movimentato e creativo, un tema come l'omosessualità rimane sullo sfondo, come se facesse parte di un altro mondo. Lo stesso anno di The Longest Journey vedrà l'arrivo sul mercato di Star Ocean: The Second Story, gioco di ruolo giapponese per PlayStation in cui uno dei personaggi giocabili, Claude, poteva sviluppare una relazione con un altro membro del party, Ashton. Sempre lo stesso anno vede l'uscita di Persona 2: Innocent Sin, sempre per la prima PlayStation, in cui appare il personaggio omosessuale Jun Kurosu, che rivela la sua natura in un flashback, poi sviluppato all'interno della trama. Tra i vari argomenti trattati spiccano le difficoltà avute dal ragazzo, che ha sviluppato i suoi poteri in seguito ai maltrattamenti ricevuti per la sua sessualità. Comunque i riferimenti al suo passato e ai suoi gusti sessuali sono presenti in tutta l'avventura.
Il nuovo millennio
All'alba del nuovo millennio, l'industria videoludica sarà chiamata ad affrontare certi temi e problematiche in modo più diretto, visto anche l'allargarsi del pubblico dei videogiocatori. L'ingenuità degli anni precedenti non è più usabile come scudo difensivo e, sentendo l'esigenza di maturare, i videogiochi sono costretti a riflette sui propri mezzi e a proporre soluzioni nuove. Sono gli anni della diffusione di internet e della nascita di quella che possiamo considerare l'opinione pubblica videoludica, non più relegata al solo mondo del cartaceo, dove comunque poteva essere fatta una selezione, e libera di esprimersi sulla rete, nel bene e nel male.
The Sims (Maxis, 2001)
The Sims è stato un titolo rivoluzionario in più di un senso. Will Wright, l'autore, si pose il problema di rendere il suo simulatore di vita il più completo possibile, non limitando le libertà di corteggiamento dei protagonisti. Così il giocatore poteva scegliere se far flirtare il suo personaggio, maschile o femminile, con persone virtuali dell'altro o dello stesso sesso. Il tema funzionò così bene che altri titoli lo fecero loro. Ad esempio i due Singles, dove le relazioni omosessuali sono comuni e quasi invocate, o i seguiti stessi di The Sims, che generarono anche qualche polemica con il mondo cattolico per la mancata aderenza della serie alla rappresentazione tradizionale della famiglia. Il primo The Sims ebbe anche un altro merito inerentemente allo sdoganamento della cultura gay nei videogiochi. Qui da qualche parte nell'articolo si trova lo spot televisivo di Hot Date, una delle sue numerose espansioni. Fu la prima pubblicità di un videogioco a fare esplicitamente riferimento all'omosessualità, con il protagonista inizialmente attratto da due donne sedute al bancone di un bar, quindi, dopo aver ricevuto un ceffone, da un altro uomo. I toni sono quelli della commedia, ma se vogliamo si tratta di un esempio rilevante di apertura e di ricerca della naturalezza nell'affrontare certi temi, ormai ineludibili.
Serie Fable (Lionhead)
La serie Fable è sempre stata molto attenta sul discorso dell'omosessualità. Il primo capitolo fu uno dei giochi più venduti su Xbox e introdusse la possibilità per il protagonista di flirtare, sposare e fare sesso con vari personaggi non giocanti del suo stesso sesso. Di più ancora, era possibile sposare contemporaneamente un uomo e una donna, così da ottenere il tratto "bisessuale" nella scheda della personalità. Sempre nel primo Fable, era possibile risolvere una quest dentro a un bordello vestendosi da donna e facendo sesso con il proprietario. Fable II conferma questo orientamento e, anzi, aumenta il numero di personaggi non giocanti gay presenti nei vari luoghi visitabili, dando al giocatore maggiori opzioni di scelta per determinare il suo orientamento sessuale. Una delle quest da risolvere richiede inoltre di scegliere se aiutare un ragazzo a rivelare la sua omosessualità alla famiglia, o se costringerlo a sposare una donna come voluto dal padre. Lo stesso discorso è valido anche per Fable III, che amplierà ulteriormente le scelte di natura sessuale a disposizione del giocatore.
BioWare
Una delle software house più attive nel cercare di integrare relazioni amorose nelle trame delle sue avventure, pur con molte ipocrisie, è sicuramente BioWare, che merita di essere citata a parte. Software house specializzata in giochi di ruolo, BioWare fece scalpore con l'introduzione del personaggio di Juhani in Star Wars: Knights of the Old Republic (2003).
Il dibattere non era legato solo alla sua bisessualità (era attratta dal personaggio principale, a prescindere dal suo genere... comunque, con patch successive, fu trasformata in una omosessuale pura) quanto il fatto di essere il primo personaggio gay ad aver calcato il palcoscenico della saga di George Lucas, nonostante la mole di opere a essa legate. Anche Jade Empire (2005) vide l'introduzione di storie d'amore omosessuali tra la protagonista e Dawn Star o Silk Fox, due personaggi del party, ma fu con Mass Effect (2007) che il tema divenne oggetto di nuove e fortissime polemiche, perché alcuni giocatori, di fronte all'ennesimo personaggio lesbico (Liara), iniziarono a chiedere la possibilità di stabilire relazioni tra personaggi maschili. BioWare accontenterà i suoi detrattori nel 2009, con la pubblicazione del mastodontico Dragon Age: Origins, in cui anche i protagonisti maschili potranno intraprendere relazioni omosessuali con altri personaggi del party (due bisessuali) e con personaggi non giocanti, addirittura all'inizio dell'avventura. Purtroppo in Mass Effect 2 ci sarà un passo indietro in tal senso, e lo Shepard uomo non potrà avere relazioni con nessuno del suo stesso sesso (mentre la Shepard donna sì), possibilità che tornerà nel terzo capitolo, di recente pubblicazione.
Come viene trattata l'omosessualità nei videogiochi? Cerchiamo di scoprirlo in questo speciale dedicato
Gli anni della consapevolezza?
Gli anni recenti hanno visto il fioccare di polemiche inerenti alla rappresentazione della sfera sessuale all'interno del mondo videoludico. Purtroppo difficilmente si è parlato dei modi espressivi con cui viene trattata, se non incidentalmente. Di fatto c'è stato un venire meno dell'attenzione dell'industria verso certe tematiche, se non quando vengono affrontate per questioni di facciata (vedere sessismo). La verità è che è in atto una forte trasformazione del mondo dei videogiochi, dovuta soprattutto a problemi produttivi, che vede un calo di attenzione degli autori verso la sfera emotiva dei fruitori, per concentrarsi più sugli aspetti ludici veri e propri.
L'industria è tornata, alla concezione del videogioco come giocattolo tecnologico, che deve avere come unico scopo quello di intrattenere, sacrificando tutto il resto, per poter vendere una serie di prodotti correlati, ormai imprescindibili nel mondo dei tripla A.
Non è un fatto anomalo che nei periodi di forte crisi economica, culturale e sociale ci sia un ritorno verso posizioni più conservatrici. Una cultura debole consente la facile infiltrazione di visioni omofobiche e razziste, rappresentate nel nostro caso dalla preponderanza di alcuni generi (sparatutto militari) e, soprattutto, di alcuni temi rispetto ad altri. L'industria sembra voler navigare in acque più tranquille, producendo un gran numero di titoli a emotività zero (MMO vari, free to play e così via) e marginalizzando certi temi anche lì dove potrebbero essere inseriti senza fatica. Il risultato è che, nonostante la conferma di alcune conquiste degli anni passati sia evidente, basta vedere le relazioni tra i personaggi in Dragon Age 2 o la possibilità di contrarre matrimoni gay in Skyrim, di passi in avanti ne sono stati fatti davvero pochi. Insomma, si è scelto volutamente il silenzio. A equilibrare la situazione ci pensa la scena indipendente, dove la maggiore libertà degli autori consente di sperimentare temi che altrimenti rimarrebbero fuori scena, come accade ad esempio in Gone Home, avventura grafica di Fullbright Company che non si fa problemi a parlare di omosessualità, o come in State of Decay, action a base di zombi in cui è possibile controllare un personaggio gay.
Dys4ia (Anna Anthropy, 2012)
Dys4ia è forse il gioco che più di tutti riesce a rappresentare il mondo gay nelle sue sfaccettature più profonde. Non per niente si tratta di un racconto autobiografico sotto forma di gameplay, in cui l'autrice, Anna Anthropy, mette sullo schermo la sua esperienza con la terapia ormonale che gli è servita per cambiare sesso, rappresentando alla perfezione la frustrazione provata nei sei mesi di travaglio attraverso una serie di mini giochi che l'aiutano a riflettere su se stessa e su come una gran fetta della società veda ancora casi come il suo.
My Ex-Boyfriend the Space Tyrant (Up, 2012) e il crowdfunding
Di My Ex-Boyfriend the Space Tyrant abbiamo abbondantemente parlato in un mini speciale dedicato (link). È giusto citarlo in questa sede, visto che l'autore stesso lo ha definito il gioco più gay di sempre, e visto anche lo strascico di polemiche che lo ha accompagnato sin dalla prima apparizione. Comunque, senza stare a ripetere quanto già scritto, sfruttiamolo per discorrere brevemente di come il fenomeno del crowdfunding, ossia la possibilità per gli autori di presentare progetti sulla rete per ottenere finanziamenti da quelli che in buona sostanza sarebbero i potenziali clienti, abbia permesso a titoli come questo, che altrimenti sarebbero stati improponibili sui canali commerciali tradizionali, di venire alla luce e di trovare a loro modo l'attenzione del grande pubblico. Dopo My Ex-Boyfriend the Space Tyrant, altri progetti simili si sono affacciati sulle pagine dei vari Kickstarter, IndieGoGo e altri portali dedicati. Tra questi, il più interessa è sicuramente ROM: Read Only Memories, recentemente finanziato, che rispetto al titolo di Up promette una maggiore integrazione della cultura gay con la cultura eterosessuale.
This Is Where I Want To Die (Marcel Weyers, 2013)
Il genere delle visual novel ha sempre non ha mai negato spazio al tema dell'omosessualità. Del resto la cultura giapponese vede la pubblicazione di numerosi manga con protagonisti omosessuali, particolarmente graditi dalle ragazze, e le visual si prestano benissimo al racconto puro, che permette di trattare i temi che si vuole senza troppe restrizioni. Ad esempio This Is Where I Want To Die di Marcel Weyers, visual novel gratuita molto breve, racconta di un uomo che, svegliatosi in ospedale, capisce di essere prossimo alla morte. Attraverso una serie di flashback ricorderà di essere stato picchiato da due uomini mentre passeggiava con il suo compagno. Breve e ben narrato, con un buon colpo di scena finale (che non vi raccontiamo), This Is Where I Want To Die è un ottimo caso di sfida culturale all'omofobia, realizzata attraverso un videogioco.
Per approfondire l'argomento, potete visitare il blog italiano GeekQueer.