La naturale classificazione in cui ricade ogni capitolo della serie di Fallout, tolti gli spin off come Tactics e Shelter, è sempre stata quella di gioco di ruolo: prima con visuale isometrica, poi in prima/terza persona, ma sempre di GdR si è trattato. Eppure l'universo di Fallout è composto da elementi fortemente orrorifici, e non parliamo degli abomini mutati della zona contaminata. È qualcosa di ben più spaventoso, posto alla luce del sole, ma che il cervello dei videogiocatori il più delle volte preferisce non processare. E nel cercare di carpire la vera essenza di Fallout gli sceneggiatori di Amazon Prime hanno fatto un lavoro eccellente, cristallizzando nella serie TV uscita lo scorso aprile ciò che di questo universo narrativo terrorizza.
Permetteteci quindi di prendervi per mano per esplorare il vero orrore di Fallout.
Origini cupe
L'atmosfera un po' scanzonata che ormai associamo a Fallout l'ha portata nella serie Bethesda, con l'acquisizione dei diritti della licenza. È la firma che lo sviluppatore ha voluto imprimere al prodotto, seguendo un po' il cambio di tono già intrapreso da Black Isle Studios con il secondo episodio. Giocando al primo capitolo di Fallout si percepisce una costante pesantezza, un'atmosfera cupa che raramente viene alleggerita da momenti sarcastici o allegri. Un prodotto decisamente figlio degli anni in cui è nato.
Gli anni '90 sono stati un decennio molto particolare, già solo per essere stati l'ultima manciata di anni prima del salto di millennio... e chi c'era si ricorderà quando questo tema era particolarmente sentito. Sono stati teatro della guerra del Golfo, dei sanguinosi conflitti che hanno devastato l'est Europa, senza contare gli strascichi della Guerra Fredda. La cultura pop, stanca di quell'ottimismo quasi forzato che ha animato il decennio precedente e scossa dai cambiamenti socio-politici, si è fortemente ribellata. Il risultato sono state produzioni letterarie, cinematografiche e musicali più arrabbiate, graffianti e disilluse.
Ed è da questo brodo che nasce Fallout, un'avventura post-apocalittica che racconta di quanto sia facile per un essere umano perdere la propria umanità. Giusto per avere un'idea di massima: nei primi due capitoli è possibile raggiungere la reputazione di Childkiller, che viene assegnata se si uccidono almeno tre bambini.
In prestito dal cinema horror
A rafforzare questo orrore disilluso ci sono alcuni elementi visivi dei primi due capitoli, su tutti una certa predilezione per gli sbudellamenti. Nonostante la grafica non così pulita, in Fallout 1 e 2 ci sono numerosi momenti di violenza decisamente esplicita, seppur mai gratuita: brutali assassinii, pozze di sangue, corpi smembrati in armature atomiche e corpi che si disintegrano divorati da virus e radiazioni. Nella realizzazione del sonoro e della grafica poi sono venuti in soccorso alcuni espedienti già usati dal cinema horror e grottesco.
Per abitudine tendiamo ad associare alla serie brani anni '40 e '50 che variano dal jazz passando per il rockabilly. Ma la musica del primo capitolo era ben diversa. A curarla fu Mark Morgan, che diede vita a brani di accompagnamento suggestivi ma minacciosi. Si tratta per lo più pezzi ambient, che uniscono i suoni del deserto desolato, il clangore delle macchine e i lamenti in lontananza di un motore morente o di un predatore mutato. Un lavoro molto simile a quanto fatto nel lungometraggio sperimentale diventato cult Eraserhead - La mente che cancella, di David Lynch. Quello realizzato da Morgan è un accompagnamento musicale che non rilassa, ma anzi inquieta, che tiene in tensione il giocatore, ricordandogli costantemente quanto la zona contaminata sia un posto pericoloso.
Altra tecnica presa in prestito dal cinema horror, è la realizzazione dei personaggi non giocanti di Fallout. In gergo, i volti in prima persona dei personaggi incontrati vengono chiamati Talking Heads, (letteralmente teste parlanti), per distinguerli da tutte le comparse secondarie che comunicano solo con linee di testo. Le Talking Heads hanno un viso animato e dialoghi doppiati, ma non sono realizzate in modo completamente digitale. La prima parte di progettazione infatti passò attraverso la realizzazione di teste in scala 1:1 di argilla, successivamente scannerizzate con i primi programmi di renderizzazione digitale e infine animate.
A escogitare quest'idea fu uno degli artisti principali di Interplay, nonché tra i padri dell'universo di Fallout, Leonard Boyarsky. Creare un soggetto con una tecnica artigianale per poi aggiungere animazioni o dettagli digitalmente è qualcosa che il cinema fa da molto tempo, una tecnica ampiamente usata negli effetti speciali prostetici del genere body-horror, a cui appartiene La Cosa (1982) di John Carpenter. E guardando alcuni personaggi del primo Fallout, su tutti il Master, si ha davvero l'impressione che Fallout sia uscito da un body-horror movie.
Il vero orrore
Lo dicevamo in apertura, non sono i mutanti o gli schizzi di sangue a rendere spaventoso Fallout. Il vero orrore si nasconde dietro un sorriso smagliante e un pollice alzato, che non si capisce se sia un gesto di incoraggiamento o un modo molto approssimativo di misurare la vicinanza di un fungo atomico. La mascotte della Vault Tech è il vero emblema horror, sia osservando le piccole storie che riguardano i rifugi creati dalla mega corporazione che le vicende generali della serie.
A livello narrativo, i Vault sono il perfetto scenario in cui uno scrittore può sbizzarrirsi: piccole bolle isolate nelle quali raccontare raccapriccianti storie dell'orrore. Si potrebbe fare un intero show antologico dove ogni episodio racconta l'ascesa e la fine di un Vault, come Loro o Black Mirror. Questo è forse il motivo per cui la linea narrativa più avvincente della serie TV è data sia dai misteri del Vault 4 che del triangolo 31-32-33. Ed è proprio il climax del bunker che ha dato rifugio a Lucy che svela l'orrore su larga scala di Fallout.
Il resto del paragrafo contiene spoiler sulla serie TV di Fallout.
La verità dietro la Vault Tech
Sarebbe troppo riduttivo sintetizzare con un "il vero mostro è l'uomo", cosa che comunque il cinema horror ha raccontato al pubblico per anni con decine di zombie movie. Perché nell'universo di Fallout l'orrore si consuma ben prima dello scoppio degli ordigni nucleari, si concretizza quando ancora c'è progresso, una struttura sociale, tecnologia, politica e soprattutto business. Lo vediamo nitidamente nella scena della riunione segreta delle multinazionali, quando gli architetti dell'apocalisse decidono come spartirsi i Vault e cosa farci dentro. E molte delle idee che propongono, così su due piedi, i giocatori le conoscono bene: "Potremmo intenzionalmente sovrappopolare un Vault e lasciare che gli abitanti lottino per la loro sopravvivenza", Vault 34. "Che ne dite di uno dove sviluppare super soldati usando immigrati illegali?", Vault 87. "E se pompassimo sostanze psicotrope nei condotti di ventilazione?", Vault 106. "Se dividessimo i genitori dai figli e testare chi riesce a raggiungere la maggior età?", Vault 75.
Ma la cosa più spaventosa del progetto Vault Tech è quella più reale, quella più vicina a noi. I conflitti che fanno galoppare l'Orologio dell'apocalisse in Fallout sono causati dalla scarsità delle risorse. In breve: tutti sono in guerra per litigarsi il petrolio. Un olocausto nucleare all'orizzonte è una minaccia perfetta per vendere non sogni ma solide realtà, e così fa la Vault Tech. I suoi bunker non sono altro che la manifestazione capitalista della paura. Tutto ha un prezzo, anche il terrore di morire sotto una bomba. E se non fa paura questo, beh, non sappiamo cosa altro possa farvi accapponare la pelle.