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Etica e Metal Gear

Quanto influiscono le questioni etiche sulla vostra propensione all'acquisto?

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   23/08/2015
Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
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Chissà come immaginava il mondo del futuro Aristotele quando introdusse il termine "etica" nei discorsi filosofici e chissà quali criteri adotterebbe oggi per giudicare la condotta degli uomini moderni. L'etica è costantemente al centro dei dibattiti tra gli esseri umani, siano essi grandi filosofi che avventori di un bar, perché in un dato momento storico indica quali sono i comportamenti pratici che una data società considera accettabili nella vita comune per il perseguimento del bene collettivo. Qualcuno ogni tanto confonde l'etica con la morale, ma le differenze tra le due sono enormi. Tranquilli, perché non vogliamo scrivere un trattato sull'etica, ma solo darvi una visione generale del concetto per arrivare a discutere l'oggetto di questo breve speciale. La domanda che ci poniamo è: quanto i principi etici influenzano le scelte d'acquisto degli utenti? Se volete la possiamo trasformare anche in una domanda più diretta: quanto siete influenzati dai principi etici quando acquistate qualcosa? Nello specifico parliamo di videogiochi. Sappiamo che i due argomenti sembrano quanto mai distanti, ma in realtà non è così e, anche se non si tratta di un tema preminente nell'ambiente, spesso si sono verificati casi in cui sono venute alla luce situazioni limite che hanno comunque reso necessario porsi delle domande. A volte sono state anche causa di profonde mutazioni nella percezione del pubblico verso certe realtà.

Quanto influisce l'etica sulle vostre scelte d'acquisto? Ne parliamo in un breve speciale

L’etica fantasma

Senza girarci troppo attorno arriviamo al punto. Tra pochi giorni uscirà Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Oltre a un'imponente campagna marketing, il lancio dell'attesissimo quinto capitolo della saga nata ormai quasi venti anni fa su PlayStation One, ma derivata dai due Metal Gear 2D per MSX, è stato accompagnato da un fiume di polemiche per l'avvenuta rottura tra il publisher Konami e l'autore del gioco, Hideo Kojima. Indagando sulla faccenda, sono emerse delle voci inquietanti sull'intera situazione, con storie di insider che hanno fatto accapponare la pelle a molti. Ad esempio quelle riportate dalla rivista Nikkei, cui abbiamo dedicato una dettagliata notizia. Leggiamo quelle che ci interessano in particolare per il tema che stiamo trattando:

- Kojima Productions è ora nota come "Number 8 Production Department" e i suoi computer non hanno accesso a internet, possono solo inviare messaggi interni;
- I dipendenti di Konami vengono monitorati in pausa pranzo, se passano troppo tempo in pausa il loro nome viene annunciato attraverso gli speaker interni della compagnia;
- La maggior parte dei dipendenti non hanno email fisse, tranne coloro che hanno contatti con l'esterno per il proprio ruolo, mentre in altri casi le email vengono cambiate periodicamente;
- Gli sviluppatori che non sono considerati particolarmente efficaci sul lavoro vengono riassegnati a ruoli anche completamente diversi, come la sicurezza o vari ruoli presso gli stabilimenti di macchine pachinko. Questa cosa a quanto pare riguarda anche i producer che si occupano di grossi titoli: nel 2013 è emerso su Asahi News il caso di uno sviluppatore Konami che è stato riassegnato in uno stabilimento di pachinko, cosa che lo ha portato alla depressione;
- Quando il suddetto sviluppatore ha annunciato su Facebook che lasciava Konami per un nuovo lavoro, la compagnia ha controllato il post e ha smistato in altri ruoli coloro che hanno posto un "like" sul messaggio.

Molti hanno subito puntato il dito parlando di condizioni lavorative intollerabili, mentre altri hanno denunciato la cosa come un vero e proprio scandalo. Altri hanno però fatto notare che non si tratta poi di una situazione così rara, soprattutto nelle grandi aziende. Comunque, a noi non interessa discutere l'organizzazione del lavoro all'interno di Konami, ma solo arrivare a un punto: il comportamento del publisher verso Kojima e i suoi lavoratori può influenzare la vostra decisione di acquistare o meno Metal Gear Solid V: The Phantom Pain? La risposta è meno scontata e lineare di quanto possa sembrare, se addirittura sono stati fatti appelli pubblici verso i fan per non disdire le prenotazioni del gioco. Non sappiamo cosa, perché non esistono dati pubblici sulle prenotazioni di MGS V, ma qualcosa dietro le quinte deve essere successo.

Sfruttamento naturale

Prima di continuare è giusto che chi scrive metta le carte in tavola, ossia dichiari di aver prenotato Metal Gear Solid V: The Phantom Pain (per i più curiosi in versione PC su Steam). Averlo fatto serve non tanto per farvi sapere come spendiamo i nostri soldi, ma per chiarire che non vogliamo accusare nessuno, soltanto esaminare la questione e magari aprire un dibattito serio e interessante sull'argomento, che immaginiamo tocchi anche molti di voi.

Etica e Metal Gear

Quello di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain non è il primo caso di faro acceso sull'etica lavorativa dietro al mondo dei videogiochi. In passato si sono verificate situazioni altrettanto controverse. Alcuni di voi ricorderanno il caso EA Spouse che risale al 2004, in cui la moglie di un dipendente di Electronic Arts denunciò le terrificanti condizioni lavorative all'interno della società con una lettera anonima, che aiutò nella causa che portò il publisher nel 2006 a pagare complessivamente 14,9 milioni di dollari di arretrati ai lavoratori per gli straordinari fatti. Ma sono molti altri i casi di condizioni lavorative al limite della denuncia emersi negli anni all'interno dei team di sviluppo. Ad esempio molti dipendenti si lamentarono della tirannia e della paranoia dei dirigenti di Team Bondi, lo sviluppatore di L.A. Noire, oppure alcuni ex Irrational Games (BioShock) definirono Ken Levine una specie di folle egocentrico che rendeva impossibile lavorare. Sappiamo che ci sono molti altri casi che meriterebbero di essere citati, per non parlare di tutte quelle situazioni laterali all'industria, tipo la produzione delle console affidata a fabbriche come la cinese Foxconn, diventata famosa per le condizioni di vero e proprio schiavismo imposte agli operai, oppure il rifiuto di Apple di pubblicare sull'App Store Phone Story, gioco di denuncia della Molleindustria che va a scavare proprio sulle condizioni di produzione dei moderni apparecchi tecnologici; ma crediamo che il quadro sia già abbastanza chiaro.

Il confine incerto

Non saremo noi a dirvi se sia giusto o meno acquistare i prodotti di aziende che hanno dimostrato una grande spregiudicatezza etica, perché crediamo che fare certe valutazioni spetti alla coscienza di ognuno.

Etica e Metal Gear

Certo, è facile però affermare che se le grandi società non vengono toccate nel portafoglio, difficilmente modificano i loro comportamenti. Ma ci troviamo a camminare su un confine incerto fatto di considerazioni spesso unilaterali, dovute soprattutto alla mancanza di informazioni sicure provenienti dagli ambienti produttivi. Ecco, in effetti i videogiocatori invece di chiedere solo risoluzioni più alte, ogni tanto potrebbero pretendere di sapere in che condizioni vengono realizzati certi titoli, andando a scavare in quella cortina fumogena che è stata creata tra l'industria e loro. Badate bene che comprare o non comprare non è indifferente. Un'industria non è fatta solo di menti creative, ma anche di atteggiamenti parassitari che la spingono dove vanno i soldi. Se il pubblico spende nei free-to-play, gli saranno dati free-to-play, se il pubblico acquista DLC, i DLC aumenteranno, se si rende chiara la discriminante etica nell'insuccesso di un gioco, le condizioni che l'hanno prodotta muteranno. Certo, non per sovvenuti sensi di colpa, ma per quel naturale spirito di adattamento che spinge gli organismi a mutare i loro comportamenti per riuscire a sopravvivere. Insomma, sarebbe un cambiamento ipocrita e strumentale, ma pur sempre un cambiamento.