li italiani sono un popolo unico al mondo. Sono in crisi? Non c'hanno più una lira, pardon, un euro? E chi se ne frega, tanto è agosto, è "il mese delle vacanze". Ti serve assistenza? Se ne parla a settembre. Ti serve un pezzo di ricambio? Torna a settembre. Cerchi qualcuno? Cercalo a settembre.
In effetti l'anno, lavorativamente parlando, è di undici mesi, non di dodici. E' proprio per questa malattia tutta italiana che Multiplayer.it, fin dal suo esordio, ha scelto un'altra strada: quella di cercare di spalmare le ferie sull'intera estate assicurando un servizio pressochè invariato. Ho sempre pensato che i grandi cambiamenti iniziano sempre con piccoli esempi.
Così mentre gli italiani se ne stanno al mare, negli Stati Uniti è partito un dibattito che mai mi sarei sognato: l'Electronic Entertainment Expo come lo conosciamo ha ancora senso? La domanda è retorica dato che una risposta è già stata data dall'industry: no. E non è stato un cambiamento all'italiana, o come diceva Tancredi nel Gattopardo per "cambiare tutto per non cambiare nulla". E' stata una svolta all'americana: basta fiera, basta spettacolo, basta 60000 visitatori, basta Los Angeles Convention Center.
I tempi sono cambiati.
Si va in albergo, su invito, in suite e stanze di pregio, ci si vede in 7-8 seduti sul divano, davanti ad uno schermo e si vedono le novità. I ragazzini travestiti da professionisti, le orde di giornalisti barbarici e gli stand sfarzosi rimarranno solo dei ricordi impressi nelle pellicole del passato.
Vi confesso che con questa notizia una parte di me è un po'... come morta, senza eccessivamente drammatizzare. L'annuale ritrovo losangelino, quel tuffo nell'oceano dei videogiochi non solo era un corso di aggiornamento intenso e piacevolmente violento,
Dal compatto e virile "E3" si passerà ad un annacquato e un po' gaio "E3 Media Festival".
ma era anche un modo per rinsaldare lo spirito di squadra lontano dalle scrivanie, incontrare persone che, incredibilmente, non si riescono a trovare in Italia e rivedere gli amici sviluppatori americani/francesi/inglesi/tedeschi/giapponesi che in nessun altro modo era possibile trovare. Cambiato luogo, format e idee, cosa può essere ancora cambiato? Il nome naturalmente! Dal compatto e virile "E3" si passerà ad un annacquato e un po' gaio "E3 Media Festival". Non contenti la rivoluzione ha toccato anche le date: dal fresco e godurioso maggio, al torrido e affollato (di eventi) luglio.
Il re è nudo.
Doug Lowenstein, potente presidente dell'ESA (Entertainment Software Association, l'associazione dei publisher e sviluppatori americani, titolare anche del marchio E3), ha raccontato che "rispetto a dodici anni fa i tempi sono cambiati, le esigenze dell'industry anche". In altre parole, ci dispiace ma con i soldi dell'E3 ci facciamo 5 fiere in giro per il mondo, passando per Lipsia (Germania), Tokyo Game Show (Giappone) e un IDEF (Francia). Voglio essere sincero fino in fondo: al di là dei sentimentalismi la motivazione è tutt'altro che campata in aria. Ha fondatissime ragioni, soprattutto perchè a colpi di spettacolarità, il costo di un singolo stand al Los Angeles Convention Center era lievitato a diversi milioni di dollari, soldi spesi non solo per gli enormi allestimenti, ma anche per la logistica e lo spostamento di centinaia di dipendenti e clienti in viaggio bonus. Ecco dunque sfornata la nuova configurazione mondiale delle fiere: una serie di eventi più piccoli, a servizio di un'area geografica delimitata, apparentemente concorrenti tra di loro, magari sovrapposti come periodi, ma personalizzati ad uso e consumo del luogo. Starà poi a noi giornalisti decidere se seguire o meno questa nuova tendenza. Ma se tanto mi dà tanto, ho idea che dovremo aumentare i budget da destinare a trasferte...