Fallout 3 segna il ritorno di un brand storico per l’utenza PC e uno degli RPG più attesi del 2008, e abbiamo avuto la fortuna di prendere visione di una nuova beta del gioco per mano di Pete Hynes, responsabile PR e marketing di Bethesda, che ha rilevato i diritti del brand Fallout e che si sta dedicando allo sviluppo. Il compito non è facile, dato che l’affetto delle migliaia di fan in tutto il mondo porterà con sé un’attenzione spasmodica degli stessi per tutti quei cambiamenti che necessariamente verranno fatti alla struttura che, da una visuale in isometrica con i combattimenti rigorosamente a turni, passa a quella 3d tipica di un FPS – con la possibilità di giocare in terza persona come con Oblivion – e con una serie di novità che cominciano ad affiorare. Vediamo di fare il punto della situazione.
Nascita di un eroe
Di Bethesda si possono dire molte cose, di certo non si può negare che sappiano come implementare idee per lasciare il segno con ogni loro produzione. L’inizio di Fallout 3 ne è un esempio lampante con la visuale in prima persona dagli occhi dell’eroe appena nato nella sala parto, con il padre medico che parla con la madre che non ci è dato vedere. La poveretta, che non sopravvivrà, chiede se il neonato sia un bambino o una bimba e, dopo che il giocatore sceglie “Maschio” o “Femmina”, il padre si rivolge alla donna comunicandole il sesso. In questa fase, ad ogni pressione del tasto “A” corrisponde il pianto del pargoletto. Ed è l’unica azione possibile, mentre si cerca di scrutare il volto di nostro padre, che però è coperto dalla mascherina da chirurgo. Questo perché il suo volto ricorderà nelle fattezze quello del nostro personaggio, che però viene deciso con l’editor solo dopo la nascita.
Da qui iniziano una serie di fasi di crescita, che funzionano sostanzialmente da tutorial. Ad un anno, ci si aggira nella stanza da bambini a gattoni (con salti un po’ sproporzionati), con nostro padre che ci insegna ad interagire col mondo e col pulsante “A” che ci permette solo di chiamarlo con un “Dad!”, papà! Qui, finalmente, si entra in possesso di un piccolo libro, che diventa il pannello di gestione delle statistiche del personaggio coi punti esperienza che possono essere attribuiti ad ognuna delle skill, via via che si sale di livello (come nei precedenti episodi si tratta dello SPECIAL, che sta per Strength, Perception, Endurance, Charisma, Intelligence, Agility e Luck. Ovvero le skill dell'eroe).
Si passa poi alla festa per il nono compleanno, con tutti gli amici che abitano Vault 101 che vengono a farci i regali, tra i quali spicca il Pip-Boy, un bracciale iper tecnologico che funge da interfaccia per la gestione degli item e delle mappe per tutta la durata dell’avventura.
Il padre invecchiato che guarda con aria triste e che cerca di tirare fuori il meglio da una festa di compleanno per un bambino che vive in una comunità di esiliati sotto terra per via delle radiazioni che la devastano. Qui si impara ad interagire coi personaggi, con le decine di soluzioni possibili per ogni conversazione, con il compagno di giochi che ci chiede una fetta di torta e con il protagonista che può spingersi fino ad un “Volentieri, ma prima ti ci sputo sopra!”. Con tutte le conseguenze del caso, che annunciano tutte le possibili fazioni differentemente influenzabili e che andranno a dare vita al mondo di relazioni che sarà possibile intessere una volta usciti alla luce di questo mondo desolato. Cosa che accadrà a 19 anni, quando nostro padre scompare senza lasciare traccia, spingendoci a lasciare Vault 101 per sempre.
Il miglior amico di un sopravvissuto!
In Fallout 3 torna “Dogmeat”, un randagio che come un satellite ci accompagna nel nostro girovagare e che va accudito e curato, dato che ci può essere di grande aiuto nei combattimenti (il team sta ancora ultimando il bilanciamento delle skill del cane, per far sì che non sia troppo forte). I comandi che gli si possono impartire sono piuttosto semplici e corrispondono grosso modo a quelli che si possono dare alla squadra di soldati di un Rainbow Six o di un Ghost Recon, con la differenza che lo si può mandare a cercare armi, cibo o altri item dispersi nell'area in cui ci si trova. Con il limite dovuto al peso complessivo degli oggetti trasportabili che dipende da quanti punti esperienza sono stati investiti nella forza del personaggio.
L’incontro col cane avviene in un cimitero d’auto, con un mutante che lo assale e il nostro eroe che ne prende le difese guadagnandosene l’amicizia instancabile. Bisogna fare attenzione però, perché di Dogmeat ce n’è uno solo e se lo lasciamo morire, non ci sarà modo per riportarlo in vita, né ci saranno altri animali da reclutare alla nostra causa. L’incontro col quadrupede è anche l’occasione per Pete di mostrarci la fisica che diligentemente si prende cura delle reazioni a catena che regolano la vita dei fondali di Fallout. Come in Oblivion non sono poi moltissimi gli elementi interattivi dell’ambiente, ma far esplodere una macchina tra quelle accatastate, provoca una serie di botti in grado di modificare palesemente la conformazione delle pile di carcasse d’auto, nonché in grado di levare energia a tutti i nemici che si trovano nei pressi.
Come detto, i combattimenti possono essere affrontati in soggettiva ed in tempo reale, esattamente come se si trattasse di un FPS con le armi in primo piano e le animazioni di ricarica, oppure con un sistema a turni, attivabile facendo spuntare l’apposito menu. A quel punto, una griglia verdastra si sovrappone al corpo dell’avversario preso di mira, evidenziandone le diverse parti del corpo, dal busto, alle braccia, alla testa. Ogni parte che si voglia colpire ci costa una serie di Action Points, esauriti i quali inizia il turno, in cui il nostro eroe spara in automatico alle parti assegnate come bersaglio, mentre la telecamera passa in terza persona evidenziando con repentini cambi d’inquadratura le diverse fasi dell’azione (con anche il bullet time ad evidenziare i momenti più spettacolari). Non c’è nessuna differenza tra i danni che si infliggono in soggettiva e quelli che si fanno utilizzando il sistema a turni, così come non c’è differenza nel bonus di esperienza che si ottiene a fine combattimento. La scelta resta completamente nelle mani del giocatore che deve decidere quale dei due sistemi preferisce. La domanda spontanea che sorge è per quale motivo si dovrebbe mai optare per il più lento sistema a turni, piuttosto che quello immediato in soggettiva. La risposta sarà probabilmente negli scontri con più avversari, che potranno essere selezionati più facilmente col sistema a turni evitandoci il compito di mirarli di volta in volta, oppure nei combattimenti con mostri corazzati. Prenderne di mira le parti deboli o esposte sarà molto più agevole grazie alla griglia che ne metterà in evidenza le diverse membra e il loro grado di danneggiamento.
Una terra ostile
Rispetto a Oblivion, gli sviluppatori sembrano puntare più ad una maggior complessità delle singole quest, che potranno essere portate a termine in modi diversi, piuttosto che ad un mondo in completo free roaming. Nelle lande radioattive di Fallout sarà possibile incontrare gruppi di umani e mutanti in lotta fra loro, e starà al giocatore decidere come e se intervenire, aiutando una fazione o l’altra e dando seguito a diverse sotto missioni. Grande attenzione, ovviamente, alle statistiche di armi e armature, ognuna con i suoi pro e i contro, in puro stile RPG. Persino i nemici saranno in grado di compiere valutazioni sulla bontà delle armi reperibili nelle diverse aree, e saranno in grado di decidere di abbandonare un’arma sostituendola con un’altra raccolta dal cadavere di un loro compagno, se più efficace o potente.
Il motore è stato migliorato in tutto e le aree che abbiamo visto testimoniano un livello di dettaglio piuttosto alto, con un frame rate ancorato a 30 frame in qualsiasi situazione. C’è ancora del lavoro da fare per le animazioni, che se in un cappa e spada come Oblivion, pur non perfette, potevano apparire meno problematiche, spostandosi in un campo come quello degli FPS, hanno la concorrenza di esponenti di primissimo piano e quindi mostrano il fianco a qualche critica in più. Di tempo ce n’è ancora molto ed è però già indubbio che siamo di fronte ad un’altra produzione di primo piano, con l'engine di Oblivion che ha fatto passi da gigante sotto ogni aspetto. Una di quelle produzioni che hanno fatto la fortuna del marchio Bethesda. Ovviamente, disponendosi ad accettare l’evoluzione che il team sta facendo compiere alla saga di Fallout, il cui fascino è indubbio ancora oggi.