Today on RetroLudica: Gynoug (Sega Megadrive)
Gynoug, del 1991, non è certo il migliore sparatutto a scorrimento classico, 2D, “vecchia scuola”, che un avido appassionato del genere possa trovare su quella polveriera digitale a 7,61 Mhz che è il Megadrive. A reclamare il titolo del miglior shoot’em up sul driver nero a 16bit della Sega ci pensa, indiscusso, ThunderForce IV, con la sua concezione maestosa dell’area di gioco e il sistema di sparo spettacolare quanto strategico. Gynoug rimane, però, nella rosa dei migliori. Il sistema di controllo, delle armi e dei power-up è un classico del genere, solido, senza ambizione di offrire qualcosa di nuovo ma privo di sbavature. Spara, potenzia, rifinisci, resisti. Quello che davvero fa la differenza in Gynoug è l’atmosfera, la suggestione. L’odissea di un golem angelico in rotta con bastioni demoniaci, busti di filosofi, cervelli volanti. Inferni industriali e gotici eretti pixel su pixel. Suggestioni classicheggianti e orrorifiche, raccapriccianti boss di fine livello iniettati di sadismo biomeccanico in stile Salamander. Non sono cose che si vedono tutti i giorni, specialmente in tempi di magra per un genere che raramente trova posto nelle agende dei produttori contemporanei. Esteticamente, poi, Gynoug è commovente, un inno alla volontà di potenza con rantoli di fallimenti laterali. Effetti di rotazione e distorsione software tentano di sfidare il neonato SuperNES, ricordandogli che con quel clock non si va oltre il numero di Bullet Bill nelle Donut Plains (limite a venire del SuperNES: Axelay). Nemici di fine livello imponenti e minuziosamente definiti fanno maledire nemici canonici e persino un personaggio principale realizzati in maniera relativamente risibile, con pochi pixel e una mano frettolosa. E mentre livelli di parallasse si accastellano in un affronto al limite di calcolo che ha del coraggio da vendere, il comparto audio accosta sporadici tempi industrial a riarrangiamenti MIDI di brani di classica, fusi a repertorio dal gusto prog-metal. Nel florilegio di fuoco gotico ce n’è abbastanza sia per i palati fini che per quelli più grezzi.
Uno shooter è il suo sistema di sparo
Negli USA, dove il Megadrive si chiama Genesis, Gynoug è noto come Wings of Wor: e i fatti mitologici raccontati dal titolo della Masiya / NCS, in effetti, non avrebbero potuto esprimersi su una console dal nome più appropriato. In un azzardato cliché pseudo-mitologico che fonde e pasticcia mito greco, visioni nordiche/odiniane e orrori gigeriani, Gynoug trasforma una muscolosa statua angelica di un pantheon in un potente angelo guerriero in carne e ali piumate. Il sistema di sparo è certamente di buon livello. Blastati i nemici, questi rilasciano power-up. Due indicatori, rosso e blu, cumulano bonus del colore relativo e comunicano il grado di potenza raggiunto per i due tipi di sparo disponibili: con protezione laterale e sul retro delle spalle dell’angelo e ad ampia apertura sullo sviluppo frontale, oppure con ammasso di fuoco sul solo fronte. Non mancano situazioni in cui si fa fronte a nemici provenienti da avanti e da dietro le spalle, tramite uno sparo speciale che si nutre di entrambi i livelli di power-up. La velocità dell’angelo è aumentabile raccogliendo piume che arrivano a quintuplicare la velocità in risposta al pad a scapito della precisione nel controllo. Non mancano bonus speciali, ottenibili raccogliendo pergamene provviste di relativo simbolo alfabetico, attivabili con il tasto A e utilizzabili per tempo limitato o fino ad esaurimento scorte con il tasto C (nella modalità di controllo di default) del joypad-“brioche” del Genesis. Tra questi si annoverano uno shield, globi di energia diagonali, missili verticali e homing, una barriera di fulmini attivata da un angelo e un cerchio di angeli a protezione del giocatore e dal notevole potere offensivo contro i nemici. Il superbonus Wild Fire conclude la ricognizione dei power-up con un periodo di temporanea furia di fuoco. Gynoug è uno shooter orizzontale del tutto tradizionale, dunque, ma lo sviluppo dei livelli è fin troppo, quasi del tutto funzionale al confronto con i boss di fine e metà livello. La giocabilità di Gynoug risente, in parte, di questa scelta di climax: quanto i guardiani alle soglie dei livelli appaiono aggressivi e spettacolari, tanto i nemici ordinari sono inspiegabilmente rozzi nella realizzazione grafica. Anche i livelli soffrono di una notevole sindrome di linearità che confina il level design spanne e spanne sotto gli esiti di capolavori come Thunderforce III e IV. Ciò non toglie che la progressione di difficoltà dei sei livelli di orrore e sparatorie risponda perfettamente alle esigenze degli amanti del genere, con un aumento esponenziale dei proiettili che mettono a repentaglio l’avanzamento e pattern di nemici più complessi.
Gynoug è un tripudio di guardiani biomeccanici da consumare come un pasto ben guadagnato superando lunghe e lineari sessioni di resistenza ai proiettili. Non è uno shooter eccessivamente tecnico, né può avere alcuna chance sul piano della pura qualità interattiva nei confonti di titoli come Thunderforce III, IV e Astro Blaster. Tuttavia, la quantità di concentrazione richiesta è altissima, e l’effetto immersivo e orrorifico raggiunto dalle composizioni grafiche e dai bizzarri arrangiamenti MIDI di brani classici, metal e industrial, notevoli nella composizione quanto disarmanti nella qualità della produzione, è degno di arricchire ogni softeca Megadrive. La resa estetica, poi, è letteralmente toccante. Sia che il momento sorprenda e raccapricci nell’altezza del risultato, sia che mostri la propria rozzezza precipitando senza basi, Gynoug è una corda a 16bit tesa verso il sublime che non conosce alcuna via di mezzo.
I voti di RetroLudica.
10 - Rarissimo picco ludico-creativo, il gioco eccelle per compiutezza e/o per l’estrema originalità, oltre a distinguersi per l'imprescindibile rilevanza storica, industriale o di design.
9 - Eccellente sotto ogni aspetto o dotato di fortissima identità, il gioco da 9 è la cosiddetta killer application di un dato sistema, o uno dei migliori esiti in assoluto di un genere o di uno stile ludico.
8, 7, 6 - Idee e aspetti riusciti sono in tensione con limiti di design o di realizzazione. La riuscita ludica ed espressiva è oscillante: più si sale, più si fa altamente e universalmente godibile; più si scende, più i difetti che vi agiscono mettono in luce uno sviluppo smarrito per strada e che li espone all’oblio.
5 - Di mediocre riuscita ludica o espressiva, è un gioco in cui l’interesse di tipo storico rischia di prevalere sul piano dell’intrattenimento che può fornire.
4, 3, 2 - L’interesse storico per simili giochi prevale nettamente sulla loro qualità ludico-espressiva. I titoli più in alto verso il 4 presentano grossi limiti interattivi, mentre scendendo si fa sempre più netto il confine tra quello che è giocabile e quello che non lo è.
1 - Del tutto inconsistenti, le proprietà ludiche di questi non-giochi cedono il posto a un interesse di tipo tecnologico-componentistico e dei materiali.
0 - Un punto limite di tipo teorico: presso lo zero l’artefatto è considerabile privo di interesse anche merceologico, come mero fattore di inquinamento ambientale e entropia.
Orrori biomeccanici a bassa risoluzione
Giocare a Gynoug, però, avvince più per il fattore immersivo, anche se supportato da un sistema di controllo ottimo, che per un senso di tecnicismo nel controllo che è tanto estraneo al giocatore medio quanto fattore imprescindibile per il vecchio fan degli sparatutto. Sul piano dell’immersione, effettivamente, non si può dire nulla se non a favore di Gynoug. I piccoli, mal definiti nemici ordinari lasciano lo schermo con velocità pari a quella con cui compaiono, e a ritmi che lasciano scarsamente indugiare l’occhio sulle loro imperfezioni. Tutto scorre via in una prova di resistenza fino al momento dei boss, al ritmo di brani sostenuti di genere epico e gotico, con alcuni pezzi di repertorio classico. I cromatismi dei livelli sono oscuri, con una palette ridotta eppure funzionale per il progetto del gioco, arricchendosi talvolta con effetti di distorsione, rappresentazione di terremoti e un grosso numero di livelli di parallasse nello scrolling dei fondali, dotati a volte di un ottimo effetto di profondità.
Orrori biomeccanici a bassa risoluzione
Quando i guardiani occupano lo schermo con sovrapposizione di pixel tetri a raffigurare deformità minacciose, mentre ritmiche serrate e sinistre mantengono alta la tensione, Gynoug rivela il suo obbiettivo primario al giocatore: il senso dell’orrido frutto di una scuola biomeccanica che si è nutrita di ampie dosi di Giger, ma anche momenti di raro e non ricercato paradosso mitologico-filosofico quando la lotta raggiunge strane vette di manicheismo in un tempio di colonne greche, contro cervelli e busti di filosofi. Molluschi con corazze protettive, ibridi tra mezzi di locomozione e volti emergenti dai meccanismi, protuberanze fetali e sacche gelatinose prorompono in ributtanti composizioni che, nella scarsità dei frames assegnati alle animazioni, assumono il fascino particolare del dipinto a bassa risoluzione. La resistenza ai livelli, specialmente agli ultimi e tostissimi, vale bene un momento di gloria orrorifica a 16bit della console che ha animato insieme al PC Engine i dibattiti degli amanti degli shoot’em up, tra i sostenitori di questa o dell’altra console.
Orrori biomeccanici a bassa risoluzione
Ancora prima del box voto, un consiglio. Non avete in casa un Megadrive? Correte a prenderne uno. Li fuori tanti cercano un amabile collezionista pronto a far rivivere l'atmosfera e il fascino di un'era videoludica importantissima. Senza un Megadrive, picco commerciale di Sega all'epoca in cui pensare che avrebbe fatto solo software faceva sorridere, non potrete farvi una collezione che comprende alcuni tra i migliori shooter disponibili in assoluto (Thunderforce IV in primis), il miglior picchiaduro a scorrimento mai concepito (Streets of Rage 2), la saga a piattaforme di Sonic, chicche di vario tipo (Kid Chamaleon, Ecco the dolphin) e una sterminata softeca che collasserebbe questo paragrafo. Emulazione? Mah... volete mettere la soddisfazione di giocare con una cartuccia d'epoca e il leggendario pad del Megadrive, noto anche tra i collezionisti come la brioche per le sua ergonomia discutibile e le dimensioni non proprio miniaturizzate?
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Giochi di ieri, giochi di oggi
RetroLudica è la vostra rubrica dedicata ai giochi non più in commercio, funzionanti sui supporti e per i sistemi originali. Non è una rubrica dedicata all’emulazione, anche se di emulazione ci porterà a parlare. Il collezionismo e il classic gaming sono passioni comuni a milioni di giocatori. Noi vogliamo presentarvi titoli noti e meno noti, validi e meno validi, con uno sguardo particolare. In primo luogo, sfatando il più macroscopico errore di una certa “acritica” superficiale, quella votata senza saperlo al determinismo tecnologico: un gioco d’epoca, infatti, non è un gioco arretrato, inguardabile o da scartare incondizionatamente in favore di uno contemporaneo e più “avanzato”. Ottica, questa, che tradisce l’incapacità di valutare i giochi per il loro valore intrinseco e genera il cattivo paradosso per cui, se ogni gioco diventa “inguardabile” dopo pochi anni, si potrebbe allora ben concludere che non esista alcun gioco che sia bello di per se. Dobbiamo allora decantare le lodi di un gioco di ieri incondizionatamente, perché appartiene ai “bei tempi dei giochi di una volta”? No, grazie. Romantiche difese a oltranza dei “veri giochi” o squallide considerazioni sui “giochi vecchi e inguardabili” sono pseudo-correnti di pensiero che hanno la stessa ragione d’esistere: nessuna. Infatti, se un gioco era intrinsecamente scadente ieri, lo sarà anche oggi. Se è stato capolavoro ieri, lo sarà anche oggi. Quello che cambia è il contesto storico. Ma in questa rubrica vogliamo andare oltre anche il paradigma della validità intrinseca dei giochi: vedendovi documenti storici di epoche ludiche diverse, dotati di un ruolo, qualunque esso sia stato, nell’evoluzione e nella storia del gioco elettronico.