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Legacy of Kain: Soul Reaver compie 20 anni, la storia del gioco

Il 16 agosto 1999 usciva su PlayStation Legacy of Kain: Soul Reaver, action RPG destinato a rimanere nei cuori di molti appassionati. In occasione del ventesimo anniversario, ricordiamo la storia del suo sviluppo.

VIDEO di Vincenzo Lettera   —   16/08/2019
Legacy of Kain: Soul Reaver
Legacy of Kain: Soul Reaver
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Da Crash a Spyro, passando per Medievil e Resident Evil 2. Ultimamente abbiamo visto il ritorno di molte icone che negli anni 90 hanno reso indimenticabile la lineup della prima PlayStation. In un periodo in cui remake, edizioni rimasterizzate o completi reboot sono all'ordine del giorno, c'è però un nome che gli appassionati vorrebbero vedere riemergere dal profondo dell'oscurità. Ed è quello di Legacy of Kain. Sviluppato dalla storica Silicon Knights di Denis Dyack, nato dalle ceneri di un progetto per Panasonic 3DO chiamato Pillars of Nosgoth e uscito su PlayStation nel 1996, Blood Omen: Legacy of Kain era un action RPG con visuale dall'alto in grado di restare impresso nei cuori degli appassionati grazie ai suoi toni dark, ai personaggi cupi e al suo immaginario non convenzionale. Ambientata nel mondo fantasy di Nosgoth, la storia di Blood Omen vedeva protagonista Kain, un nobile che dopo essere stato assassinato da un gruppo di banditi ha la possibilità di tornare in vita in forma di vampiro. Dopo essersi vendicato dei suoi assassini, Kain comincia un lungo viaggio verso i Nove Pilastri di Nosgoth, immense colonne che assicurano l'equilibrio del mondo e che potrebbero permettere al protagonista di curare il proprio vampirismo e tornare umano. Blood Omen viene ancora oggi ricordato come un cult, e quando uscì consolidò il talento di Silicon Knights prima che questo cominciasse a lavorare a un altro eccezionale gioco, Eternal Darkness per Game Cube.

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Eppure, quando si parla della serie Legacy of Kain, è molto probabile che non sia Blood Omen il capitolo a riecheggiare nella memoria degli appassionati, bensì il suo seguito, Legacy of Kain: Soul Reaver. Un gioco ambizioso, dalla scrittura eccezionale e dall'ambientazione indimenticabile, che lasciò tutti a bocca aperta quando venne pubblicato il 16 agosto del 1999, esattamente 20 anni fa nel momento in cui questo articolo andrà online. Se Blood Omen era una versione oscura e sanguinolenta degli Zelda in 2D, Soul Reaver era lo stesso per gli Zelda tridimensionali: come Ocarina of Time, era un action RPG con tanti enigmi da risolvere e in cui muoversi liberamente in uno scenario 3D, ma a differenza del capolavoro Nintendo, Soul Reaver aveva un'anima oscura, tormentata e diabolica. Oggi, a 20 anni di distanza, il gioco sente tutto il peso dei suoi anni, ma quando uscì era fluido, ricco di meccaniche e capace di regalare un senso di libertà che gli altri legnosi giochi 3D usciti su PlayStation semplicemente non erano in grado di dare.

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A sviluppare Soul Reaver non fu però Silicon Knights, bensì Crystal Dynamics, team californiano che negli anni precedenti si era distinto con giochi come Gex e Pandemonium. Il motivo di questo cambiamento merita una piccola parentesi perché è importante per capire le radici di Soul Reaver. Visto che Silicon Knights non aveva i fondi necessari a sviluppare Blood Omen, collaborò con Crystal Dynamics e Activision per la pubblicazione e distribuzione del gioco, perdendo però i diritti sulla proprietà intellettuale della serie. Se oggi cercate su piattaforme digitali come Steam o GOG, troverete tutti i capitoli di Legacy of Kain tranne l'originale Blood Omen, e questo proprio perché ancora oggi quell'accordo fatto tanti anni fa resta poco chiaro e complicato anche tra le aziende coinvolte. Subito dopo l'uscita di Blood Omen, i rapporti tra Silicon Knights e Crystal Dynamics cominciarono a incrinarsi, e a un certo punto Activision chiese a entrambe le compagnie di lavorare a una propria versione di Kain 2. Due diversi seguiti sviluppati in parallelo, e Activision avrebbe scelto il migliore. Fu a questo punto che Silicon Knights decise di procedere per vie legali contro Crystal Dynamics, accusandola - tra le tante cose - di concorrenza sleale: Crystal Dynamics avrebbe convinto ex dipendenti di Silicon Knights a lasciare il team e unirsi a loro, portandosi dietro idee e ricerche fatte su Kain 2. Che fosse vero oppure no, la situazione viene improvvisamente stravolta, quando nel 1998 il publisher inglese Eidos acquisisce Crystal Dynamics, ottiene i diritti di Legacy of Kain e decide di cancellare il progetto Kain 2 che era in lavorazione presso Silicon Knights. Per evitare qualsiasi problema legale, Eidos chiese anche a Crystal Dynamics di non utilizzare il suo prototipo di Kain 2, e di creare invece un nuovo Legacy of Kain partendo da un altro progetto che il team stava sviluppando internamente. Questo gioco si chiamava Shifter, ed era diretto da una giovane Amy Hennig, la stessa Amy Hennig che anni dopo sarebbe andata in Naughty Dog per guidare il team dietro il primo Uncharted.

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Come ha raccontato la Hennig in un'intervista per il blog PlayStation, Shifter era un gioco open world ispirato al Paradiso Perduto di John Milton, ma con un'ambientazione distopica che si rifaceva all'estetica industriale del 19° secolo. Così come Il Paradiso Perduto racconta di Lucifero che si ribella a Dio e viene esiliato sulla Terra, il protagonista di Shifter sarebbe stato un angelo caduto intenzionato a vendicarsi e a distruggere il suo creatore. Lo Shifter era una creatura sovraumana, avrebbe potuto viaggiare dal mondo materiale a quello spirituale, e poteva planare a mezzaria. Alcuni di questi riferimenti al concept di Shifter si possono notare oggi nei primissimi bozzetti del gioco: in uno di questi, l'ombra del protagonista ha un paio d'ali. Non ali di pipistrello, come sarebbe stato nel gioco finale, bensì ali d'angelo, un riferimento alle radici bibliche del progetto. Quando Eidos chiese a Crystal Dynamics di trasformare Shifter in un gioco ambientato nel mondo di Legacy of Kain, il team di sviluppo non la prese bene. Nella stessa intervista, Amy Hennig racconta che lei e i suoi colleghi erano frustrati all'idea di stravolgere un progetto a cui tenevano così tanto, ma allo stesso tempo i limiti imposti dal mondo di Kain hanno portato a nuove e interessanti sfide. Il finale di Blood Omen metteva Kain davanti a una scelta: sacrificarsi per il bene del mondo oppure rifiutarsi e dominare su una Nosgoth ormai condannata all'oscurità. Hennig e il suo team scelserso di seguire quest'ultima strada. Il protagonista di Shifter venne trasformato in un vampiro di nome Raziel, mentre il dio cattivo che lo avrebbe esiliato divenne Kain, l'eroe di Blood Omen. È così che prendeva finalmente forma Legacy of Kain: Soul Reaver.

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Per sviluppare Soul Reaver, Crystal Dynamics partì dalla tecnologia creata per Gex, espandendola e aggiungendo nuove meccaniche e nuovi sistemi. Raziel poteva planare, nuotare, scalare i muri, muoversi furtivamente o smaterializzarsi per attraversare grate e cancelli. In combattimento, era possibile lanciare proiettili con la telecinesi, avvolgere i nemici in nastri di energia, utilizzare glifi magici, oppure divorare le anime delle proprie vittime con un'animazione che ancora oggi fa venire i brividi. Per uccidere gli altri vampiri non bastava azzerare la loro energia, ma bisognava prima stordirli, poi raccoglierli e infine lanciarli verso un pericolo ambientale, magari alla luce del sole, in mezzo alle fiamme, in acqua o contro dei muri chiodati. Una delle caratteristiche più impressionanti per l'epoca era però la possibilità di viaggiare dal Regno Materiale, ovvero il mondo dei vivi, al Regno Spettrale, quello dei morti. I due mondi erano esattamente identici tra loro, due facce della stessa medaglia che a causa di limiti tecnici del tempo differivano principalmente nei colori (uno era più luminoso e vivace, l'altro più cupo e sinistro) e in piccola parte nella forma delle geometrie (con gli sviluppatori che avevano trovato un escamotage per spostare le coordinate dei vertici dei poligoni, dando l'impressione che l'ambiente mutasse). Ognuno dei due piani esistenziali aveva però regole diverse, cambiavano le abilità di Raziel e gli enigmi richiedevano spesso di muoversi tra i due regni. Viaggiando tra i due mondi non era possibile portare con se alcun oggetto, fatta eccezione per un'unica spada: la Mietitrice d'anime, la Soul Reaver che dava il nome al gioco. Quest'idea di design sarà stata anche molto furba, ma dava l'impressione di trovarsi davanti a un'avventura mastodontica: negli anni precedenti era stata adottata già da giochi 2D come The Legend of Zelda: A Link to the Past, oppure da Castlevania: Symphony of the Night, con il suo escamotage dei due castelli speculari. Tuttavia era la prima volta che veniva applicata in maniera così importante all'interno di un'ambientazione tridimensionale, e l'unico esempio che gli si avvicinava lo si trova ancora una volta nella serie Zelda, quando in Ocarina of Time si poteva viaggiare tra la Hyrule del presente e quella del futuro.

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Ma Legacy of Kain: Soul Reaver fu un'opera di rottura anche per un altro motivo: il suo comparto sonoro. Parlare di Soul Reaver senza menzionare l'eccezionale lavoro fatto con il doppiaggio sarebbe infatti un torto imperdonabile all'opera. Per doppiare i personaggi del gioco venne messo in piedi un cast di attori notevole, e affinché i dialoghi sembrassero credibili ed espressivi, le battute venivano registrate con gli attori presenti nella stessa stanza. Oggi può sembrare una banalità, visto che siamo abituati a vedere attori recitare anche fisicamente grazie alla tecnica del performance capture, ma vent'anni fa la norma era che ogni doppiatore registrasse le sue battute in totale isolamento, e perciò l'approccio di Crystal Dynamics sul doppiaggio fu estremamente innovativo. La colonna sonora fu invece composta quasi del tutto da Kurt Harland, all'epoca cantante degli Information Society che a metà degli anni 90 aveva cominciato a realizzare musica per videogiochi, prima su Mega Drive e poi su PlayStation. Non solo era raro che un videogioco avesse musiche composte da artisti popolari, ma Harland lavorò fianco a fianco con i programmatori di Crystal Dynamics per fare in modo che i suoi brani si adattassero in maniera dinamica in base alla situazione, suonando diversamente in caso di pericolo, oppure se il giocatore si trovava sott'acqua, in una stanza chiusa o all'aperto.

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Per tutti questi motivi Soul Reaver era un gioco innovativo, coraggioso e appassionante, ma purtroppo aveva un difetto enorme, che come Raziel si nascondeva nell'ombra e aggredì i fan quando meno se lo aspettavano. La delusione degli appassionati fu enorme quando scoprirono che il gioco non aveva un finale e che terminava con un taglio netto e un terribile cliffhanger. Com'era possibile che un gioco così curato e ricco avesse un finale così svogliato e deludente? Il motivo lo ha raccontato ancora una volta Amy Hannig, ed è tanto semplice quanto brutale. Soul Reaver era un progetto troppo ambizioso, e nel corso dello sviluppo il team ha dovuto scartare molte idee. Come Lucifero nel Paradiso Perduto di Milton, nei piani originali Raziel sarebbe stato in grado di mutare forma e trasformarsi in altre creature. Nel passare dal Regno Materiale a quello Spettrale, l'ambientazione doveva cambiare in maniera più drastica negli elementi 3D dello scenario, cosa che però era tecnicamente troppo complessa da realizzare su PlayStation. Ma soprattutto, nei piani originali, Soul Reaver doveva concludersi con un arco finale epico, una battaglia senza esclusione di colpi in cui Raziel avrebbe abbattuto tutti i suoi fratelli, ucciso Kain e sterminato ogni vampiro di Nosgoth con una potente arma, solo per poi scoprire di essere stato manipolato per tutto il tempo dall'Anziano. La cima della Cattedrale del Silenzio, il luogo dove si sarebbe svolto questo massacro finale, si può ancora oggi intravedere sia nei bozzetti degli sviluppatori, sia nella splendida introduzione del gioco, pochi istanti prima che Raziel viene gettato nel Lago dei Morti. Nei materiali preparativi era anche visibile Turel, braccio destro di Kain e tra i vampiri più potenti di Nosgoth: doveva essere protagonista di un'intensa boss fight, che però non ha mai visto la luce.

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Nonostante il taglio di ambientazioni, personaggi, meccaniche e intere sequenze di gioco, portare a termine un'opera come Soul Reaver è stato per Amy Hennig e il suo team un'impresa a dir poco titanica. Inizialmente previsto per l'ottobre del 1998, il gioco ha richiesto decisamente più tempo, ed è stato posticipato, come dicevamo, all'agosto del 1999. I mesi che hanno preceduto l'uscita sono stati estremamente faticosi e stressanti per Crystal Dynamics, con i membri del team che hanno lavorato incessantemente fino a poche settimane prima del lancio. Sfogliando il manuale del gioco, si può notare esattamente al centro dell'ultima pagina un ringraziamento speciale lasciato dal team di sviluppo: "A tutti gli amici e i familiari che hanno sentito la nostra mancanza durante la lavorazione", una traduzione italiana che però non rispettava del tutto l'originale, che invece parlava proprio di crunch, ovvero il periodo di intensi straordinari a cui fin troppo spesso chi sviluppa videogiochi è sottoposto per rispettare le scadenze. La storia lasciata incompleta in Soul Reaver sarebbe stata ripresa e portata avanti negli episodi successivi: Soul Reaver 2, Blood Omen 2 e Legacy of Kain: Defiance. Eppure, se a vent'anni di distanza continuiamo a parlare dell'originale Soul Reaver, è perché quell'oscuro e tenebroso action uscito su PlayStation, PC e Dreamcast lasciò un segno importante. Nonostante tutti i suoi difetti. La sua ambientazione gotica divenne un punto di riferimento tanto per i giocatori che per gli altri sviluppatori di videogiochi, e il lavoro di Crystal Dynamics impose nuovi standard per la qualità della scrittura e la cura del doppiaggio.

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Dopo la cancellazione di un nuovo capitolo chiamato Legacy of Kain: Dead Sun e di un gioco multiplayer intitolato War for Nosgoth, non è chiaro se la serie verrà mai risuscitata da Square Enix, che detiene i diritti del franchise da quando ha acquisito Eidos nel 2009. Di sicuro, lo spirito di Soul Reaver è ancora vivo e vegeto nei ricordi degli appassionati, che attendono speranzosi il giorno che la saga abbandoni il mondo dei morti per fare finalmente ritorno nel Regno Materiale.