La saga di Ratchet & Clank è sempre stata caratterizzata da una forte dualità: un colorato e cartoonesco platform 3D, perfetto per bambini e teenager, che però nasconde un'anima più matura e adulta sotto copioni spassosi e a tratti taglienti.
Questa duplice natura per anni ha confuso molto il pubblico, specialmente quello meno vicino al mondo dei videogiochi. Perché un adulto dovrebbe giocare un titolo come Ratchet e Clank? E come può un bambino trovare divertente un pappagallo dallo humor così nero da suggerire di "farli fuori e rubagli i reni"? Queste domande devono aver aleggiato a lungo negli studi di Insomniac Games, e con Ratchet & Clank: Rift Apart (in uscita l'11 giugno in esclusiva su PS5) sembra che lo sviluppatore abbia voluto mettere un punto sulla questione. Ratchet & Clank è un gioco per bambini o per adulti? I punti focali dell'analisi sono sostanzialmente due: gameplay e storia, e li affrontiamo in questo speciale.
Un gioco da ragazzi… forse
Il focus di Ratchet & Clank: Rift Apart è senza dubbio rappresentato dagli scontri a fuoco. La quantità di armi e il loro funzionamento, le arene di combattimento, un nutrito gruppo di boss e miniboss, suggeriscono le intenzioni dello sviluppatore: creare scontri caotici e spettacolari. L'attento bilanciamento delle armi, sommato a quello delle munizioni, e un preciso studio del level design rendono i combattimenti di Rift Apart sicuramente impegnativi e anche un po' strategici: non si risolve tutto sparando un po' ovunque e facendo casino ma, durante uno scontro, vanno sempre individuate le tipologie di nemici, la qualità e la loro posizione. Le abilità di movimento dei personaggi, capaci di scattare rapidamente o eseguire acrobatiche schivate, rendono poi il tutto davvero stimolante, visivamente e mentalmente.
Raccontato così, Rift Apart sembra assolutamente inadatto ad un pubblico infantile, ma la selezione del livello di difficoltà e le funzioni di accessibilità possono tranquillamente aggiustare il tiro. Troppo spesso si fa l'errore di pensare a questi due elementi dei videogiochi contemporanei come feature pensate esclusivamente per giocatori con disabilità, quando in realtà il concetto di accessibilità è incredibilmente più vasto.
Chiaramente alcune funzionalità sono pensate per specifici handicap, come le opzioni per giocatori ipovedenti o daltonici, ma altre possono essere attivate da chiunque. Da questo punto di vista, Rift Apart possiede numerose opzioni volte a semplificare l'azione di gioco, come il poter rallentare il tempo durante le fasi più platform per avere più margine durante un salto o attivare una protezione per evitare di cadere da un dirupo durante un combattimento. Anche il feedback adattivo di DualSense, che potrebbe risultare un po' faticoso per la manine di un bimbo (pensiamo ad esempio alla resistenza dei grilletti che simulano quelli di un'arma) può essere disattivato e riattivato a piacimento.
La possibilità di selezionare il livello di difficoltà all'inizio della partita non è quindi il singolo aiuto che il gioco fornisce ai nostri cuccioli di Lombax e in tal senso vanno tessute le lodi di Sony, sempre in prima linea quando si parla di accessibilità; perché inserire una ricca lista di opzioni in tal senso è un'ottima cosa, ma parlarne e spiegarle ai propri utenti è ancora meglio, specialmente alle mamme e papà che possiedono una console PlayStation in casa.
L'educazione del pubblico in ambito accessibilità non è ancora così diffusa ma Ratchet & Clank: Rift Apart non solo utilizza il proprio megafono per condividere il verbo, ma dimostra a tutti che "accessibilità = disabilità" è un'associazione molto parziale e miope. Chiaramente la difficoltà può essere anche aumentata oltre che diminuita, andando incontro al gusto anche dei giocatori più esigenti, fermo restando che il genere del platform 3D, nello spirito, è votato all'esplorazione e al divertimento più che al tecnicismo puro.
Educazione emotiva
Ma c'è un altro tipo di educazione che Rift Apart fornisce al suo pubblico, sia questo di taglia small o large: quella emotiva. Fino al netto cambiamento costituito da quest'ultimo capitolo della serie, la saga di Ratchet & Clank ha sempre avuto storyline molto lineari, senza troppe pretese, e caratterizzate da copioni estremamente divertenti; personaggi che sembrano buffi agli occhi dei piccoli e grotteschi a quelli dai grandi. Rift Apart non tradisce questa tradizione, rimanendo ancorato ad una storia molto semplice e piena di ironia, ma aggiungendo un elemento emotivo dai connotati estremamente positivi e motivazionali.
Chi sperava che questo Rift Apart si legasse in modo indissolubile a Into the Nexus, riprendendo non solo gli eventi da quel punto in poi ma elaborando la trama in quella direzione, forse rimarrà deluso. Quella che per alcuni potrebbe essere una criticità, per noi in realtà è un grande punto di forza perché Rift Apart ha un suo senso a prescindere da quanti e quali capitoli della saga abbiate giocato.
Invece di proporre i soliti temi di amicizia ed eroismo, utilizzando riferimenti a vicende che non tutta la platea potrebbe conoscere, Insomniac ha deciso di mettere più a fuoco i sentimenti dei protagonisti. Il pubblico si mette quindi nei panni di Ratchet, Clank e Rivet, guardandoli con occhi diversi ed empatizzando con loro; nonostante la semplicità dei concetti la reazione che questo genera nel giocatore è di grande impatto, specialmente negli adulti.
Il cast di Rift Apart ci insegna che è lecito nella vita avere dei dubbi, che essere una bella persona non significa essere automaticamente un individuo di successo e che si può salvare la galassia anche se nutriamo qualche dubbio sulle nostre capacità; è naturale ogni tanto sentirsi abbattuti e va bene mostrarlo agli altri, essere tosti non significa essere quelli che non piangono mai e che l'auto-miglioramento è sempre la strada migliore ma anche accettare qualche difetto, nostro o degli altri, a volte può lenire il nostro animo. E questi concetti, peraltro, non passano nemmeno attraverso esempi troppo leggeri. Abbiamo trovato efficace e commovente tutto l'arco narrativo relativo all'arto meccanico di Rivet, che riesce ad essere estremamente delicato pur trattando un evento estremamente violento come un'amputazione. Ed è giusto che dei bambini vengano esposti a messaggi motivanti e positivi di questo tipo, anche attraverso storie che convenzionalmente non associamo all'infanzia. Oltre a dimenticarci spesso di quanto i bambini siano estremamente intelligenti e molto più ricettivi di noi adulti, è sacrosanto che anche l'intrattenimento che si rivolge ai più piccoli sia attento a fornire un certo tipo di educazione ai sentimenti, trattamento che molti Millennial e generazioni più grandi non hanno assolutamente ricevuto.
E ce ne si rende conto quando quello che dovrebbe essere "una roba per bambini" risuona dentro di te, ormai trentenne, producendo un'eco che puoi percepire nella pancia. Un momento che senza dubbio ci ha davvero colpito (e affondato emotivamente) è quello dedicato al Riparatore su Torren IV, già mostrato settimane fa in sede di anteprima... ma nel caso non l'aveste visto, allora, precisiamo che segue una parte spoiler. Il Riparatore è questo gigantesco robot creato, come dice il nome, per aggiustare qualsiasi cosa. L'automa però è inservibile perché lui per primo è rotto e questo genera un paradosso tale da renderlo ostile nei confronti del mondo. "Io sono rotto! Come posso riparare qualcosa se non posso nemmeno riparare me stesso?" Quello che vedrà un bambino è un buffo robot che si lamenta e che decide di aiutare i protagonisti proprio perché Clank restituirà al Riparatore la fiducia in sé stesso. Quello che vede un adulto invece è la rappresentazione di una qualsiasi persona in crisi che cerca di mettere insieme i cocci della vita dopo che questa è andata in frantumi. E fa male, ti viene voglia di abbracciarlo quel robot, di offrirgli una birra, perché tutti noi abbiamo conosciuto un Riparatore nella nostra vita, o magari lo siamo stati noi in prima persona.
Rispetto a tutti gli altri capitoli della serie, Ratchet & Clank: Rift Apart parla a tutti, grandi e piccini, con il cuore in mano, ricordandoci che ci sono emozioni e videogiochi nella vita che trascendono il concetto di età.