Ogni tanto il mondo dei videogiochi assimila parole di altri medium, o di altri contesti culturali, per cercare di descriversi al meglio. Non c'è niente di male in questo, dato che una delle prime esigenze dell'essere umano è proprio la "discorsivizzazione" del mondo che lo circonda, ma è chiaro che dei concetti che per alcuni sembrano scontati in realtà non lo sono affatto, anche perché spesso dispongono di un retroterra culturale ricco e sedimentato di cui è giusto tenere conto.
Per fare un paio di rapidi esempi, la parola "comparto" viene dal mondo dell'economia, mentre l'espressione "messa a fuoco" viene da quello della fotografia. Molte delle parole più usate nei discorsi sui videogiochi provengono dal mondo del cinema. Le affinità elettive tra cinema e videogiochi sono sempre state evidenti, al punto che con gli anni si è sviluppata anche una certa tendenza a interpretare i videogiochi partendo da teorie elaborate per la settima arte. Qualcuno di voi ricorderà l'idea del videogiocatore regista che andava tanto di moda negli ambienti accademici nei primi anni dell'attuale millennio e di cui si trovavano tracce anche su siti (allora marginali) e riviste. Con il tempo, fortunatamente, un po' di questo debito concettuale è venuto meno e sono iniziate ad apparire teorie nuove come quella della "retorica procedurale" o quella della "dissonanza ludonarrativa", molto più utili delle altre per tracciare un'identità forte dei videogiochi. Ciò non toglie che alcune parole prese dal cinema siano rimaste in uso, mentre altre sono state introdotte nel dibattito generale in tempi recenti senza alcuna premessa. Con questo speciale vogliamo esaminare quelle più utilizzate per scoprire come vengono interpretate normalmente, cercando nel nostro piccolo di arricchirle e di chiarirle, in modo da darvi qualche strumento in più per leggere i videogiochi.
Scopriamo alcune parole del mondo del cinema usate anche in quello dei videogiochi
Regia / Regista
Quando parliamo di "regia" riferendoci ai videogiochi spesso incorriamo in un errore non da poco. Per molti il regista di un videogioco è il lead game designer, mentre altri lo individuano in figure di raccordo come il game director (da notare che la parola "director" in italiano si può tradurre sia come "regista", sia come "direttore",) o il creative director.
In realtà quello che nel cinema è un ruolo definito, nel mondo dei videogiochi è molto più sfumato e se ne possono trovare aspetti in diverse figure, soprattutto quando parliamo di produzioni tripla A. Prendiamo come modello i titoli di coda di Uncharted 3: L'inganno di Drake, dove abbiamo una Creative Director, Amy Hennig, un Game Director, Justin Richmond, due Art director, Erick Pangilinan e Robh Ruppel, due lead game designer, Richard Lemarchand e Jacob Minkoff, più tutta una serie di figure di riferimento che sicuramente hanno influenzato in modo attivo le decisioni di quello che è il flusso di gioco.
Ad esempio non è raro che alcuni cambiamenti alle meccaniche vengano apportati per esigenze di programmazione. Quindi il lead programmer è un regista? Mentre nel mondo del cinema il regista decide le singole inquadrature e concorda tutti gli altri aspetti del film con gli altri mestieri coinvolti, nel mondo dei videogiochi c'è sicuramente un processo di approvazione unico delle decisioni prese dai vari reparti, ma i singoli aspetti sono spesso attribuibili a persone differenti. Così chi ha curato la regia delle sequenze animate di Uncharted 3, per rimanere sullo stesso esempio, sicuramente non è chi ha deciso le inquadrature di alcuni momenti del gameplay, oppure non è chi ha stabilito i tempi delle arrampicate di Drake. Ancora, alcune scelte possono essere prese collegialmente dai membri più importanti del team di sviluppo. Insomma, di fronte a titoli molto vasti è difficile stabilire chi abbia fatto cosa. Certo, ci sono alcune personalità cui viene attribuito lo status di autori (pensate a Hideo Kojima o Ken Levine), ma in verità la presenza di un autore era sicuramente più determinante quando i videogiochi erano realizzati da team più piccoli. Adesso anche il più grande designer del mondo ha bisogno di tutta una serie di figure di appoggio per rifinire i diversi aspetti di un singolo gioco. Forse più che di regista, sarebbe meglio parlare di "coordinatore". Di cosa dipende moltissimo dalla composizione dei singoli studi di sviluppo. Il discorso cambia di netto se teniamo in considerazione la scena indipendente, dove le dimensioni dei team, spesso limitatissime, consentono ancora di riconoscere il tocco dei singoli autori.
Piano sequenza
Recentemente il mondo dei videogiochi ha scoperto il "long take". Lo sappiamo che noi siamo poco moderni, ma preferiamo chiamarlo "piano sequenza", anche perché il primo a teorizzarlo (non a usarlo, badate bene), non fu un americano ma un francese, il critico André Bazin, che ne parlò, pensate un po', in relazione al neorealismo, movimento cinematografico nato in Italia (Roberto Rossellini e Vittorio De Sica vi dicono nulla?).
Tecnicamente il piano sequenza è "un piano che da solo svolge le funzioni di una sequenza o scena", per rubare una definizione da un vecchio manuale di cinema. Parafrasando, è una lunga inquadratura che esaurisce un'intera sequenza narrativa, o quasi, senza stacchi di montaggio. Per Bazin il piano sequenza era l'unico modo per riprodurre al cinema l'ambiguità della realtà, negata dal montaggio che invece tende a indirizzare l'interpretazione dello spettatore. Con gli anni questa visione radicale è venuta un po' meno, soprattutto in epoca moderna in cui ogni tecnica è stata piegata alla spettacolarizzazione estrema. Ma bando alle polemiche cinematografiche e veniamo ai videogiochi. Il concetto di piano sequenza è stato utilizzato più volte parlando di sparatutto in prima persona. Soprattutto quando uscì il primo Half-Life, che faceva vivere le avventure di Gordon Freeman completamente dai suoi occhi senza stacchi dovuti a sequenze narrative o ad altri artifici tipici dei videogiochi. Diciamo comunque che in questo caso l'accostamento apparve un po' forzato, vista la diversa natura dei due medium, ma ciò non impedì che fosse ripreso per Half-Life 2 e per un gran numero di giochi in prima persona. Dopo anni di oblio, di piano sequenza si è tornato a parlare recentemente in relazione a due titoli: Metal Gear Solid V: Ground Zeroes, la cui lunga introduzione non ha stacchi di montaggio, e Halo 5: Guardians, di cui uno dei filmati promozionali sfrutta proprio questa tecnica. Anche Metal Gear Solid V: The Phantom Pain ne fa uso in alcune sequenze . Ad esempio (attenzione spoiler) la lunga traversata con Skull Face a bordo della sua jeep alla fine del primo capitolo è tecnicamente un piano sequenza, nonostante il giocatore possa girare la telecamera che inquadra l'azione.
Soggettiva e oggettiva
Se le altre parole affrontate nell'articolo presentavano molte ambiguità nell'uso che se ne fa trattando di videogiochi, i termini "soggettiva" e "oggettiva" sono utilizzati in modo più proprio. In un film un'inquadratura soggettiva è quella che esprime il punto di vista di un certo personaggio, ossia che mostra l'azione dai suoi occhi, facendoci vedere ciò che vede lui. L'inquadratura oggettiva è invece neutrale ed esterna al punto di vista di un singolo personaggio. Una soggettiva molto celebre è quella iniziale del film "Halloween: la notte delle streghe" di John Carpenter, mentre per fare un esempio di oggettiva guardate un film qualsiasi. Per dire, anche le Pause Caffè di Multiplayer sono inquadrate in oggettiva.
Nei videogiochi le cose non cambiano, anche se ovviamente cambia l'uso che si fa delle diverse tecniche. Se la soggettiva è molto utilizzata in generi più prettamente narrativi, soprattutto quelli che richiedono l'immedesimazione del giocatore, perché vogliono dargli il punto di vista del protagonista sull'azione, le inquadrature oggettive assumono significati molto differenti a seconda del genere. Ad esempio in un action in terza persona vanno a inquadrare i personaggi principali alle spalle, mentre in uno strategico sono funzionali alla chiarezza della mappa di gioco, la cui immagine deve essere leggibile al meglio. Insomma, i due termini sono sicuramente mutuati dal mondo del cinema e la natura tecnica di entrambi è la stessa. A cambiare è la funzione che i due tipi di inquadratura vanno ad assumere nei videogiochi, sicuramente più legata al gameplay.