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Call of Duty: World at War - Provato

Abbiamo provato un paio di livelli dell'attesissimo prossimo capitolo della celebre serie di Activision che torna alla Seconda Guerra Mondiale provando a non cambiare in qualità.

PROVATO di La Redazione   —   24/10/2008
Call of Duty: World at War
Call of Duty: World at War
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Paludi, aeroporti e città distrutte

L'ora di prova della versione Xbox 360 si è interamente concentrata sulla campagna e in particolare su due missioni tratte dalla prima metà dell'esperienza, Atterraggio Brusco e Sfratto. Nel primo caso si vestono i panni di un soldato americano in forza nel Pacifico e con l'obiettivo di prendere un aeroporto di strategica importanza per i rifornimenti e l'approvvigionamento delle truppe; lungo il cammino una palude e poi una grande piana con alcuni edifici distrutti si sono dimostrati perfetti per conoscere il nemico giapponese e le sue strategie fatte di imboscate e drammatici attacchi all'ultimo sangue con tanto di baionetta, mentre al giocatore non resta che affidarsi al nuovo lanciafiamme e ai sempre credibili movimenti dei compagni. Più classica, Sfratto riporta invece in Europa e chiede di unirsi alla compagine russa in una Berlino oramai capitolata, all'interno di un enorme edificio distrutto e poi nelle strade per una spettacolare avanzata nella speranza di sfuggire all'imminente bombardamento. In entrambi i casi la prima cosa a saltare all'occhio è il solito ottimo scripting delle scene, capace di raccontare la tragicità degli eventi e di renderla interattiva chiedendo ad esempio di sventare esecuzioni o, una novità per quanto marginale, di decidere in che modo togliere la vita a tre tedeschi intrappolati sul fondo delle scale che portano alla metropolitana, se con una dignitosa raffica di mitra o bruciati vivi con le molotov tra atroci sofferenze.

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Paludi, aeroporti e città distrutte

Alla sempre efficace narrazione si somma una giocabilità altrettanto rodata, con parecchie armi e un buon feedback garantito da ciascuna di esse, automatiche o no, tedesche o americane, giapponesi o russe. L'unicità e la differenziazione coinvolgono anche le granate che vanno da quelle classiche fino alle più esotiche fumogene e incendiarie; ogni situazione dà l'impressione di portare naturalmente a capire quale soluzione sia la migliore di volta in volta. Nessuna rivoluzione ma tante conferme quindi, per un gameplay che sembra poter offrire qualche novità soprattutto nel modo in cui certe scene sono orchestrate: con il piano sovrastante in fiamme e il fumo che invade anche i livelli adiacenti, verrà consigliato di muoversi, combattere ed eventualmente morire accovacciati, così da non vedere diminuiti vista e riflessi. Troppo poco è stato giocato per potersi esprimere sul livello di difficoltà che, ai suoi picchi più elevati, ha sempre rappresentato uno dei difetti della serie rendendo frustranti certi passaggi.

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Esplosioni guidate e un solido aspetto

Controllare la visuale in prima persona è estremamente immediato grazie ai consueti controlli che affidano a grilletti e dorsali le operazioni di mira, sparo e lancio delle bombe, mentre le sessanta immagini al secondo - con pochissime incertezze - sono una rarità che premia in realismo e immediatezza nella risposta. Nonostante sia una moda oramai consolidata, si è scelto di non inserire alcun sistema di copertura e nascondersi accovacciati dietro a casse e muretti sembra una soluzione ancora valida anche se i nemici, altrimenti dotati di un'intelligenza artificiale a tratti incapace di rivelargli la presenza del giocatore alle spalle anche dopo diversi colpi, sembrano essere un po' troppi rapidi e precisi nel lanciare le granate proprio accanto al nascondiglio, costringendo a uscirne prontamente.
Tecnicamente il motore è il medesimo di Modern Warfare e si vede, ponendo l'impatto visivo dei due praticamente sullo stesso livello e lasciando che le differenze le facciano poi il lavoro artistico e la scelte delle ambientazioni. L'unico vero difetto notato nel corso della prova è stato una non sempre perfetta gestione nella collisione dei poligoni, mentre i modelli dei soldati si distinguono per la buona diversificazione sia fisica che dei tratti somatici, le superfici per una notevole quantità di dettagli e gli effetti particellari per credibilità. Belli anche i filmati di intermezzo che ancora una volta uniscono foto e cartine geografiche a filmati da archivio storico e altri prodotti con il motore del gioco. Sul fronte sonoro belli gli effetti ma anche i molti dialoghi, forti di una buona scrittura e di un doppiaggio in italiano anch'esso piacevole. Atteso e chiaccherato, Call of Duty: World at War è in dirittura d'arrivo e tra poche settimane sarà possibile sapere quanto Treyarch si sia avvicinata al suo pesante metro di paragone; nel frattempo tante sensazioni positive a fronte di un numero minore di aspetti da registrare.

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