In questa serie di articoli che ripercorrono la storia di Super Mario, in occasione dei suoi trentacinque anni, abbiamo già parlato dei tanti creativi che ne hanno gestito le principali uscite, della sfolgorante nascita di Super Mario Bros. (che da alcuni, erroneamente, viene fatta coincidere con quella del personaggio) e della Mario Mania, quel fulgido periodo in cui l'idraulico era a capo del mondo dei videogiochi, addirittura - negli Stati Uniti - più popolare di Topolino. Ci eravamo lasciati con Yoshi's Island, alla fine dell'era SNES: mentre un team ultimava la splendida avventura del dinosauro Nintendo, Miyamoto e Koizumi, lavorando anche di notte, disegnavano la prima avventura tridimensionale dell'idraulico.
Quest'anno abbiamo già parlato parecchio di Super Mario 64, in particolare in prossimità dell'uscita di Super Mario 3D All-Stars, che contiene i primi tre episodi tridimensionali della serie. È stato l'ultimo capitolo della saga sviluppato direttamente da Miyamoto, e si vede eccome; è stata anche l'ultima volta - per ora - che Super Mario ha plasmato il futuro dell'intera industria, creando un mondo poligonale (e tridimensionale) come non se n'erano mai visti prima. A ripensarci adesso, c'è qualcosa di commovente nello sviluppo di questo gioco: il maestro (che lunedì scorso ha compiuto 68 autunni) che torna in cabina di regia per l'ultima volta, così da definire il gaming tridimensionale e donare una rotta da seguire, negli anni a venire, a tutta l'azienda. Una lavorazione in cui, fin dagli albori, viene accompagnato dal suo pupillo e successore designato, Yoshiaki Koizumi.
Il primo esperimento poligonale relativo a Super Mario era molto diverso da quello che sarebbe divenuto Super Mario 64; iniziò su SNES, sfruttando la tecnologia elaborata per Star Fox, ed era - a quanto ci è stato raccontato dai diretti interessati - un'avventura su percorso lineare. Per Miyamoto - e conseguentemente per Nintendo - Super Mario è sempre stato un platform, ma soprattutto lo strumento con cui inabissarsi nelle profondità dell'interazione e dei sistemi di controllo. Partendo da qui, da quel personaggio per la prima volta poligonale e vivo, il maestro decise che, per goderselo appieno, sarebbero serviti dei livelli aperti, da esplorare liberamente con mosse acrobatiche, quasi circensi.
Super Mario 64
Come già scritto, abbiamo recentemente rigiocato, e ampiamente parlato, di Super Mario 64. Sebbene l'inquadratura sia invecchiata male, è incredibile come il sistema di controllo, per profondità e variazioni, sia ancora quello più impressionante tra i Super Mario tridimensionali. Oggi, tuttavia, non ci interessa discutere di cosa rappresenti Super Mario 64 nel 2020: piuttosto, ci preme parlare di cosa fosse allora, e cioè, per chiunque l'abbia vissuto ai tempi, l'opera più strabiliante e futuristica esperibile in quel periodo (e non solo, forse). Super Mario 64 battezzò l'uscita di Nintendo 64, e mostrò cosa i videogiochi sarebbero stati da lì in avanti. C'è almeno una cellula di questo capolavoro in ogni avventura tridimensionale: restando in ambito Nintendo, quel piacere avanguardista ed esplorativo che nel 1996 comunicò l'idraulico, recentemente è stato ripreso da Breath of the Wild, in questo - e solo in questo - autentico erede del magistrale progetto di Miyamoto, ben più di Super Mario Odyssey.
Super Mario 64 ha dato il via all'ultima era in cui il platform è stato il genere più importante - o tra i più importanti - dell'industria: un'opera letteralmente epocale. Scalare la sommità del Bob-Omb Battlefield, trovare un avversario sferico che non va saltato, bensì aggirato, poi raccolto e infine scagliato a terra: un tragitto che nessuno potrà mai scordare. Esattamente come Super Mario Bros. undici anni prima, ma forse anche di più, Super Mario 64 non solo condusse l'interazione verso lande inesplorate, ma la intarsiò in un contesto architettonico semplicemente sbalorditivo. La presentazione e l'approfondimento delle meccaniche è ammirevole ancora oggi, soprattutto tenendo a mente che, all'epoca, non c'era un modello da cui copiare. L'archetipo, semplicemente, sarebbe stato lui.
Super Mario 64 è stato forse il titolo più importante degli anni '90, e uno dei più rilevanti dell'intera storia dei videogiochi. Coincise con un momento di forte transizione all'interno dell'azienda: Miyamoto, vista l'importanza dell'operazione, era tornato in prima linea. Ma sarebbe stata l'ultima volta. C'era bisogno di qualcuno che si occupasse delle sue saghe, che le conducesse nel nuovo millennio: EAD si divise in vari team interni, e su Mario si posarono le mani di Yoshiaki Koizumi.
Super Mario Sunshine
Come accadde nel 1985 con Super Mario Bros., creare il successore di Super Mario 64 non si rivelò affatto facile. Passarono gli anni, Nintendo sperimentò molto col multiplayer offline, ma nessun altro Super Mario - della saga principale - arrivò su Nintendo 64. Quando uscì GameCube, nel 2001, per la prima volta dopo due generazioni l'idraulico non accompagnò il lancio di una home console: un team di giovani sviluppatori si stava occupando del seguito, e avrebbe percorso una strada a dir poco alternativa.
A posteriori possiamo dire che scommettere su Super Mario Sunshine, e sul suo team di sviluppo, è stato un investimento fruttuoso; allo stesso tempo si trattò di un grande rischio, che nell'immediato non diede affatto i risultati sperati. Il problema di Super Mario Sunshine non furono tanto le meccaniche anomale, basate sull'utilizzo della pistola ad acqua SLAC 3000, ma il level design molto altalenante e, soprattutto, una grande carenza di contenuti: aveva la metà dei livelli di Super Mario 64, e con una percentuale di riempitivi sconfortante.
Super Mario Sunshine relegò le avventure dell'idraulico a un ruolo secondario. Nonostante questo, come abbiamo osservato recensendo Super Mario 3D All-Stars, prefigurò i due possibili sviluppi della saga tridimensionale: uno più lineare, manifestato dalle missioni acrobatiche senza SPLAC 3000, e uno più omogeneo, con ogni stage visibile dall'isola Delfinia, prodromico - con l'avvento di una più avanzata tecnologia - a un Super Mario a mondo unificato che non abbiamo mai avuto.
Super Mario Galaxy
Con l'episodio per Wii, che come il predecessore non avrebbe presenziato al debutto della piattaforma, Nintendo aveva due obbiettivi principali. Il primo era quello di riportare le vendite della serie a livelli adeguati, e cioè - minimo - sopra ai quindici milioni di unità. Il secondo era ritornare ai livelli qualitativi eccelsi che ci si aspettava da una serie prestigiosa come questa. Koizumi, già trasferitosi nel neonato studio edochiano, sperava di raggiungere entrambi i traguardi puntando su un concept elaborato anni prima assieme a Miyamoto: un percorso lineare basato sull'attraversamento di piccole piattaforme sferoidali, e sulla conseguente manipolazione (fantasiosa) della gravità. Quest'impostazione avrebbe dovuto aiutare le vendite perché, secondo i piani, avrebbe eliminato il "problema telecamera", rendendo l'esperienza più immediata, come ai tempi delle due dimensioni.
Non possiamo dire che le sperimentazioni gravitazionali di Super Mario Galaxy abbiano semplificato granché l'approccio ai mondi tridimensionali dell'idraulico. E infatti le vendite di quest'opera, pur notevoli, non hanno raggiunto i risultati straordinari dei capitoli bidimensionali. Tuttavia, la qualità del gioco si rivelò straordinaria: un'avventura dotata di una creatività pirotecnica, debordante, capace di sbalordire continuamente grazie all'ininterrotto gettito di idee.
Nonostante Super Mario Galaxy - volutamente - non offrisse la profondità dei controlli di Super Mario 64, si manifestò immediatamente nella sua magnificenza. Anche l'afflato narrativo di Koizumi trovò piena riuscita, relegato - ma non sacrificato - a delle scenette secondarie all'interno della biblioteca. Super Mario Galaxy era (ed è) geniale, visionario, vulcanico e, nei suoi momenti più intimi, perfino malinconico. È stato l'ultimo gioco diretto da Koizumi, il suo capolavoro, e il miglior titolo Nintendo degli anni '10.
Nonostante il trionfo critico di Super Mario Galaxy, una verità invisa all'azienda sarebbe stata presto rivelata. Più che invisa, forse sarebbe meglio dire inaspettata: durante la progettazione di Super Mario 64, Miyamoto si era concentrato sul modo migliore per traslare l'anima dell'idraulico in tre dimensioni. Diede per scontato, lui come tanti altri, che il 2D appartenesse ormai al passato. Per una volta, il maestro si era sbagliato: eccome se si era sbagliato. Ma ne parleremo la prossima settimana, nella terzultima puntata di questa serie di approfondimenti.