Versione testata: Xbox 360
Dopo aver parlato a lungo della campagna single player, giunge finalmente l'ora di mettere nero su bianco le nostre sensazioni con la sua componente multiplayer. Le premesse sono note, la parte multigiocatore è stata sviluppata da DICE, di conseguenza l'impatto visivo e un certo feeling che si prova pad alla mano deriva tutto da Battlefield: Bad Company 2. Mettiamo subito in chiaro una questione però: il multiplayer di Medal of Honor non vuole essere un clone di Bad Company, per questo motivo la software house svedese ha deciso, come chi ha giocato la beta conosce, di non inserire una completa distruttibilità dell'ambiente, di conseguenza solo alcune parti della mappa, come staccionate, sacchi di sabbia e via dicendo, nonchè alcune sezioni importanti ai fini delle progressione della partita (fortificazioni, porte...) possono essere distrutte.
Tora Bora
La fredda cronaca della nostra escursione a Stoccolma per testare il gioco, può da subito partire con i numeri del titolo. Il quantitativo di giocatori massimo che potrà sfidarsi sarà di ventiquattro, su otto mappe scegliendo tra quattro modalità. Gli amanti di un'esperienza di gioco autentica troveranno pane per i loro denti scegliendo di giocare ad hardcore, ovvero senza assistenze, niente minimappa, niente mirino, nessuna possibilità di equipaggiare munizioni da terra, ma soprattutto niente energia che si ripristina stando al riparo e fuoco amico sempre attivo, e troveranno poi su PC i tanto bistrattati server dedicati, croce e delizia di tutti gli FPS di questi tempi. Durante la nostra sessione di prova abbiamo avuto la possibilità di testare tutte le varie modalità di gioco su diverse mappe, e constatare quindi i passi avanti fatti rispetto alla beta. In sede di presentazione Patrick Liu di DICE ha ammesso quello che la comunità ha riscontrato con la beta, ovvero numerosi problemi di vero e proprio feeling con l'arma, dalla scarsa penetrazione dei proiettili al rinculo, passando per certi problemi di riscontro degli impatti. Liu ha spiegato che i suoi ragazzi hanno preso in carico tutte queste problematiche, e per quanto potuto provare i passi avanti sembrano evidenti, anche se alcune magagne persistono. Diverse armi, anche quelle pesanti, necessitano di troppi colpi a segno per uccidere, e per quanto aumentato il rinculo non è un fattore troppo gravoso in partita. Più in generale comunque un bel lavoro di raffinamento è stato fatto, ovviamente non si ha l'impressione di trovarsi di fronte un titolo completamento diverso, ma la sensazione che molto tempo è stato speso per cercare di migliorare una situazione certamente non positivissima è palese, e di questo va dato atto a DICE.
Tornando a parlare delle modalità di gioco oltre al classico team assault, le restanti tipologie di partite, sector control, objective raid e combat mission sono sembrate immediate e molto divertenti graziate soprattutto a un level design in cui DICE è davvero maestra. Delle varie tipologie di gioco, l'ultima sopracitata, combat mission, è quella che ha restituito le sensazioni migliori. Nell'ottica dello sviluppatore svedese questa dovrebbe essere intesa come narrativa, dal ritmo più lento: non si tratta solamente di uccidere più nemici possibili, conquistare o difendere una postazione, in questo caso gli obiettivi seguono una sorta di canovaccio, che fa spostare gli eventi da una parte all'altra della mappa in base a quanto scritto dagli sceneggiatori. In Shakihot Valley ad esempio, immersi negli spazi amplissimi di una vallata innevata dobbiamo prima arrivare a bonificare l'aerea dove uno dei nostri elicotteri è caduto, resistere al contrattacco talebano a colpi di RPG e poi andare al punto di estrazione per un totale di cinque mini missioni da fare, il tutto in una mappa che spazia da ampie vallate, a picchi di montagna, cunicoli, radure e che lascia a bocca aperta per lo sterminato orizzonte visivo.
Lotta e conquista
Tra le altre mappe e modalità di gioco provate, senza dubbio quella che più ha lasciato il segno è objective raid, in cui sono in gioco due obiettivi da attaccare e difendere senza che ci sia un ordine prestabilito tra i due. Fatta eccezione per team assault (il deathmatch a squadre), questa è la tipologia di gioco più veloce e frenetica, e che ha dato particolari soddisfazioni soprattutto nella mappa Diwagal Camp, in cui le due postazioni di partenza delle fazioni si fronteggiano una di fronte all'altra, sui due lati di una gola potremmo dire, e che quindi sembra essere perfetta per i colpi dalla lunghissima distanza dei cecchini, che possono anche prendersi notevoli soddisfazioni cercando di sparare sugli attaccanti in piena battaglia d'assedio per la presa del villaggio. Parlando dei mezzi abbiamo potuto salire solamente a bordo di un carro armato in Mazar i Sharif Air Base, giocata anche questa in modalità combat mission, e che ci ha visto tentare di entrare dentro un base aerea, sfondando inizialmente le difese esterne rappresentate da due bunker, poi la porta d'ingresso degli hangar e una volta sulla pista tra aerei in fiamme e detriti vari, farci largo a bordo di un blindato verso la torre di controllo, obiettivo finale della mappa. Anche in questo caso la differenziazione degli obiettivi ma soprattutto la bontà del level design hanno reso la partita davvero intensa e piacevole, la sensazione di giocare all'interno di un "copione" e non una semplice partita "tutti contro tutti", senza un minimo nesso logico è palpabile e riesce certamente a coinvolgere di più il giocatore.
Nel mezzo della battaglia
Da un punto di vista tecnico il gioco, come da tradizione multiplayer DICE alterna luci ed ombre. Si nota un certo stacco in termini di dettaglio ed effetti speciali rispetto alla beta, ma sulle lunghe distanze spesso è un guazzabuglio di texture poco definite che non aiuta certo a capire chi abbiamo nel mirino. Quello che più conta però è l'impatto generale delle immagini a schermo, e questo è sicuramente di grande effetto, sia nelle mappe più ristrette, sia in quelle della modalità combat mission che abbracciano un orizzonte visivo a volte davvero ampio.
Entrambe, come scritto più volte sono accomunate da un level design ben congegnato, che offre molti spunti tattici, e che non fa differenza tra le tortuose viuzze del mercato di Kandahar o l'innevata vallata di Shakihot. Quest'ultimo incontro con il multiplayer di Medal of Honor, prima della sua uscita nei negozi, ci ha confortato rispetto alla non brillantissima beta uscita questa estate. Quello che emerge dalla nostra sessione è che DICE ha realizzato un titolo molto classico, canonico nella scelta delle modalità e del sistema di esperienza e che non vuole entrare in competizione nè con Bad Company 2 nè tantomeno con i fuochi d'artificio di Modern Warfare, ma che riesce comunque a essere molto divertente, standard nella sua offerta, ma nello stesso tempo capace di stupire per intensità delle battaglie e per messa in scena, con la modalità combat mission fiore all'occhiello di tutta la produzione.
CERTEZZE
- Tecnicamente più pimpante della beta
- La modalità combat mission funziona
- Numerosi miglioramenti di gameplay rispetto alla beta...
DUBBI
- ...ma alcune cose sono ancora da sistemare
- Offerta di gioco standard, piacerà a tutti?