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Videogiochi, film e il tempo che passa

Come può un videogioco diventare immortale al pari di un film?

SPECIALE di Lorenzo Fantoni   —   05/02/2017
Apocalypse Now
Apocalypse Now
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La decisione di Francis Ford Coppola di produrre e farsi finanziare direttamente dal pubblico un gioco su Apocalypse Now ha portato con sé alcune interessanti riflessioni su affinità e differenze di linguaggio, sugli inevitabili parallelismi tra cinema e videogiochi, ma anche sull'opportunità e il senso di andare a scomodare un film così gigantesco, a sua volta tratto da un romanzo fondamentale come Cuore di tenebra. La discussione potrà sembrare persino eccessiva per un gioco che ancora è lontano dal traguardo dei 900.000 dollari - restano solo 18 giorni a disposizione per raccoglierne circa 800.000 - ma il fulcro qui non è tanto il gioco in sé, quanto il linguaggio dei videogiochi.

Come può un videogioco diventare immortale in un settore così in piena evoluzione?

Dalle pitture rupestri alla Cappella Sistina

Siamo soliti dire che le generazioni a cavallo degli anni '80 sono caratterizzate da persone senza contenuto perché vissute in un'epoca sostanzialmente priva di grandi eventi. Fight Club le definiva "i figli di mezzo della storia", gente ossessionata dal consumismo e da un certo senso di vuoto. Tutto era già stato fatto, il rock era già stato inventato, le Guerre Mondiali combattute; restavano solo l'edonismo e sua sorella minore, la depressione, che sarebbe arrivata negli anni '90.

Videogiochi, film e il tempo che passa

Ma la verità è che quel periodo, anzi forse poco prima, fu estremamente interessante per gli appassionati di scienze sociali e comunicazione, poiché diede vita a una nuova forma di espressione, un nuovo medium: i videogiochi. Qualche anno prima era arrivata la televisione, ma in un certo senso era poco più di una figliastra del cinema, quindi erano quasi un centinaio di anni che un evento di tale portata non accadeva, pensate che fortuna! Una differenza importante sta però nella velocità impressionante con cui i videogiochi si sono sviluppati, come bambini nutriti a pane, vitamine e siero del super soldato. In neanche trent'anni siamo passati dall'equivalente delle pitture rupestri alla Cappella Sistina, soprattutto dal punto di vista visivo, i linguaggi invece ci stanno mettendo un po' di più, ma se guardate indietro vi renderete conto di aver assistito allo sviluppo di un nuovo modo di comunicare fin dai suoi albori, un mondo che tra l'altro ha ancora moltissimo da dire. Questo probabilmente è l'elemento distintivo più grande rispetto al cinema o ai libri. Per quanto linguaggio, regia, tecnologia si siano evolute e abbiano cambiato il modo in cui raccontiamo le storie, il cinema si è mosso senza dubbio più lentamente rispetto ai videogiochi. Questo porta allora dritto a una domanda: se è vero che io oggi posso guardarmi Apocalypse Now e godermi un capolavoro senza alcun problema, che cosa succederà col gioco? Posto che sia un bel gioco, potrò godermelo anche fra vent'anni? Come si resiste al test del tempo?

Il problema dei supporti

Il vantaggio del cinema rispetto ai videogiochi è fondamentalmente un vantaggio tecnico: per guardare un vecchio film basta che sia stato in qualche modo riversato da pellicola a VHS, poi su DVD e infine Blu-ray. È molto difficile che un capolavoro del passato non sia disponibile su vari formati e tendenzialmente per goderlo basta semplicemente avere un PC o un televisore con lettore DVD. Il discorso con i videogiochi si fa più complesso. Se vero è che ci sono gli emulatori, non sempre va tutto come dovrebbe e spesso queste trasposizioni non riescono a ricreare perfettamente l'esperienza che vorrebbero emulare.

Videogiochi, film e il tempo che passa

Oggi per esempio posso giocare tranquillamente Street Fighter II, ma rivivere l'esperienza del cabinato, magari con la fila di gente che si sfida, è un lusso per pochi. C'è poi da fare un discorso sui linguaggi: chiunque abbia giocato a un titolo molto vecchio si è rapidamente reso conto che, per quanto alcuni casi isolati rappresentino ancora oggi esperienze geniali, il numero dei capolavori che vanno oltre la linea del tempo è molto limitato. Insomma nella maggior parte dei casi un videogame di trent'anni fa è decisamente meno attuale e fruibile di un film di trent'anni fa. Prendiamo il 1984: come film abbiamo avuto Ghostbusters, Terminator, Karate Kid, Beverly Hills Cop; nel mondo dei videogiochi troviamo Tetris, Paperboy, Karateka, Elite, King's Quest. In entrambi i casi parliamo di pietre miliari, ma sul fronte dei videogiochi solo Tetris è invecchiato splendidamente, mentre tra i film Ghostbusters e Terminator se la cavano ancora alla grandissima. Il motivo è da ricercarsi nella tesi iniziale: i videogiochi del 1984 andrebbero confrontati con le pellicole che hanno caratterizzato la nascita del cinema. Tetris vale un Charlie Chaplin, Zork potrebbe essere la famigerata Corazzata Potëmkin di Eisenstein, insomma erano le basi di un nuovo linguaggio multimediale. E se analizzati così fa piacere pensare che sotto questo punto di vista i videogiochi segnerebbero senza dubbio un punto a proprio favore, dopotutto un ragazzino di oggi può apprezzare Tetris ma forse sbadiglierebbe di fronte a Chaplin.

L'aspetto non è tutto

Dunque come potrebbe un gioco di Apocalypse Now resistere tanto quanto il film, in un settore che si muove a velocità smodata ed è pronto a lanciarsi nella realtà virtuale? La risposta potrebbe arrivare dal modo in cui ci approcciamo al retrogaming. Cosa funziona in un videogioco che resiste negli anni? Da una parte c'è la bellezza passata: giochiamo a Final Fantasy VII perché è un bel gioco, certo, ma soprattutto perché ci fa tornare inconsciamente in un luogo tranquillo e sereno, una stanza della nostra mente in cui eravamo più giovani e tutto andava bene.

Videogiochi, film e il tempo che passa

Dall'altra c'è il linguaggio: giochiamo ancora a Tetris, Pac-Man, Super Mario Bros. o Bubble Bobble perché sono un po' come gli squali: erano già perfetti moltissimi anni fa e l'evoluzione ha giusto cambiato qualche dettaglio. Hanno un linguaggio semplice ed essenziale che parla al giocatore al di là del tempo, senza fare troppe differenze tra più giovani e più vecchi. Allo stesso modo i film veramente belli sono quelli che più che sugli effetti speciali hanno saputo contare su storie e dialoghi incisivi, su soluzioni di regia folli e geniali. Questo perché un effetto speciale ha lo stesso problema di un titolo con grafica spettacolare: invecchiano prima. Lì per lì non ce ne rendiamo conto, ma basta far passare cinque anni e il gioco che ci aveva fatto cadere la mascella sembrerà robetta. Chi c'era si ricorderà i tempi in cui le prime schede grafiche ci strappavano via le cornee con una grafica che sembrava incredibile. Fifa 96 sembrava una partita vera, lo vedi oggi e dici "ma io giocavo a questa roba?" Al contrario, il pixel, la linea essenziale, la sintesi visiva e la assoluta mancanza di voglia di misurarsi col verosimile è una fonte di giovinezza per qualunque videogioco. Uno dei motivi per cui World of Warcraft è durato così tanti anni va cercata anche nel suo stile, il tratto vagamente cartoonesco, le proporzioni irreali gli consentivano di annoiare il giocatore molto meno di altri giochi dell'epoca e di conseguenza risentire molto meno dell'erosione del tempo. Dunque esiste un modo per sopravvivere a un mondo che cambia così velocemente linguaggi, tecnologie e mode? Forse sì e la ricetta si basa sul non inseguire lo spirito del proprio tempo, ma anzi avere il coraggio di reagire all'istinto di creare un gioco che appaghi più l'occhio della mente, meglio piuttosto curare la meccanica di gioco almeno quanto le texture... anzi, magari un po' di più. Visto che sarà probabilmente un titolo strategico in cui la grafica conterà il giusto potrebbe farcela. Perché i videogiochi che contano sono come le donne veramente affascinanti: restano bellissime e interessanti anche quando gli anni passano e arrivano le rughe.