Per spiccare in un ambiente competitivo come quello dei videogiochi, è praticamente obbligatorio avere almeno una caratteristica distintiva come team di sviluppo. Quella degli Asobo è senza ombra di dubbio una competenza mostruosa per tutto ciò che riguarda il comparto tecnico. Il primo A Plague Tale, dopotutto, non era certo un gioco meccanicamente rivoluzionario, ma riuscì a spiccare per via di un look marcatamente superiore a quello che comunemente ci si aspetta da una produzione con risorse limitate alle spalle e un notevole misto di art direction e solidità generale. Microsoft Flight Simulator, affidato alla software house poco dopo, non ha fatto che sottolineare le incredibili capacità di questo gruppo di sviluppatori francesi in campo grafico (oltre a consolidare la loro apparente abilità nel portare a termine progetti non facili in tempi tutt'altro che biblici).
Dopo il successo di Innocence, però, Asobo Studio si trova ora alle prese con un quasi inevitabile seguito chiamato A Plague Tale: Requiem e, visto il curriculum, le aspettative dei fan sono più alte che mai. Noi abbiamo potuto provare A Plague Tale: Requiem per quasi un'ora grazie al Tribeca Festival e oggi, dopo aver fatto il bagno in un mare di ratti più volte di quanto avremmo desiderato, siamo pronti a raccontarvi le nostre prime impressioni.
The rat of us
La storia di Requiem riprende direttamente dopo la conclusione del primo capitolo. Non stiamo a farvi spoiler sul finale: sappiate solo che al centro delle vicende ci sono ancora i due fratelli Amicia e Hugo e che, nonostante una fuga verso le calde terre del sud, i due poveri ragazzi non sono riusciti a sfuggire alla maledizione che perseguita il fratello minore. Noi, però, non abbiamo potuto giocare la campagna di questo seguito fin dalle prime battute poiché la demo partiva dal terzo capitolo; ci siamo quindi trovati a controllare la giovane Amicia in compagnia di un altro partner di nome Lucas (già comparso nel gioco precedente).
L'obiettivo del livello giocabile era sulla carta semplice: ottenere delle erbe lenitive per placare una brutta crisi del povero Hugo, provocata da alcuni trattamenti alchemici. Le cose si sono però complicate quasi subito quando, usciti dalla "tranquilla" zona iniziale, ci siamo trovati ancora alle prese con il solito immancabile mare di ratti e con un gruppo di guardie desiderose di eliminare qualunque testimone nei paraggi.
Sì, insomma, le basi di Requiem sembrano essere le stesse del suo predecessore, ma considerando lo status di Hugo dopo la prima avventura e gli smottamenti della narrativa ci aspettiamo qualche importante variazione strutturale nei capitoli avanzati.
In generale quanto da noi provato era ancora un misto tra uno stealth game e un puzzle game, seppur con qualche modifica. Il gioco infatti sembra ora un po' più brutale rispetto al passato, per via di un maggior numero di approcci, e ratti e guardie da affrontare con maggior furbizia per non finire ammazzati in pochi secondi. Amicia ha a disposizione parecchi strumenti in verità, eppure vuoi per il fatto di esser stati gettati direttamente nell'azione, vuoi per l'aumento di complessità delle situazioni, vi assicuriamo di esser crepati fin troppe volte per errori marginali. Requiem pare in poche parole voler massimizzare la tensione derivante dall'avere a che fare con un mare senziente di roditori mangiauomini, come se la cosa non fosse già motivo più che sensato per avere i nervi a fior di pelle.
Scelte morali o semplice sopravvivenza?
Per farvi un esempio, il crafting è ancora una volta centrale e Amicia nel capitolo testato poteva creare proiettili o granate di salgemma e zolfo, capaci di spegnere o accendere i fuochi a piacere. Unite alla semplice capacità di scagliare sassi con la propria fionda, queste munizioni rappresentano il modo più naturale per sopravvivere a ogni situazione: guardie armate di torcia possono venir eliminate semplicemente spegnendo le loro fiamme, e interi gruppi di nemici diventano cibo per ratti con una granata ben piazzata; le pietre classiche non sono tuttavia altrettanto abusabili, perché i soldati spesso sono protetti da elmi in acciaio e vanno pertanto eliminati in modi più creativi.
Dal canto suo la protagonista ora può anche spingere le guardie nei pericoli se li coglie di sorpresa o accoltellarle se ha lame a disposizione, ma non sono i soldati la minaccia più terribile (nonostante il loro posizionamento alle volte abbastanza infame) bensì i ratti stessi. La navigazione delle mappe è infatti piuttosto complessa, non ci sono indicatori di sorta, e le torce durano pochissimi secondi, dunque non si può sperare di progredire se non si raccolgono tutte le risorse possibili sparse negli edifici e non si usano a dovere i fuochi. E le opzioni multiple di cui parlavamo prima? Beh, è possibile superare facilmente anche le fasi più complesse facendo una strage, ma sembra esserci quasi sempre la chance di superare le zone non visti pacificamente; farlo rende solo tutto straordinariamente più complicato. Non è però al momento chiaro se scegliere la via pacifica porti a una qualche variazione nella narrativa: Amicia commenta e giustifica a voce le sue azioni quando elimina qualche soldato di troppo, e una particolare fase in cui non abbiamo capito come salvare un personaggio era forse completabile in modo ben più positivo (non abbiamo avuto modo di testarlo purtroppo), quindi sospettiamo che stavolta vi siano bivi più marcati e che il comportamento dell'eroina possa portare a sviluppi alternativi della storia.
In generale? Nonostante la nostra goffaggine nel capire dove dirigerci abbiamo apprezzato l'esperienza. C'è qualche imperfezione dell'intelligenza artificiale nemica e il posizionamento dei ratti in certe mappe ci è sembrato persino troppo punitivo, eppure Requiem pare già una discreta evoluzione del primo capitolo da quanto provato. Ancora una volta comunque i passi avanti più titanici li si nota nel comparto tecnico. Vero, c'è qualche animazione legnosa e innaturale prima di certe fasi scriptate, ma l'impatto grafico è in generale impressionante. Le mappe sono spaventosamente dettagliate, gli effetti atmosferici davvero realistici (un acquazzone nelle fasi iniziali ci ha lasciati a bocca aperta, grazie alla sua pioggia quasi indistinguibile dal reale e alla reazione delle pozzanghere alle gocce d'acqua), e persino le animazioni sono notevolmente migliorate in toto. Il nuovo pargolo di Asobo ha un aspetto incredibile, e se il gameplay dovesse effettivamente variare e crescere come prevedibile durante la campagna, ci sono ottime probabilità di avere per le mani una perla sensibilmente superiore al già valido Innocence.
Tecnicamente impressionante e ancora apparentemente solido dal punto di vista del gameplay, A Plague Tale: Requiem non ha svelato moltissimo durante la breve demo a nostra disposizione, ma ha lasciato intuire possibili evoluzioni alla base posta dal capitolo precedente, e ci ha catturato con la sua atmosfera unica. Chissà che non riesca a superare il predecessore in ogni singolo aspetto.
CERTEZZE
- Tecnicamente impressionante e art direction notevole
- Apparentemente più punitivo e difficile del predecessore
- Le meccaniche di base restano solide
DUBBI
- Abbiamo visto solo una piccola parte della campagna
- Qualche imperfezione marginale qua e là