Come largamente prevedibile, la meccanica di gioco non sembra discostarsi affatto da quella del primo capitolo apparso su Xbox; il tutto ruota attorno alle combattenti femminili del più “serioso” Dead or Alive, qui impegnate non in incontri all’ultimo sangue bensì in rilassanti passeggiate sulla spiaggia, partite di beach volley e giochi acquatici (e non) di vario genere. I modelli poligonali delle ragazze possono essere, a seconda dei gusti, molto intriganti o piuttosto ridicoli: forme perfette, gambe slanciate e comportamenti da bambine si affiancano a perizomi al limite della definizione di “filo interdentale”, costumi microscopici e, soprattutto, enormi seni. Questi ultimi sono gestiti da un modello fisico davvero poco realistico (volutamente, crediamo): in pratica lo sballonzolamento non solo è stranamente indipendente l’uno dall’altro, ma è anche talmente accentuato da perdurare ben oltre il movimento del corpo della ragazza. Come i più attenti avranno notato, dal titolo del gioco è sparita la dicitura “beach volley”; ciò non significa affatto che il popolare sport sia stato eliminato, ma piuttosto che gli altri minigiochi hanno aumentato di importanza e peso specifico rendendoli tutti parte integrante allo stesso modo del concept. Nella demo presente, abbiamo avuto modo di provare appunto la pallavolo su spiaggia, sempre due contro due; malgrado Itagaki avesse annunciato di aver dedicato maggiore attenzione e cura a questa modalità, sinceramente non siamo riusciti a trovare grosse differenze rispetto al primo capitolo. Il gioco è ancora molto arcade, piuttosto semplice e legnoso, non certo destinato quindi a rappresentare il termine di paragone per il genere. Inoltre la telecamera faticava in alcune occasioni a seguire i rapidi movimenti della palla, il che unito alla strana prospettiva e all’assenza di un indicatore della traiettoria, ci ha spesso portati a compiere errori indipendenti dai nostri demeriti. Abbiamo quindi preferito passare a Marine Race, che altro non è se non Wave Race di Nintendo copiato e addizionato di tette. Stessa meccanica di gioco, con le boe rosse e gialle a delimitare il percorso, le pedane per fare i trick, il moto ondoso, la possibilità di compiere evoluzioni sopra al proprio jetski e il boost. Il Pool Race richiedeva invece di superare una fila di pedane galleggianti colorate disposte sulla piscina; ogni colore è associato ad un tasto del pad, da premere per proseguire nella maniera corretta. Queste modalità, nella versione completa, saranno poi accompagnate anche da Beach Flags, il classico gioco della bandiera da prendere per primi correndo con l’avversario, Thug of War, ovvero tiro alla fune su pedane in piscina, Butt Battle, gara a colpi di chiappe sempre su un galleggiante, e Watersliding, la discesa dallo scivolo d’acqua. Non manca un photo mode per dedicarsi a immortalare la propria ragazza preferita senza pudore e da qualsiasi angolazione. Dal punto di vista grafico, DOAX2 ci è sembrato analogo a DOA4: un indiscutibile miglioramento rispetto ai precedenti su Xbox, ma sinceramente non così marcato come sarebbe stato lecito attendersi dal salto generazionale. Il gioco invece piacerà molto a chi ha amato l’esordio della serie, ma di certo non farà cambiare idea ai detrattori; Itagaki ha evidentemente una idea ben precisa per questo franchise, e non ha nessuna intenzione di stravolgerla. Ad ognuno le proprie conclusioni.
Vedere il trailer di Dead or Alive Xtreme 2 alla conferenza Microsoft è stata una delle esperienze più esilaranti della nostra trasferta a Tokyo, con buona parte degli spettatori presenti incapaci di trattenere grasse risate di fronte alla spudorata quantità di seni e chiappe sballonzolanti mischiati con scene lesbo soft core. Con relativo interesse abbiamo quindi approfittato della presenza del gioco in questione sullo showfloor della fiera per affrontare una prova su strada della produzione Tecmo, ormai prossima a raggiungere gli scaffali dei negozi di tutto il mondo.