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Contact

Goichi Suda ci riprova e stavolta ha scelto un genere decisamente diverso da quello del già insolito Killer 7. Riuscirà a stupire ancora una volta, magari mettendo anche d’accordo la critica?

ANTEPRIMA di La Redazione   —   24/04/2006
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Proprio come Olimar

Una schermata stile Commodore 64: è questo il modo tutt’altro che invitante in cui si viene accolti appena acceso il DS. Dalle austere scritte bianche in campo blu, che faranno la felicità dei nostalgici più intransigenti e tramite le quali è possibile scegliere se iniziare una nuova partita o continuarne una salvata, trasuda già copiosa la particolarità estetica e stilistica del gioco, ma c’è ben poco tempo per riflettere sugli usi che della grafica sembra voler fare Contact, perché presto arriva il momento di inserire i dati del giocatore. Il primo personaggio a calcare le scene di questo strampalato teatro in miniatura non è un eroe preconfezionato, senza macchia e senza paura, e nemmeno un antieroe solitario e misantropo. I protagonisti siamo noi, in carne ed ossa. Mancanza di intermediario fra il gioco e il giocatore? Tutt’altro. La trama fa uso non di uno, ma addirittura di due “telefoni senza fili” che collegano con un ponte ideale i tre personaggi principali: in qualche modo riusciamo infatti a contattare il Professore, un bonario (?) vecchietto che, attaccato senza apparente motivo, vede l’astronave su cui viaggia precipitare schiantandosi sulla superficie di un vicino pianeta. Come in un novello Pikmin, i cristalli di energia che alimentano il veicolo spaziale si sparpagliano in ogni dove, e va da sé che se il Professore vuole ripartire sarà obbligato a ritrovarli tutti. Il problema è che non sa come muoversi, né come iniziare la sua ricerca: dopotutto, il mondo su cui si trova gli è completamente sconosciuto. Come fare? Semplice, si contatta un indigeno, nella fattispecie il giovane Terry, e gli si chiede di andare alla perigliosa ricerca, mentre noi si rimane comodamente seduti in poltrona. Il duplice passaggio delle comunicazioni crea un humus adattissimo a sviluppare non solo una trama con i controfiocchi, ma anche una serie di assurdità senza paragoni, ed è proprio quello che accade. Se da un punto di vista prettamente giocoso si può comunque comandare direttamente Terry, il personaggio che effettivamente si muove nell’overworld combattendo ed esplorando, da quello dell’ambiente e dell’atmosfera non si era senz’altro mai visto un risvolto del genere: il massimo finora era stato Baten Kaitos, con la sua intelligente gestione della doppiezza del protagonista.

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Contact = Earthbound?

Quando le prime schermate di Contact si diffusero da un fantomatico sito giapponese (in realtà quello ufficiale del gioco), in molti si chiesero se per caso Nintendo non avesse nei piani un nuovo episodio di Mother, conosciuto negli USA come Earthbound. Il terzo capitolo su GBA è stato poi effettivamente annunciato, ma questa è un’altra storia. Quello che sorprende è che, grafica a parte, anche alcuni momenti del prologo di Contact ricordano da vicino il grande classico. Al giocatore viene infatti chiesto di immettere il suo nome, il nome della città in cui si inizia l’avventura, il proprio hobby, cosa piace e cosa si odia. Molto simile anche la dose di humor e di dialoghi strampalati.

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Lotta per cuochi

Il sistema di gioco è apparentemente semplice nell’ossatura, ma potenzialmente complesso ed appagante in tutto ciò che ne deriva. Per la maggior parte del tempo si vaga in scenari ricolmi di nemici: quando questi ultimi sono sufficientemente più forti di noi, ci rincorreranno per attaccarci, e a quel punto potremo decidere se attendere la loro iniziativa o se lanciare per primi il guanto di sfida. A questo punto, il combattimento procederà automaticamente, più o meno come in Final Fantasy XI, e se possiamo rivaleggiare con la forza dell’avversario ne avremo ragione. I mostri più deboli, invece, girano convenientemente alla larga. Tutto qui? Nient’affatto: a seconda del grado di riempimento di un’apposita barra, si possono eseguire diverse tecniche speciali, che spesso si rivelano indispensabili per guadagnare la vittoria. Tutte le proprie capacità di attacco e di difesa sono controllate da una serie di statistiche che possono essere alzate in tempo reale semplicemente combattendo, ma tecniche ed equipaggiamento si acquisiscono solo previo ottenimento di un determinato capo di vestiario. Esatto: come in un perpetuo Carnevale, nascosti nei luoghi più inaspettati vi sono diversi abiti caratteristici, che si conquistano completando quest assurde (nonché spesso irresistibilmente umoristiche) e donano, oltre alla possibilità di equipaggiare uno dei tre diversi tipi di armi reperibili nel gioco, anche alcune abilità ben precise. L’esempio più usato finora è quello dell’abito da cuoco, che permette di utilizzare la cucina per elaborare gli ingredienti allo stato grezzo e di usare i piatti così ottenuti per ripristinare la salute o migliorare alcune statistiche, ma non è che la punta dell’iceberg. Tutto Contact è una sorta di enorme guardaroba e questo sistema sembra essere il vero punto nodale dell’esperienza.

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Questione di stile

Salterà immediatamente all’occhio dei più la discrepanza dello stile grafico che divide i due schermi del DS. Il touch screen, sul quale si svolge “il grosso” dell’avventura, ospita uno stile curato, morbido e pastelloso che ricorda un JRPG bidimensionale della migliore tradizione Square Enix. Lo schermo superiore, dal quale il Professore pontifica facendo osservazioni taglienti nei nostri confronti, è invece animato da una simpatica grafica pixellata e decisamente super deformed, dai colori elementari e dalle forme ancor più stilizzate. Bisogna vederlo per capire quanto la divisione dell’estetica sia funzionale allo spirito del gioco e gli conferisca quell’alone enigmatico che è parte integrante del suo fascino. Trattandosi di un titolo che pone pesantemente l’accento sul “contatto” in tutte le sue forme, poi, non poteva mancare una modalità online, anche se al momento non è affatto chiaro come questa caratteristica verrà sfruttata. Alcuni suppongono che si potranno dare delle istruzioni congiunte al protagonista su schermo, altri che grazie ad essa ci si scambierà informazioni e si influenzerà il corso del gioco sull’apparecchio ricevente, ma data l’ovvia difficoltà nel provare una funzionalità del genere al momento, sarà necessario attendere che il titolo arrivi in Europa per poterla provare estesamente. Nel frattempo, una sola cosa è certa: se tutte le componenti del gioco saranno effettivamente dosate alla perfezione, la miscela potrebbe rivelarsi davvero esplosiva.

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“Squadra che vince non si cambia” sembra essere tutto l’opposto del motto che guida la mano del team Grasshopper, derivato da Capcom. Non solo gli uomini capitanati dal buon Suda sperimentano un nuovo tipo di gioco ogni volta che mettono mano ad un progetto, ma i titoli che escono dai loro studi sono quanto di più eccentrico si possa concepire, anche (e forse soprattutto) all’interno del loro genere di appartenenza. È facile restare disorientati di fronte alla trama folle e alle deliranti crudeltà di un Killer 7, così come è facile che gli acquirenti giapponesi siano rimasti spiazzati guardando la schermata del titolo e l’inizio di Contact. Malgrado le vendite non esaltanti, frutto forse di un battage pubblicitario quasi inesistente, la nuova fatica targata Grasshopper dà l’idea di essere sorprendentemente fresca, divertente da giocare e piena zeppa di caratteristiche deliziosamente peculiari. Per quale motivo Contact potrebbe essere uno degli RPG più intelligenti e ben fatti a giungere in questo periodo su DS? Ci arriviamo tra un attimo.