Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
Eidos Interactive è stata indubbiamente una delle aziende videoludiche più importanti nel panorama mondiale. Basti pensare che il suo nome è storicamente legato a doppio filo a franchise del calibro di Tomb Raider, Hitman, Commandos, Deus Ex, Legacy of Kain, Thief o TimeSplitters. E senza dimenticare l'ottimo e mai dimenticato Fear Effect.
Quest'ultimo marchio pare nacque quando i vertici della compagnia produttrice e distributrice di videogiochi decise che nella sua pur vasta ludoteca mancava, e quindi doveva figurare, un genere che proprio in quegli anni stava riscuotendo un enorme interesse nel pubblico, vale a dire il survival horror. Grazie al successo dei primi tre Resident Evil, fra le decine di cloni più o meno riusciti dei prodotti targati Capcom, l'azienda britannica riteneva che ci fosse spazio anche per qualcosa di suo. Compito di sviluppare un gioco a tema, o comunque idealmente molto simile, venne affidato a Kronos Digital Entertainment, una compagnia americana fondata nel 1992 in origine per la realizzazione di filmati ed effetti in computer grafica, come l'innovativa sequenza introduttiva del gioco King's Quest VI di Sierra On-Line. Questo prima di passare allo sviluppo di videogiochi e di specializzarsi principalmente nella produzione di picchiaduro ritenuti "di infimo livello" dalla critica, che proprio per questo ribattezzò Trilogy of Terror il trio di giochi Criticom per PlayStation e SEGA Saturn del 1995, Dark Rift per Nintendo 64 e PC del 1997, e Cardynal Sin del 1998. Eppure a dispetto delle premesse, con Fear Effect Kronos Digital Entertainment seppe creare qualcosa di unico, un prodotto che andava ben oltre il semplice concetto di intrattenimento elettronico. Il primo episodio, rilasciato per PlayStation nel 2000 su ben quattro dischi, fu infatti un successo immediato, con la critica che gli riservò un'ottima accoglienza e recensioni positive.
Due episodi di successo, un terzo capitolo mai pubblicato: che fine ha fatto Fear Effect?
Curiosità
La storia alla base di Fear Factor si concentrava su tre mercenari impegnati nella ricerca di Wee Ming Lam, la figlia di un ricco uomo d'affari di Honk Kong legato alla Triade in una Cina futuristica. Ma ben presto la trama si evolveva al punto da coinvolgere elementi della mitologia cinese, creature e una serie di citazioni di pellicole famose quali Apocalypse Now e Blade Runner. Piccola curiosità: il titolo originale del progetto era Fear Factor, ma venne poi cambiato successivamente in Fear Effect per via dell'omonimia con una popolare band heavy metal americana.
L’effetto della paura
I motivi di questi risultati furono molteplici: in un'epoca in cui circolavano titoli horror con trame da B-movie, per esempio, Fear Effect riuscì a proporre al pubblico una storia ben scritta, adulta, dove ogni particolare sembrava studiato per sorprendere il giocatore e per coinvolgerlo in una trama ricca di sfaccettature, con dei personaggi ottimamente caratterizzati lontani dagli stereotipi degli eroi senza infamia di altre produzioni, e un impianto artistico di buona fattura, che presentava una grafica in cel shading. Quest'ultima era caratterizzata da una particolare cura per quei particolari che solitamente impreziosiscono il quadro visivo di un prodotto, come certi elementi animati dello scenario o un sistema per la gestione degli effetti luminosi, in grado di creare dei suggestivi giochi di luci e di ombre. Il tutto poggiava su una giocabilità ben bilanciata che non differiva molto dai classici titoli di genere con visuale in terza persona disponibili su PlayStation, ma che al contempo offriva una serie di caratteristiche abbastanza innovative o comunque interessanti inserite in quel contesto ludico. I controlli, per esempio, permettevano al videogiocatore di far muovere e sparare simultaneamente il personaggio gestito (i tre mercenari si alternavano in diverse occasioni durante il gioco, mostrando varie prospettive della storia). Inoltre per evitare i colpi dei nemici, o per schivare rapidamente gli avversari, lo si poteva far abbassare e rotolare a terra con una certa naturalezza. E questo anche perché il trio di protagonisti, la sensuale Hana, lo scontroso Deke e il cinico Royce Glas, oltre ad avere ognuno un proprio carattere, una propria morale e proprie abilità, erano animati in maniera convincente grazie al sapiente utilizzo del motion capture. Particolare anche il modo in cui si perdeva energia a causa dell'effetto paura: in pratica una volta colpiti o in difficoltà, e dunque a rischio crisi di panico, la velocità dei battiti cardiaci dei personaggi andava aumentando fino a portare in casi estremi al collasso finale. L'unico modo per recuperare la salute era quindi operare bene durante gli scontri, risolvere eventuali enigmi e in generale compiere delle azioni che ne rallentavano il battito del cuore, agendo in maniera stealth ed evitando lo scontro fisico. Con un punteggio di 84.89% su Game Rankings e migliaia di copie vendute, Eidos Interactive promosse la realizzazione di un sequel.
Il film di Fear Effect
Nel 2004 Paramount Pictures stipulò un accordo con Eidos Interactive per la realizzazione di una pellicola dedicata a Fear Effect. La regia del film sarebbe stata affidata al tedesco Uwe Boll, da molti appassionati di cinema definito il Re del trash. Questi si mostrò subito entusiasta, dichiarando alla stampa che Fear Effect era un gioco fantastico con una storia intrigante. "Voglio creare un film d'azione sullo stile di Charlie 's Angels", disse il regista, "ma valorizzando il carattere spigoloso delle due sexy eroine Hana e Rain". Poi per una serie di eventi, compreso il flop di film come House of the Dead e Alone in the Dark, Boll lasciò perdere (o venne allontanato?) il progetto che finì, stando a quanto riportato a maggio del 2006 dalla rivista The Hollywood Reporter, nelle mani dello stuntman-regista Stanley Tong. Ma da allora non si è saputo più niente.
Fear Effect 2: Retro Helix
Intitolato Fear Effect 2: Retro Helix, il secondo gioco della serie uscì nel 2001 sempre su PlayStation, ed era in realtà un prequel ambientato inizialmente ad Hong Kong nel 2048, per poi spostarsi più avanti nella città di Xi'an e sul Monte Penglai. Sullo sfondo di una pandemia globale chiamata EINDS, che aveva creato il caos generale e portato a far si che furti, omicidi e terrorismo fossero trattati ormai come un business redditizio, il giocatore si ritrovava coinvolto in una serie di storie che gli permettevano di ripercorrere il passato dei protagonisti e le vicende che li avevano portati a incontrarsi. Ai tre personaggi visti nel predecessore se ne aggiungeva un quarto giocabile, Rain Qin, amica e amante di Hana con un passato avvolto nel mistero, la cui presenza non mancò di sollevare qualche polemica.
I comportamenti saffici delle due ragazze, infatti, attirarono le attenzioni di alcune associazioni per i diritti dei consumatori, e quelle dei media, "grazie" anche alle abili mosse degli esperti di marketing di Eidos Interactive che proponevano spesso materiale promozionale incentrato sugli atteggiamenti e sulle pose ambigue delle due belle mercenarie, allo scopo di far parlare del progetto e farlo pubblicizzare così ulteriormente da Tv e giornali praticamente a costo zero. Sulla questione Stan Liu, boss di Kronos Digital Entertainment, disse comunque che in realtà le due ragazze non erano lesbiche, e che ad Hana in particolare piacevano anche gli uomini. L'unica ragione per cui aveva una compagna di sesso femminile era dovuto al fatto che in futuro era previsto un triangolo amoroso che avrebbe avuto un ruolo chiave all'interno della trama. Polemiche a parte, comunque, con Retro Helix Fear Effect seppe catturare ancora una volta le attenzioni di pubblico e critica, confermandosi anche con il suo secondo episodio come uno dei migliori prodotti della sua generazione. In tanti ne esaltarono lo stile grafico coi soliti background animati, la maturità dei contenuti della storia e l'accurato sviluppo caratteriale dei personaggi. Dopo due giochi di successo, la strada per un terzo capitolo (e probabilmente per molti altri) sembrava decisamente spianata, e in effetti il team di sviluppo aveva già bene in mente come muoversi in tal senso.
Fra mito e modernità
Ad ospitare il nuovo episodio, intitolato Fear Effect Inferno (o Fear Effect 3: Inferno), sarebbe stata questa volta la nuova console di Sony, PlayStation 2, come annunciato ufficialmente nel 2001 da Eidos Interactive e Kronos Digital Entertainment. Ci volle però quasi un anno per poterne vedere un primo trailer, e ciò avvenne in occasione dell'E3 di Los Angeles del 2002. Il filmato mostrava in movimento alcune delle scene della produzione già utilizzate dal publisher nelle settimane precedenti per ricavarne alcuni screenshot usate poi come immagini promozionali.
Altre vennero invece pubblicate per la prima volta in un corposo articolo apparso sulle pagine della rivista Game Informer, grazie alla quale si erano avute delle informazioni sulla trama. Secondo quanto riportato nell'anteprima, questa sarebbe stata correlata con uno dei finali del primo Fear Effect, di cui quindi Inferno sarebbe stato il seguito. La storia avrebbe trattato come sempre tematiche legate al genere sci-fi horror, conditi da elementi tratti dalla mitologia asiatica. Sempre da quanto emerso in quel periodo, la storia sarebbe stata ambientata, almeno inizialmente, all'interno di un manicomio dove veniva rinchiusa la povera Hana. Sottoposta a terribili esperimenti da demoni travestiti da dottori e infermieri, la ragazza cercava la fuga in preda a delle tremende allucinazioni che le impedivano di distinguere la realtà dalle visioni. Presenti ovviamente gli altri tre personaggi, e come anticipato da Stan Liu in questo terzo episodio della saga sarebbe iniziato un triangolo amoroso dai risvolti poco definibili. Glas e Rain, infatti, cominciavano una relazione di tipo sessuale, ma al contempo entrambi ne avevano una sentimentale con Hana.
Purtroppo però le cose precipitarono da lì a poco: a causa di una serie di errati investimenti e di mancati incassi, compreso il flop di Tomb Raider: Angel of Darkness, la situazione finanziaria di Eidos Interactive, la stessa che nel 2005 arriverà a farle registrare perdite pari a 29 milioni di sterline, non era delle migliori. Al punto che l'azienda britannica fu costretta ad operare alcuni tagli nel personale e a sospendere la produzione di un paio di giochi, e Fear Effect Inferno era purtroppo fra questi. Secondo la rivista IGN, a un certo punto Kronos Digital Entertainment tentò una mossa disperata, proponendo il gioco ad altri publisher. Addirittura si vocifera che il team di sviluppo provò a venderlo a qualche altra software house pur di non vedere morire la propria creatura. Ma nessuno accettò e il gioco venne cancellato. Da allora a periodi più o meno regolari si sono inseguite voci di possibili rilanci del brand, di remake o di una riedizione per PlayStation 3 di Inferno, ma purtroppo niente di tutto questo si è mai avverato. Dopo quasi dieci anni dalla sua interruzione, la serie è comunque ancora viva nel cuore di tantissimi utenti, i quali non rinunceranno mai alla speranza di vedere un giorno questa serie fare il suo trionfale ritorno sui loro schermi.