Nonostante i prodotti di valore in dirittura d'arrivo prima della conclusione del 2022 non manchino, A Plague Tale: Requiem è riuscito a guadagnarsi di diritto un posto tra i più attesi in assoluto. D'altro canto negli ultimi anni gli Asobo Studio hanno dimostrato senza ombra di dubbio il loro talento e molti fan della casa francese sono convinti che Requiem possa rappresentare quel balzo di qualità capace di proiettarla nell'olimpo dei migliori team in circolazione.
Il nostro primo test di A Plague Tale: Requiem ci ha fatto, in tutta sincerità, sposare tale ipotesi: nonostante il capitolo da noi testato fosse piuttosto basilare in termini di gameplay, era infatti riuscito a lasciarci a bocca aperta con un comparto tecnico di qualità spaventosa, il realismo grafico delle mappe, l'ottima recitazione e la solidità generale dell'esperienza (comunque non priva di momenti forti, né di sfide significative). Ora però la data d'uscita si avvicina e con essa è arrivata la possibilità di affrontare un test nettamente più approfondito. L'impatto di questo nuovo provato? Sempre notevole, ma stavolta sono comparse alcune crepe inaspettate nella bellissima opera di Asobo, che hanno dato forma a dei dubbi da affrontare prontamente in sede di recensione.
Scopriamo quali nel nostro provato di A Plague Tale: Requiem.
Il pifferaio magico è un principiante
I capitoli a nostra disposizione erano il sesto e il settimo e, considerando che si tratta con ogni probabilità di parti centrali della campagna principale, cercheremo di stare sul vago in termini di trama per evitare spoiler. L'unica cosa da sapere è che, nella prima delle due sezioni da noi provate, Amicia e Hugo sono ancora in fuga e la giovane donna non è propriamente in forma smagliante: ferita e dolorante, si ritrova a dover badare al fratellino in una zona stavolta non infestata dai ratti, bensì da un gruppo di guardie con l'ordine di eliminarla a vista.
Fin qui nulla di particolarmente strano o eclatante, dato che durante la prima fase di questo livello abbiamo sfruttato meccaniche di gioco per lo più già offerte dal predecessore, eppure si è vista lo stesso qualche novità. Amicia è molto più letale e aggressiva in A Plague Tale: Requiem e può facilmente eliminare le guardie con un dardo di balestra ben piazzato o una coltellata alle spalle; tuttavia (comprensibilmente) il gioco non offre molti strumenti di offesa durante la progressione e nemmeno permette di accumularli visti i limiti dell'inventario (allargabile solo presso determinati banchi da lavoro, a patto di avere i materiali necessari per farlo). Per la maggior parte del tempo si tende quindi a evitare i nemici muovendosi di soppiatto e attirando la loro attenzione con strumenti più facilmente reperibili, come i sassi.
Amicia, in quanto alchimista, dispone ovviamente di molti più gadget con cui liberarsi di chi la sta cercando: proiettili e vasi incendiari, bombe fumogene capaci di spegnere i fuochi e oscurare le fonti di luce e persino una melma che blocca i movimenti per un limitato periodo di tempo. L'utilità di tali oggetti è però di norma direttamente proporzionale alla quantità di ratti in un livello e la loro assenza durante tutta la prima metà del capitolo ci ha costretto all'utilizzo di una strategia molto più orientata verso lo stealth, per evitare di perire.
A un certo punto, però, la mappa è cambiata e ci siamo trovati - dopo una serie di eventi che non dettaglieremo - non solo ad avere a che fare con il solito mare di ratti, ma anche a poter sfruttare il "malanno" di Hugo per usarli a nostro favore. Il ragazzino in questo capitolo ottiene difatti la capacità di controllare piccole orde di roditori per un tempo limitato, potere che gli permette anche di eliminare in serie le guardie nemiche. Non solo, attraverso la capacità delle bestiole di percepire il sangue delle prede, Hugo può utilizzare anche una sorta di "modalità istinto", che mostra i movimenti delle guardie attraverso le pareti. Comunemente una abilità come questa è fin troppo abusabile nei giochi stealth, eppure A Plague Tale: Requiem, aumentando in modo significativo il numero delle guardie e limitando inizialmente la capacità dei protagonisti di eliminarle, la introduce con grande furbizia, tanto da non farla percepire come una capacità esageratamente utile. Ovviamente, resterà da vedere se tale gestione si manterrà anche nei livelli avanzati, che ci sono parsi sì zeppi di nemici, ma anche di opzioni per liberarsene.
Più oculata invece la gestione della "possessione dei ratti": Hugo non può usare il potere troppo a lungo o rischia di perdere il controllo; inoltre i topi sono posizionati in modo da non essere avvicinabili sempre con facilità, il ragazzo può muoverli solo se si trova a breve distanza da loro. La difficoltà, quindi, consiste nel raggiungimento di tali luoghi che, essendo ben definiti, non consentono di abusare di tale potere. Sarà comunque interessante vedere come i talenti del fratellino di Amicia verranno sfruttati nelle fasi più avanzate dell'avventura.
Problemi
Nelle fasi sopradescritte il gioco ci è sempre parso solidissimo e ben congegnato: il level design tiene in considerazione gli sbilanciamenti, come detto, e i poteri introdotti aggiungono varietà a un sistema comunque non banale. Verso la conclusione del capitolo sei e poi in quello successivo, però, abbiamo affrontato un paio di fasi che ci hanno fatto storcere il naso, dimostrando che gli Asobo hanno ancora qualche passo avanti da fare in termini di approccio al game design.
Il primo momento traballante lo abbiamo trovato alla comparsa di una sorta di boss alla fine del capitolo: una grossa guardia corazzata dall'intelligenza artificiale estremamente limitata (praticamente impossibile venir colpiti se ci si muove di continuo per l'arena dove la si affronta), che è diventata vulnerabile solo una volta stordita col fuoco e colpita in uno specifico punto debole alle spalle. È uno scontro goffo, dove l'immersione si rompe completamente se si resta a secco di risorse (queste si rigenerano nei forzieri se le si spreca), e la scarsa mobilità del nostro avversario ha praticamente annullato qualunque tensione, portandoci addirittura a gironzolare come idioti per alcuni minuti nella speranza di vedere una qualsiasi variazione comportamentale. Tali problemi dell'IA, poi, si sono addirittura aggravati quando nel capitolo successivo abbiamo avuto a disposizione un nerboruto aiutante, capace di eliminare le guardie avversarie una volta scagliato contro di esse. La nostra guardia del corpo si è dopotutto rivelata del tutto invincibile in uno scontro diretto uno contro uno ed eliminabile soltanto se circondata da nemici; dunque abbiamo usato un semplicissimo e ridicolo espediente per assicurarci di fare una strage per tutta la mappa senza alcun problemi: dopo averlo scagliato contro una truppa, abbiamo impedito che qualunque avversario nei paraggi lo attaccasse utilizzando i contrattacchi stordenti a disposizione di Amicia; normalmente non è possibile usarli a raffica, ma se l'attenzione dei nemici è incentrata su qualcun altro questi non reagiscono agli stordimenti e possono venir rimbecilliti di continuo mentre il nostro protettore li trasforma in spiedini.
Come potete ben capire da quanto descritto, l'intelligenza artificiale del gioco ha delle chiare mancanze e questi passi falsi non solo annullano la sfida, ma rovinano l'immersione generale. Un vero peccato in un gioco che graficamente ci ha lasciato esterrefatti, capace di far impallidire con le sue ambientazioni, la sua impeccabile art direction e il dettaglio generale gran parte delle produzioni tripla A più poderose in circolazione. Se non altro, al di fuori delle fasi "di combattimento", il livello ci è parso ancora una volta ben congegnato e arricchito ulteriormente da un nuovo oggetto derivante da un cristallo, capace di attirare i ratti temporaneamente e di offrire nuovi enigmi ambientali. Non ci sorprenderebbe, peraltro, se non fosse l'ultima chicca a disposizione di Amicia, durante la sua epopea in compagnia del fratello.
Graficamente eccezionale, ricco di atmosfera, e molto ben congegnato quando si attiene ai canoni messi in campo dal predecessore, A Plague Tale Requiem è riuscito ancora una volta a impressionarci positivamente, almeno finché nel sistema non sono subentrate nuove meccaniche che hanno messo in mostra alcune evidenti mancanze dell'intelligenza artificiale. Non basta a farci bocciare un'esperienza comunque solida e splendida da vedere in movimento, certo, ma rovina l'immersione e annulla il livello di sfida di certe fasi. Speriamo quindi che gli Asobo trovino una soluzione (o mettano in campo delle limitazioni) prima del lancio.
CERTEZZE
- Graficamente straordinario
- Narrativa appassionante e ben recitata
- Meccaniche e level design solido
DUBBI
- Alcune serie mancanze dell'intelligenza artificiale
- Il "boss" da noi affrontato non ci ha convinti