Quando Final Fantasy VII ha raggiunto le sponde di PlayStation, sostenuto da una campagna marketing che tutt'ora figura nell'elenco delle più ricche di tutti i tempi, diversi fattori hanno contribuito a trasformarlo nella triplice pietra miliare che avrebbe segnato al tempo stesso il destino di Squaresoft, quello del genere JRPG e di PlayStation in quanto piattaforma. L'abbagliante implementazione delle sequenze in computer grafica più avanzate dell'industria, l'adattamento all'architettura tridimensionale di una formula che si pensava sulla strada dell'obsolescenza, ma soprattutto la messa in scena del grande romanzo on the road che - raccogliendo l'eredità degli anime dell'età dell'oro - portò all'esplosione della cultura pop giapponese anche sulle sponde occidentali, furono alcuni dei tasselli fondamentali nel grande mosaico realizzato da Hironobu Sakaguchi e Yoshinori Kitase, un'opera che nel corso degli anni ha fatto innamorare decine di milioni di persone.
Ma ci fu un momento particolare che segnò uno spartiacque nella storia dell'industria, garantendo a Final Fantasy VII quello stato di culto che oggi gli ha concesso di ricevere il trattamento remake più corposo e impegnativo che il medium abbia mai conosciuto. Un istante che, ovviamente, è finito nel pieno del vortice di rimaneggiamenti e modifiche alla messa in scena che stanno caratterizzando la grande riedizione a firma di Square Enix, impegnata a inseguire l'obiettivo di attualizzare l'opera, di accattivarsi le simpatie di un pubblico estremamente eterogeneo, ma soprattutto di risvegliare l'interesse tanto dei veterani quanto degli ultimi arrivati alla festa.
È arrivata l'ora di parlare del finale di Final Fantasy 7 Rebirth, commentando quelle modifiche alla sceneggiatura che nella nostra recensione abbiamo definito "inutili, ruffiane e a tratti anche assurde". Speriamo non ci sia bisogno di precisare che questo articolo contiene pesantissimi spoiler tanto di Rebirth quanto dell'edizione originale di Final Fantasy VII.
Cambiamenti alla trama? Non proprio
Al termine di Final Fantasy 7 Rebirth, nel mezzo della candida Capitale Dimenticata in cui dimoravano i Cetra, la bella e purissima Aerith muore trafitta dalla spada Masamune di Sephiroth. Non servono troppi giri di parole per introdurre l'argomento, tocca andare subito al sodo: al di fuori degli arzigogoli, della presenza dei misteriosi Numen svolazzanti, della questione del multiverso che senza ombra di dubbio porterà pesantissime conseguenze nel futuro dell'operazione remake - che analizzeremo a breve - questa è la ragione principale per cui l'intervento sulla sceneggiatura risulta inutile, ruffiano ed evidentemente peggiorativo rispetto al materiale originale. Sulla carta non cambia niente, la morte di Aerith (per il momento) rimane una costante, mentre a fare la differenza sono il contesto narrativo e la messa in scena.
In Final Fantasy 7 del 1997, Sephiroth calava dal cielo trapassando Aerith da parte a parte, realizzando il sacrificio necessario per salvare il pianeta Gaia, lasciando Cloud Strife in uno stato di shock, gettando un'ombra oscura sul resto dell'esperienza e soprattutto sul giocatore, che avrebbe trovato nella sete di vendetta il motore principale per proseguire nel suo viaggio. Presa coscienza del destino della giovane, il gruppo di protagonisti teneva un funerale sul ciglio del lago della Capitale lasciando affondare lentamente il suo corpo, con le note dell'inconfondibile tema di Aerith in sottofondo, tratteggiando il quadro melancolico che ha trasformato l'opera in una leggenda fuori dal tempo. "Less is more", si usa dire nei paesi anglofoni, ovvero "meno è meglio": non servono 'spiegoni', non servono fronzoli, non serve neppure una grafica degna della nona generazione di console. A volte una manciata di personaggi super deformati, un tappeto musicale e un panorama disegnato a mano sono più che sufficienti per caricare d'emozione un istante perfetto.
Nella versione Rebirth, gli splendidi panorami della Capitale sono irrimediabilmente sporcati dalla nuvola di Numen che si oppongono al protagonista, l'incontro fra Cloud e Aerith viene diluito, la sequenza dell'esecuzione viene mostrata attraverso una sorta di "vedo non vedo" che suggerisce la creazione di una biforcazione del multiverso che realizza di fatto due realtà: una in cui Aerith è viva, e un'altra in cui invece è morta. O forse si tratta dell'ennesima frattura nella mente ormai spezzata del SOLDIER? Difficile a dirsi. Nella linea temporale - quella principale - in cui si trovano Cloud e compagni la ragazza è indubbiamente morta: ha dunque inizio uno scontro multiversale che coinvolge tutti i protagonisti, compresa la versione ancora in vita di Zack Fair e soprattutto lo spirito di Aerith, probabilmente emerso dal Flusso Vitale giusto per prendersi una piccola rivincita e dare una carezza alla mente in frantumi del protagonista.
Conclusa la battaglia, la celebre sequenza del funerale viene liquidata in pochi secondi, ma è soprattutto inquinata dalla corruzione che attanaglia la mente di Cloud: da quel momento in avanti, l'ex SOLDIER sembra infatti aver completamente perso la testa, quasi fosse convinto di essere riuscito a salvare la Cetra, al punto tale che riesce a vederla costantemente in mezzo al resto del gruppo, arrivando addirittura a rivolgere la parola al suo spirito. A fugare ogni dubbio ci pensa la disperazione dipinta sul volto dei compagni, specialmente su quello di Tifa, che non sembra riuscire a darsi pace per quello che è appena capitato. Cloud rappresenta dunque l'epitome del narratore inaffidabile in ragione del deterioramento che sta toccando la sua psiche, rendendo estremamente difficile per vecchi e nuovi giocatori distinguere fra realtà e allucinazione, ma soprattutto tracciare una linea netta fra gli universi paralleli.
Cosa succede veramente durante il finale di Rebirth?
Per comprendere meglio la situazione è necessario cominciare dal principio: già Final Fantasy VII Remake aveva introdotto attraverso il Capitolo 18 il concetto del multiverso, riportando sul palcoscenico il protagonista dello spin-off Crisis Core Zack Fair, un eroe ormai deceduto e benvoluto da tutti il cui fascino magnetico risedeva proprio nella sua pesante assenza. In Rebirth, invece, la sua presenza si fa ingombrante: fin dall'inizio dell'avventura viene mostrata distintamente la presenza di due universi paralleli: nel primo c'è una variante di Zack viva e vegeta che si prende cura di una Aerith e un Cloud in stato comatoso, mentre nel secondo si svolge l'avventura principale senza grosse differenze rispetto al capitolo originale del 1997. La principale modifica risiede nell'esistenza dei Numen, misteriose creature multiversali a cui si fa riferimento come a "guardiani del destino" che intervengono per proteggere, o per piegare al proprio volere, i fili del fato. La questione dei Numen si fa ancor più complessa arrivando dalle parti della regione di Gongaga, momento in cui risulta chiaro che ci siano due tipi contrapposti di queste creature che combattono fra loro per il controllo del destino.
Anche Sephiroth prende parte alla realizzazione del nuovo quadro: è piuttosto evidente che il suo piano sia rimasto pressoché invariato, non fosse per il fatto che invece del semplice annientamento del pianeta Gaia questa volta mira alla distruzione di tutti i mondi paralleli attraverso la Black Materia, con il fine ultimo di ascendere allo stato di divinità. E ovviamente la stessa Aerith ha un compito da portare a termine: come sappiamo grazie all'originale Final Fantasy 7, la White Materia consegnatale dalla madre Ifalna in fin di vita rappresenta infatti l'ultima difesa dei Cetra, capace di invocare - in seguito a una preghiera - una barriera in difesa del pianeta Gaia; il problema è che, durante gli eventi del Remake, tale Materia sembrava ormai svuotata del suo potere, ma gli autori hanno "brillantemente" sfruttato il multiverso per consegnare nelle mani di Cloud - attraverso un'altra variante di Aerith che attrae il protagonista nella sua dimensione - una White Materia funzionante. In pratica si tratta di una toppa posizionata su un problema inesistente: gli sviluppatori hanno riparato la falla che essi stessi avevano creato ripristinando l'intreccio originale, quasi a suggerire che Rebirth sia andato incontro a un netto cambio di direzione in corso d'opera.
Quel che succede dalle parti della Forbidden Capital è invece estremamente più difficile da leggere in maniera analitica: se nella linea temporale principale di Rebirth Aerith va incontro alla morte e il destino prosegue sui binari che già conoscevamo, sembra che si venga a creare anche un nuovo ramo del fato nel quale Cloud è riuscito a salvare la vita della ragazza. Ma è davvero così, oppure si tratta dell'ennesima allucinazione pronta a trascinare la mente protagonista verso la follia? Forse Cloud è destinato a vedere e sentire eternamente gli spiriti di Zack e Aerith come già accaduto nel film Advent Children? Durante il lunghissimo combattimento che segue i diversi piani dimensionali s'intrecciano, lo stesso Sephiroth fa una comparsata per spiegare cosa stia accadendo e quale sia il suo scopo ultimo, Zack Fair mantiene intatta la speranza di rivedere i suoi amici, e persino Aerith fa capolino per dire un'ultima volta la sua in battaglia. "Reunion": probabilmente sarà questo il titolo del terzo capitolo della serie, che attualmente sembra trovarsi in una posizione estremamente scomoda.
Dopo un capitolo a dir poco impeccabile sul fronte del giocato ed estremamente ben ritmato sul lato della narrazione - riuscitissimo prima di questo confusionario finale - toccherà infatti a lui gestire la patata bollente che gli sviluppatori hanno reso incandescente nel corso degli ultimi anni. L'avventura si chiude con il gruppo di protagonisti intenti a elaborare il lutto accanto all'aereo Tiny Bronco, affidato alle sapienti mani di Cid Highwind: Cloud promette ad Aerith di fermare Sephiroth, lo spirito di Aerith promette a Cloud di fermare Meteor, dopodiché il SOLDIER inserisce la Black Materia nella sua Spada Potens e fa riferimento alla misteriosa "Unione" che verrà.
Modifiche alla narrazione e impatto dei cambiamenti
Se ci siamo limitati a fare commenti lapidari nei riguardi delle fantomatiche "modifiche alla trama", è perché di fatto si tratta di modifiche alla messa in scena: la sostanza degli eventi dell'originale Final Fantasy VII, finale di Rebirth compreso, di fatto non è cambiata. Ed è proprio la ragione per cui in fase di recensione abbiamo definito inutile l'intervento sulla sceneggiatura: oltre ad aver indebolito determinate sequenze, l'inserimento dei Numen, del personaggio di Zack Fair e del multiverso non ha ancora prodotto nessun risultato concreto nell'intreccio così come siamo stati abituati a conoscerlo negli ultimi ventisette anni, se non un raffazzonato tentativo di accontentare diverse frange di appassionati. Durante le cento ore necessarie per portare a termine l'avventura vengono trattati approfonditamente tutti gli snodi essenziali dell'antico viaggio di Cloud Strife e persino le integrazioni sono state gestite per la maggior parte a dovere, come per esempio quella del personaggio Cissnei recuperato da Crisis Core, oppure quel SOLDIER Rosche di forte stampo "nomuriano" introdotto nel Remake.
Quel che farà storcere il naso ai più è senza dubbio l'ingresso in scena di Glenn Lodbrock, già protagonista dello spin off in stile battaglia reale The First Soldier nonché figura centrale di una vicenda raccontata nel gacha game Ever Crisis, in questa sede inserito come emissario di Wutai in combutta con il presidente Rufus Shinra per scatenare una guerra fra le due nazioni. Figura che, peraltro, nel finale si rivelerà apparentemente essere solo un'altra pedina nelle mani di Sephiroth, di fatto svuotando ulteriormente di significato l'intervento sulla sceneggiatura. Sia chiaro, niente di tutto questo significa che la narrazione di Final Fantasy 7 Rebirth sia di basso livello: ancorandosi al suo antenato per la maggior parte dell'avventura e aggiungendo strati di caratterizzazione là dove necessario, si tratta senza dubbio di un'opera eccellente in tutte le sue componenti, compreso il tessuto del racconto.
Il rammarico deriva dal fatto che le operazioni remake hanno l'occasione più unica che rara di arricchire e potenziare l'esperienza originale ed è doveroso che si prendano delle libertà anche dalle parti della storia, ma la speranza è che riescano quantomeno a migliorare il quadro originario. Nel caso specifico, quella che senza dubbio rappresenta una delle sequenze più iconiche nella storia del medium ha finito per uscire indebolita dalla rilettura, fra l'altro ancorandosi al "MacGuffin" più pigro dell'era contemporanea, ovvero il multiverso. La sensazione, soprattutto rileggendo le interviste agli sviluppatori, è che i piani iniziali per il personaggio di Aerith fossero ben diversi e che siano stati stravolti tutto a un tratto per tornare sul binario tradizionale, probabilmente per cercare di non scatenare un tumulto.
C'è tuttavia un'altra domanda senza risposta, forse la più importante di tutte: riuscirà il capitolo finale di questa trilogia a chiudere in maniera armoniosa l'intricato ciclo di modifiche?