Un uomo, una missione, un fucile a pompa
Se c’è stato un elemento di Blackthorne che ha saputo distinguerlo dal resto della produzione ludica al tempo della sua originale uscita, sicuramente si tratta dell’atmosfera dark e violenta che pervade l’intera produzione Blizzard, a cominciare dallo storyline. L’utente veste i panni di un giovane principe, che in occasione dell’assedio del proprio regno da parte di un esercito di orchi alieni, viene spedito dal padre sulla terra tramite un incantesimo, al fine di preservarne l’incolumità sua e della pietra magica che porta al collo. Passano vent’anni, e il nostro protagonista diventa una specie di Rambo con tanto di capelli lunghi, canottiera e fucile a pompa al seguito: proprio in queste fattezze viene improvvisamente rispedito al suo regno natio, ormai completamente soggiogato agli invasori di cui sopra. Inutile dire a chi toccherà sconfiggere il nemico e liberare la popolazione. Da queste premesse comincia la parte squisitamente ludica di Blackthorne, che, per farla breve, a livello di gameplay si presenta come una sorta di Prince of Persia decisamente più violento e con una connotazione più action. Il nostro eroe, dunque, si ritrova ad affrontare una serie di livelli divisi per quadri, impegnato a saltare di piattaforma in piattaforma e ad evitare trappole di vario genere alla guisa del principino di cui sopra, da cui però riesce a differenziarsi grazie al fucile a pompa di cui è equipaggiato sin dall’inizio. La funzione principale di suddetto strumento offensivo è ovviamente quella di fare strage di nemici: in questo senso, Blackthorne si distingue da prodotti analoghi (Flashback su tutti) grazie ad una peculiare mossa, effettuabile tramite la semplice pressione in su del D-pad, che permette al protagonista di “nascondersi” nel fondale, evitando così il fuoco nemico. Tale possibilità è concessa anche agli avversari, in modo tale da rendere le sparatorie di Blackthorne delle specie di duelli stile western, in cui la prontezza di riflessi nell’uscire allo scoperto e premere il grilletto è la sola determinante alla vittoria.
“Grazie, amico.” BLAM!
Lo scenario di Blackthorne non pullula però esclusivamente di trabocchetti e nemici, ma anche di schiavi incatenati alle pareti o costretti ai lavori forzati, nella fattispecie elementi della popolazione soggiogata dagli invasori alieni. L’interazione con questi personaggi permette di svelare particolari della trama, o ancora consigli su come risolvere gli enigmi, e in determinati casi può anche fruttare all’utente degli oggetti bonus. In tutta risposta, è possibile freddare i propri “compagni” con un singolo colpo di fucile, senza che questo influenzi il corso dell’avventura: semplicemente, Blackthorne permette ai giocatori più misericordiosi di lasciar vivere gli schiavi, ma non nega ai più sadici il piacere di ucciderli dopo averne ottenuto informazioni o oggetti. Come si può capire, dunque, Blackthorne si riconferma a distanza di tanti anni un’esperienza ludica decisamente piacevole, adattata con perizia alla struttura del Game Boy Advance dal team Mass Media. Il sistema di controllo si rivela comodo, in grado di gestire agilmente le non poche mosse del protagonista, e la novità dei ben sei slot disponibili per il salvataggio evita l’annoso sistema di password presente nella versione SNES. A livello tecnico, invece, scarseggiano i cambiamenti, con l’unico ritocco grafico dedicato alla struttura dell’inventario; certo, la cosmesi di Blackthorne risulta ancora oggi piacevole, in particolar modo per quanto riguarda le curate animazioni del protagonista, ma una mano di lifting non avrebbe guastato, magari per conferire più varietà ai fondali, piuttosto ripetitivi. Poco incisivo invece il sonoro, invariato rispetto all’originale, così come nessuna aggiunta è stata effettuata in termini di longevità: per quanto non cortissimo, Blackthorne è un titolo che non richiede molto tempo per essere completato, e non offre alcuno stimolo ad essere rigiocato.
Commento
Blackthorne, nonostante i quasi dieci anni di veneranda età, fornisce le stesse impressioni delle sue versioni originarie. Poco o nulla è cambiato a livello squisitamente tecnico in questa nuova edizione per Game Boy Advance, se si escludono i sei slot disponibili per il salvataggio e alcuni piccoli accorgimenti grafici. La sostanza rimane comunque quella di un action game solido, forse non indimenticabile ma comunque in grado di regalare all’utente delle genuine ore di divertimento, condite da un livello di difficoltà ben calibrato e da quella punta di violenza gratuita che non fa mai male. Considerando poi che nonostante le presso che nulle modifiche, il comparto cosmetico di Blackthorne risulta ancora piacevole, si può dire tranquillamente che il prodotto Blizzard merita perlomeno l’attenzione dell’utenza Game Boy Advance più matura.
- Pro:
- Gameplay solido ed avvincente
- Atmosfera dark decisamente particolare
- Graficamente piacevole
- Contro:
- Longevità non elevatissima
- Sonoro poco incisivo
- Ambientazioni piuttosto monotone
Parlando di Game Boy Advance, è oramai diventata consuetudine quasi quotidiana constatare l’arrivo di qualche nuovo remake. Un’attività, quella del ripescaggio nel passato, che vede come protagonisti principalmente titoli che, in un modo o nell’altro, hanno rappresentato dei punti fermi nella storia più o meno recente del videogioco. Capita, tuttavia, che nel grande circolo vizioso del remake ci finiscano anche dei giochi non propriamente “classici”, di quelli per intenderci che non vengono citati come paradigmi del genere nonostante le indubbie doti. Ed è proprio questo il caso di Blackthorne, notevole action game del ’94 che non ha però di certo lasciato un solco indelebile nella memoria della comunità videoludica. A maggior ragione, dunque, una ripassatina di questo tipo non può che far piacere…