La qualità di un gioco va testata solo quando questo è disponibile nella sua forma completa, ma le sue meccaniche e le motivazioni che hanno spinto il publisher a dare l’ok allo sviluppo si possono discutere anche prima, è il semplice e fondamentale concetto che ci permette di fare delle anteprime: sulla base di ciò, non ci appare più tanto straordinario che Square Enix non abbia deciso, per il suo primo gioco Wii, di fare un Dragon Quest che si immettesse nel filone dei JRPG che tanto successo e notorietà hanno portato alla saga, ma invece di puntare su meccaniche decisamente più action e, forse, più digeribili per i giocatori occasionali. Swords infatti fu annunciato anche prima che il Wii uscisse, doveva essere addirittura un titolo di lancio, e tanto mistero circondava ancora la console Nintendo e soprattutto il successo che avrebbe potuto raggiungere. Un “contentino” giusto per testare le acque prima di lanciarsi in investimenti ben più impegnativi? In realtà, sembra proprio di no…
Asso di Spade
E’ inutile dilungarsi su Dragon Quest come RPG: vi basti sapere, ma è probabile che lo sappiate già, che la saga è fondamentale per l’evoluzione del genere, che sono tutti gran bei giochi ma soprattutto che i Giapponesi la amano alla follia, anche più di Final Fantasy, e che ad ogni nuova uscita nella serie principale si verificano regolarmente scene di delirio collettivo ed isterismo di massa come nella miglior tradizione nipponica. Non stupisce pertanto che Enix prima e Square Enix poi abbiano sfruttato il fenomeno fin nei recessi più lontani nei quali i responsabili del marketing si possano addentrare (e alcuni sono molto lontani…), recessi dei quali Kenshin Dragon Quest, anno 2003, non è certo il più bislacco. Tale prodotto era un videogioco “stand alone”, cioè che non girava su alcuna console ma aveva un hardware dedicato, destinato ai non appassionati della serie, in virtù del fatto che le meccaniche da JRPG erano quasi del tutto abbandonate in favore di un’azione in prima persona, da controllare addirittura con una vera e propria riproduzione in miniatura della Hero’s Sword della saga: di base, il giocatore seguiva un percorso lineare, e quando si presentavano davanti a lui i nemici, tutti tratti dalla serie regolare, il metodo per farli fuori era eseguire dal vero i colpi di spada che poi il protagonista del gioco avrebbe riprodotto virtualmente. Non dev’essere parso vero quindi, soprattutto considerando l’ottimo successo che il gioco ebbe ai tempi, ai responsabili di Square Enix l’apprendere che il rivoluzionario sistema di controllo che Nintendo aveva in mente per il suo Revolution si presentava assolutamente ideale per un seguito di Kenshin.
il metodo per farli fuori era eseguire dal vero i colpi di spada che poi il protagonista del gioco avrebbe riprodotto virtualmente
Asso di Spade
Dragon Quest Swords condivide con il suo predecessore spirituale la meccanica di base, l’impostazione in prima persona e l’accento sull’azione, ma ovviamente tutti i concetti vengono espansi sia per quanto riguarda il gameplay che la presentazione. Innanzitutto, l’esplorazione è adesso libera all’interno delle città e di quegli ambienti dove non ci sono nemici, anche se limitata dal fatto di doversi svolgere tutta col solo ausilio della croce direzionale e quindi “digitale” e poco adatta per un titolo in prima persona; nel mondo di gioco vero e proprio invece, quello dove si possono anche incontrare le creature avversarie, potremo andare solo avanti o indietro. Poi il combattimento, e qui c’è da sbizzarrirsi… Si parte dalle innovazioni rese possibili dal fatto che la tecnologia del Wiimote è superiore rispetto a quella dell’hardware di Kenshin, ed ecco quindi che, sebbene il gioco continui a riconoscere solo otto possibili direzioni dei nostri fendenti, avremo accesso anche ad un’infilzata, nonché alla possibilità di lock-on di un determinato nemico (o di un determinato punto di un nemico) semplicemente puntando il telecomando e premendo A. Poi ci si potrà difendere: con B si porterà sullo schermo uno scudo trasparente, che difenderà il punto individuato dal Wiimote. Nel caso di un colpo di spada starà a noi individuare quale punto difendere, mentre un colpo da lontano verrà segnalato da una brevissima apparizione di un’icona luminosa; inoltre la difesa comporta anche la possibilità di ricacciare indietro i proiettili, ma stavolta con la spada. E poi ci sono le magie, da indirizzare sempre puntando il telecomando allo schermo, e non meno di dodici colpi speciali, da selezionare in un apposito menu e da eseguire, previo riempimento della barra dedicata, eseguendo combinazioni di gesti più complesse del normale. Tanta azione quindi, che promette di essere frenetica e divertente se ben studiata: immaginate un nemico, magari un boss, che richieda di puntare a diverse parti in successione, eseguire delle combo di fendenti diversi, poi passare alla difesa e infine eseguire una mossa speciale complicata, il tutto in pochissimi secondi… Al termine dello scontro potreste essere un po’ stanchi, ma anche tanto soddisfatti e divertiti…
Dragon Bal… Ehm, Quest!
La componente RPG è, d’altro canto, fortemente ridimensionata, ma non assente: abbiamo già detto che solo le città sono esplorabili liberamente, ma qui potrete interagire con gli NPC e anche comprare e vendere oggetti dai negozianti. Inoltre occasionalmente disporrete di un vero e proprio party, con gli altri personaggi controllati dall’intelligenza artificiale che vi potranno dare una mano con la magia e la difesa. Sulla storia non sono trapelati molti dettagli, per il fatto che, nonostante il gioco sia uscito ormai da un bel po’ in Giappone, ovvie barriere linguistiche impediscono a molti occidentali di farsene un’idea precisa che vada oltre quelle che sembrano le premesse stabilite sin dal titolo, di una Regina Mascherata e di una Torre degli Specchi… Ma se volessimo giudicare anche la portanza della storia in base a ciò che gli americani chiamano “production values”, ossia, fondamentalmente, a quanto è stato speso per grafica, sonoro, valori artistici e così via, c’è di che essere ottimisti e anche tanto. A dissipare ogni dubbio su quanto Square Enix ritenga importante il gioco, basterebbero tre nomi: Yuji Horii, Akira Toriyama e Koichi Sugiyama. Questi tre figuri sono, rispettivamente, il game designer, il character designer e il compositore storici della serie regolare, e tornano, negli stessi ruoli, anche in Swords. La cosa è immediata nel caso di Toriyama, illustratore celeberrimo anche da noi, che da sempre presta il suo tratto caratteristico al mondo di Dragon Quest, ma dovrebbe far piacere anche nel caso delle belle musiche orchestrali di Sugiyama e, per quanto riguarda Horii, beh, se i Dragon Quest son così amati in patria, un motivo deve esserci!
A dissipare ogni dubbio su quanto Square Enix ritenga importante il gioco, basterebbero tre nomi
Dragon Bal… Ehm, Quest!
Swords è, inoltre, il primo DQ ad essere uscito doppiato in Giappone, all’ottavo episodio su PS2 le voci furono aggiunte solo per l’uscita occidentale, e graficamente si presenta dettagliato, colorato, ricco di effetti speciali e dalla fluidità ancorata sui 30 fps, senza dubbio la miglior performance di una terza parte su Wii. Un titolo, insomma, pienamente inserito nell’universo narrativo della saga, dalle meccaniche action promettenti e dai valori artistico/tecnici di indubbio pregio: ce n’è abbastanza per interessarci, no? Ebbene, se vi fidate del giudizio della critica e del pubblico giapponese le promesse sono state mantenute, ma non del tutto: le valutazioni sono tutte positive ma non eccelse, e da Luglio il titolo non è andato oltre il mezzo milione di venduto. Inoltre, sembra che la longevità si attesti sulle dieci ore, forse anche un po’ sotto la media di un action moderno… Ma i giudizi definitivi li tireremo solo in Primavera, quando il gioco uscirà dalle nostre parti tradotto in Italiano e Multiplayer vi proporrà la sua recensione. Nel frattempo, nonostante i dubbi, potete iniziare ad affilare la spada…