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Il giorno che muore

Dying Light può davvero essere una bella sorpresa da parte di Techland

PROVATO di Matteo Santicchia   —   12/06/2014
Dying Light
Dying Light
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Dying Light è davvero diverso rispetto a Dead Island. Lo abbiamo capito, come se ce ne fosse ancora bisogno, oggi alla all'E3 2014.

Il giorno che muore

Un hands-on secco, senza nessuna presentazione di contorno: ci siamo seduti di fronte ad un monitor extra large e insieme ad uno dei ragazzi di Techland abbiamo affrontato due livelli di gioco, il primo da intendere grosso modo come tutorial e l'altro ben più avanti nella storia, col protagonista "cresciuto" a dovere e armato di tutto punto. La scelta non è stata casuale visto che l'impostazione "ruolistica" impone al giocatore che il proprio alter ego cresca e diventi sempre più abile aumentando la propria forza e agilità, diventando più efficace nel combattimento e nella navigazione dei livelli, che come ormai sappiamo vanno affrontati pensando "verticalmente", sfruttando ogni tettoia, ogni terrazzo, ogni vettura per stare sempre più in alto rispetto agli zombi, per evitarli se pensiamo di essere svantaggiati o, al contrario, per coglierli di sorpresa.

Nuovo incontro con l'interessante Dying Light di Techland. Ecco il nostro provato

Mortale è la notte

Puro parkour, quindi, cosa questa terribilmente efficace e originale nel contesto di uno zombi game open world. La prima missione che abbiamo giocato, ha visto sfruttare a fini prettamente difensivi le possibilità del level design dato che il protagonista era ancora troppo debole e poco agile per tentare di affrontare a viso aperto più di uno zombi alla volta. Per questo, per arrivare alla torre radio, abbiamo combattuto solo pochissime volte a causa della nostra scarsa "stamina" che rendeva inefficaci i nostri colpi dopo un paio di fendenti. Un atteggiamento prudente dovuto, ma che mal si accompagna alla filosofia alla base dello sviluppo della personaggio, visto che tutte le azioni che compiamo - dai semplici salti alle mazzate in testa - aumentano la forza e l'agilità.

Il giorno che muore

Ad ogni livello, poi, si sbloccano abilità separate per i due rami, per un totale di ventisei skill con le quali personalizzare il proprio stile. Una volta arrivati alla radio abbiamo provato a combattere un gruppo di sopravvissuti che sbarravano l'accesso alla struttura. Pessima idea, visto il loro numero e le loro armi. Come fare? Scappare e tornare al nostro rifugio, dormire un paio d'ore aspettando l'imbrunire e approfittare della notte per tentare una nuova sortita. La notte non è come il giorno. Il buio è il terreno di caccia perfetto di una particolare tipologia di zombi, particolarmente letali, veloci e voraci: evitare il contatto a tutti i costi, quindi. Come fare? Spingendo insieme i due stick possiamo aguzzare i sensi per emettere una sorta di ping da sonar che li evidenzia in rosso sullo schermo. Nel caso qualcosa andasse storto si può scappare e guadagnare i tetti il più velocemente possibile. Un prima parte del test, questa, che ci ha mostrato quindi il dualismo del gameplay di Dying Light, un misto davvero interessante tra le dinamiche "familiari" di Dead Island e l'inedita verticalità data dalle abilità parkour del protagonista.

Il giorno che muore

La seconda parte del test ci ha visto invece decisamente più "cresciuti", ben più agili e armati, aggirarci per una città, tipicamente europea nell'aspetto, più complessa rispetto alla solita favelas che si è sempre vista sinora. Il setting è quindi molto più ampio, basta dire che la missione è iniziata lanciandoci da una struttura su una collina a strapiombo su un fiume, un bel salto in acqua per poi riemergere ai piedi di un castello, ovviamente da scalare. Essendo ormai avvezzi alla vita nel mondo di Dying Light la sensazione di precarietà e debolezza della missione precedente era del tutto scomparsa.

Il giorno che muore

Le animazioni dei salti erano diverse, più armoniose e sicure, con la barra della stamina lenta a consumarsi. Anche le armi erano di tutt'altro livello, ben più efficaci del tubo arrugginito di partenza. Come in Dead Island, anche qui il crafting giocherà un ruolo fondamentale potendo costruire armi via via più potenti aggiungendo loro anche "effetti elementali". Ecco quindi che abbiamo potuto spaccare teste e fare letteralmente a fettine gli avversari grazie a martelli elettrificati e asce infuocate, senza dimenticare che entrambe possono effettuare devastanti colpi caricati ad area. Un deciso cambiamento rispetto alle fasi iniziali, "pompati" a dovere ci siamo sentiti davvero potenti e letali, macchine da guerra che non hanno più bisogno di mezzucci come i tric trac da lanciare per attirare lontano gli zombi. Sempre ovviamente fino a quando non cala la notte o ci si avventura in gruppi troppi numerosi di non morti. In definitiva questo nuovo incontro con Dying Light ci ha lasciati più che soddisfatti. Le inedite dinamiche parkour applicate alla navigazione del mondo di gioco sembrano funzionare, aggiungendo tatticismo e verticalità alle tipiche situazioni da free roaming made in Techland. Ma anche la trovata della caccia notturna ci è sembrata un'idea particolarmente azzeccata e coerente con la pericolosità del setting. Cosa potrebbe andare storto, però? Gli sviluppatori devono esser bravi a mantenere alta la tensione al crescere delle nostra abilità, gettando nella mischia tanta varietà sia in termini di "fauna" (soprattutto quella umana armata) che di missioni e soprattutto un level design che possa darci sempre un buon ventaglio di possibilità per portare a casa la pelle. Staremo a vedere; per ora non possiamo non ritenerci soddisfatti della nuova fatica Techland.

CERTEZZE

  • Il parkour è efficace e espande il gameplay
  • Numerose skill per personalizzare il proprio stile
  • Dualismo notte e giorno

DUBBI

  • È necessaria tanta varietà
  • C'è il pericolo che possa diventare troppo "caciarone"