Nel periodo di tempo intercorso tra il primo e il secondo Killing Floor sono successe tante cose, ma nulla è fondamentalmente cambiato. Tripwire Interactive ha ricevuto sempre più riconoscimenti a livello mediatico e commerciale, vedendo la sua attività gonfiare le vele fino a riuscire a indirizzare il timone verso nuove, appetibili frontiere, come quella PlayStation 4, però niente è mutato nel suo atteggiamento umile, aperto e particolarmente attento alle esigenze dei giocatori, tipico di chi arriva dal basso, come la scena mod, e non sembra esserselo scordato. Da total conversion di Unreal Tournament 2004 rimaneggiata in tre mesi da un team di dieci persone per assumere i connotati di prodotto stand-alone vendibile su Steam, oltre un lustro e tre milioni di copie dopo Killing Floor è diventato un progetto lungo più quattro anni, largo a tal punto da richiedere il coinvolgimento di più di una cinquantina di impiegati per essere portato avanti e alto quanto la pila di dollari del bugdet che John Gibson si è potuto permettere di stanziare per non lasciare nulla al caso, come assumere lo stuntman professionista Jackamo Harvey e spedirlo ai rinomati studio di motion capture di SCEE, a San Diego, per curare come ritenuto necessario le animazioni. Eppure è lo stesso sparatutto feroce, ostico e monolitico come un riff di chitarra ribassata in Drop C accompagnato da una mitragliata di doppia cassa che lo zoccolo duro di utenti PC che ne hanno decretato il successo hanno sempre conosciuto. Qualcosa, in tutto questo tempo, è capitato anche a Steam, che è diventato una piattaforma ancora più flessibile e aperta, sebbene non sempre necessariamente in un'accezione positiva, se si pensa alla devozione di una fetta ormai non più trascurabile del suo catalogo alle discusse e discutibili proposte ad Accesso Anticipato. Ma Tripwire Interactive e Killing Floor sono rimasti gli stessi di sempre, dicevamo: sì, anche dopo aver ceduto alle facili lusinghe di un simile modello economico.
Killing Floor 2 debutta in Accesso Anticipato su Steam: vale la pena dargli già fiducia?
Dosh, dosh, dosh
Ancora in pieno sviluppo, con una data orientativa di uscita fissata entro la fine del 2015, Killing Floor 2 è stato dunque pubblicato recentemente sul negozio virtuale di Valve, in Early Access. Il termine però non deve spaventare, evocando brutte assonanze, perché Tripwire ha rilasciato un prodotto che, sebbene incompleto, si presenta confezionato con tutti i crismi.
Chi decide di accordare fiducia alla software house americana può giocare in anticipo una modalità, cimentarsi in tre mappe, impersonare sette personaggi, dedicarsi alla coltivazione di quattro dei dieci perk (classi) e fronteggiare buona parte dei famelici nemici previsti nella versione definitiva. Il tutto ritrovandosi per le mani un codice perfettamente stabile ed estremamente curato, tanto in termini prettamente funzionali quanto grafici e ludici. Una proposta che i suoi stessi artefici definiscono in maniera comprensibilmente cautelativa come una "beta pulita", suscettibile per sua natura di contenere errori, ma che si presenta con un livello di rifinitura da titolo commerciale classicamente inteso e che, oltre agli aggiornamenti ufficiali per farle raggiungere nei prossimi mesi la completezza preventivata, si fregia sin da subito delle prospettive di crescita promesse da un SDK, con cui i più operosi e dotati tra la community possono dedicarsi alla creazione di nuovi contenuti, sebbene con alcune limitazioni (non è possibile usare asset personalizzati, al momento).
Fino all'ultima ondata
Come il primo capitolo, pur contenendo una modalità in singolo, Killing Floor 2 è uno sparatutto cooperativo a sfondo horror, aperto (quantomeno di base) a un massimo di sei partecipanti. L'unica modalità attualmente presente, chiamata Survival, è la classica di sempre: nei panni di un manipolo di classici antieroi a perdere occorre sopravvivere agli assalti dei famelici Zed, efferati mutanti creati in laboratorio, attraverso un numero di ondate variabile (da 4 a 10), che culminano con lo scontro con un boss.
Tra un round e l'altro si possono investire i soldi guadagnati sul campo per comprarsi armi ed equipaggiamenti presso un negozio. Fine. Anzi, "again", come si dice in uno dei moltissimi dialoghi che puntellano ora più frequentemente l'azione. Una formula che è sempre stata erroneamente paragonata a Left 4 Dead, quasi si trattasse di due esperienze perfettamente sovrapponibili, quando in realtà hanno un piglio e logiche sottese nettamente differenti. L'essenza di Killing Floor sta nella diversificazione dei ruoli resa possibile dal perk che si può associare al proprio personaggio, nello sviluppo di un'intesa di squadra imperniata sul controllo territoriale, nella gestione economica delle risorse e nella struttura "circolare" della sua progressione. Può sembrare paradossale, ma per certi versi ha più in comune con Counster-Strike che non lo stesso titolo Valve. Un canovaccio che viene riproposto con un polso in grado di giostrarsi con sicurezza quel delicato equilibrio da cui nascono i seguiti meglio concepiti, capaci di apparire estremamente simili ai predecessori ma anche tangibilmente espansi e migliorati.
Una cosa sola
Parlare del gameplay di Killing Floor non può prescindere dal parlare della sua tecnologia. Anche in questo caso ci sono delle ricorrenze: come nel 2009, Tripwire si presenta con un motore grafico fuori tempo massimo, che se da un lato dà l'idea di essere ampiamente superato, dall'altro vanta un certo innegabile appeal, grazie agli intensivi rimaneggiamenti che l'hanno riguardato. Allora era l'Unreal Engine 2.5, oggi è l'Unreal Engine 3. L'effetto è esattamente quello che ci si aspetterebbe mettendo in preventivo lo scarto generazionale. Tuttavia, dalla sua Killing Floor 2 può contare su valori produttivi che hanno permesso un intervento più profondo e intensivo sulla base di partenza, arrivando finanche a comprendere feature del 4, re-ingegnerizzate "a ritroso", al punto che Alan Wilson e soci parlano, non senza un filo di autoironia, di "Unreal 3.75", potendosi permettere di mettere a punto soluzioni grazie a cui concretizzare le proprie ambizioni di game designer.
La prima è un nuovo sistema di smembramento, grazie a cui i corpi degli Zed sono passati da 5 a 22 zone sensibili in corrispondenza delle quali possono danneggiati, mutilati e straziati. La seconda sono le sessioni di motion capture a cui abbiamo accennato in apertura, che hanno portato alla creazione di fino un massimo di 400 animazioni diverse per ciascun mostro e che sono state poi collegate al sistema appena accennato, al ragdoll e al ripensamento delle hitbox, in precedenza legate a un solo fattore realmente discriminante (la testa) che poneva grossi vincoli in termini comportamentali e di dinamiche di ingaggio. E poi c'è un aspetto in cui Tripwire ha sempre brillato e a proposito di cui non si è fatta scappare l'occasione di rilanciare, per confermarsi tra le teste di serie di un'industria che da ormai un decennio ha eletto gli sparatutto come genere dominante e nel cui ambito c'è dunque tantissima competizione: la realizzazione delle armi, che oltre al consueto test di modelli reali per l'occasione si è avvalso di una tecnica per effetto della quale le loro animazioni sono state "registrate" a 200 frame al secondo al fine di catturarne quante più sottigliezze a livello meccanico e comportamentale. Unendo i puntini si può cominciare ad avere un'idea della reale portata del quadro generale: sebbene sostanzialmente basato su esemplari già conosciuti, il cast di creature che si fronteggiano è adesso in grado di compiere un ventaglio molto più ampio di azioni, e di attacco e di movimento, risultando più vivace e imprevedibile, semplicemente più interessante da combattere. Nel mentre si può avere una corrispondenza molto più capillare e precisa del danno arrecato a seconda del tipo di arma e di modalità di sparo, la cui personalità è ribadita tanto a monte (la bocca di fuoco) che a valle (il corpo che lo subisce). Il risultato, nell'economia di un'esperienza fondata sul controllo di masse sciamanti, è un netto aumento di varietà e profondità. Non solo: la fisicità esponenzialmente più spiccata e rigorosa ha dato dignità nuova al combattimento corpo a corpo, in cui entrano in gioco ora battute d'arresto, stordimenti e parate, colti anche opportunamente come spunto per proporre strumenti interessanti come il Pulverizer, un martello già di per sé possente che con la modalità secondaria attiva delle devastanti cariche esplosive. Killing Floor 2 sposa dunque giocabilità ed estetica in una coreografia di metallo e carne tra le più viscerali e travolgenti si possano sperimentare, che si pone ben pochi freni inibitori nella celebrazione dell'uno e dell'altro. Una danza che, come da tradizione, trova il suo apice nello Zed Time, i proverbiali frangenti in cui il tempo scorre al rallentatore, dove tutti gli elementi fondanti dell'equazione possono dare mostra del loro meglio, ripresi tra l'altro in un glorioso contrasto tra il rendering che vira al bianco e i litri di sangue che si versano in scena. Il tutto sulle basi di un'esperienza che si è fatta più dinamica e meno propensa al "camping", grazie al miglioramento del pathfinding delle creature, che si spostano per l'ambiente con meno indecisioni, alla maggior varietà dei loro punti di entrata in scena e al fatto che è sempre possibile saldare una porta ma una volta buttata giù è irrecuperabile, per cui non si può speculare su tattiche eccessivamente attendiste, mentre i personaggi controllati dai giocatori possono correre, riuscendo a mantenersi in sintonia con i cambi di un ritmo che fondamentalmente è sempre quello di Killing Floor, ma reinterpretato in una scala più variopinta di toni. Esatto: quella percezione di scarto generazionale la si avverte anche nel concept di gioco, che fa la sua entrata in una dimensione dove può abbracciare nuove implicazioni e modalità di espressione, più fresche e attuali.
Intenso ma lungo
Molto saggiamente, le novità sono state sfruttate anche in termini di mantenimento dell'appeal. Sparatutto cooperativi di questo genere vivono di reiterazione e una chiave di volta è quella di saper mantenere vispo l'interesse, passata dopo passata. Per differenziare i quattro livelli di difficoltà a cui gli appassionati tenderanno progressivamente a dedicarsi, macinando ore su ore, non si è scelto di aumentare le statistiche degli Zed, rendendoli banalmente più letali e resistenti, ma si è cercato di sfruttare la loro rinnovata gamma comportamentale per cambiare il modo con cui si muovono, attaccano e reagiscono alle circostanze del caso, evitando agli utenti di veder deprezzata la padronanza acquisita preferendo piuttosto rimetterla in discussione con minacce configurate in maniere mutevoli. Sul fattore longevità interviene poi, chiaramente, lo sviluppo dei perk (attualmente Bersker, Commando, Field Medic e Support), che è stato completamente rivisto.
La scalata verso il level cap si è fatta nettamente più lunga, passando da 6 a 25, ma anche più dolce, progressiva e razionale. Il passaggio di livello non dipende più unicamente dal soddisfacimento di obiettivi cumulativi specifici della propria classe, che tendevano a spingere verso un atteggiamento da "farmatori" e che in taluni casi presentavano requisiti così assurdi da rappresentare veri e propri scogli insormontabili, ma anche da punti esperienza ottenibili attraverso azioni comuni. È prevista inoltre la possibilità di entrare più in sintonia con la propria classe, intervenendo su un "albero" lungo il quale ogni cinque livelli si può sbloccare una tra due nuove abilità , scegliendo se eventualmente dotare il proprio medico della possibilità di rigenerare lentamente l'energia anziché provocare maggior sanguinamento agli Zed. Si tratta di un'impostazione potenzialmente vincente, ma che naturalmente può essere valutata adeguatamente solo nel tempo. E sono ancora moltissimi gli aspetti ancora da valutare che ci auguriamo di veder rispondere all'appello con puntualità, nei prossimi mesi. Come le sei classi rimanenti o gli esemplari con cui sarà integrato un arsenale tanto appagante qualitativamente quanto un po' lacunoso quantitativamente. E poi, ancora, la capacità di mantenersi sugli stessi ottimi standard di map design e spiccata maturità in fatto di caratterizzazione scenografica di arene come Burning Paris e il rifacimento di Biotics Lab. E di vedere quali e quanti altri Zed si uniranno effettivamente alla parata dell'orrore, visto che si vocifera anche a proposito di un ritorno del Patriach che andrebbe dunque ad affiancare il nuovo boss, Hans Volter, ideato con una filosofia di design preferibile rispetto al collega, che accantona certe trovate "cheap" davvero poco digeribili che in caso di ripescaggio andrebbero dunque fortemente riviste nel contesto attuale. E poi, non ultima, la vita concreta del gioco, quella fatta dagli utenti, dall'affermazione e il consolidamento di una comunità all'altezza e dal proliferare di mod, anche in relazione a quella che sarà la piega che prenderanno effettivamente gli strumenti per il loro sviluppo, visto che la strada per "l'evoluzione" del genere è costellata da tante promesse sull'argomento poi rimangiate, anche da parte di team insospettabili. La risposta del pubblico al momento è estremante calorosa, per cui le prospettive sono rosee, ma non si può mai davvero escludere nulla. Ad esempio che in molti, comprensibilmente, possano sentirsi afflitti dall'azzeramento delle proprie statistiche, al punto da veder crollare il proprio interesse, arrivando all'abbandono. Un'eventualità su cui Tripwire Interactive avverte esplicitamente visto che nel corso del periodo di Accesso Anticipato il gioco sarà verosimilmente aggiornato a nuove build e, come succede spesso, determinati parametri potrebbero non essere compatibili di versione in versione. È l'unico vero grosso cruccio che suggeriamo di soppesare nel caso si sia tentati di unirsi a questa splendida festa di morte sin da ora, mentre si scalda ai nastri partenza.
Conclusioni
PRO
- Codice già molto solido e rifinito
- Come si spara qua solo in pochi altri titoli
- Novità davvero indovinate
- Già moddabile
CONTRO
- Dedicarsi anima e corpo alla progressione, ora, potrebbe essere un'arma a doppio taglio