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VIDEOLUDICA Vol. 07 - Play ONline, Play OFFline

Speciale: Offline ed online, le due facce del multiplayer. La prima propria dell'universo console (prima dell'avvento di Xbox Live), la seconda di quello PC. Due modi radicalmente diversi di vedere il multigiocatore con approcci, e risultati, completamente differenti. Che noi andiamo ad analizzare...

RUBRICA di La Redazione   —   06/02/2004
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VIDEOLUDICA Vol. 07 - Play ONline, Play OFFline

Il giocatore. Esploratore di mondi altri, in bilico tra mimesi e vertigine. La società. Fondamento di esistenza, esito forzato di un istinto biologico. Il gioco individuale o il gioco sociale? Elitès o esiti democratici? Iniezioni di novità dentro a crani di gomma. Per anni e anni il geek; il nerd; il ragazzino deriso in vignette occhialute; quello che gioca sempre ai videogiochi; popola i risolini; le saghe cinematografiche della rivincita dei nerd; lo slot esistenziale della sfortuna negli affari di coppia (non gli vengono riservati neanche insuccessi nei menage a trois); le camerette con l'aria viziata. Letteratura o realtà? Fantasia, sembrerebbe. Se vi sembrava logico (anche ripensando alla stilettata eccessiva di Yamauchi sui ragazzi "tristi e soli" che amano la Square), la Microsoft vi risponde finanziando una ricerca importante che svela tutte le prove del caso. Ci dicono adesso che il videogiocatore può essere cool. E avere successo in società. Basta essere onlain. L'ultima notizia a proposito è abbastanza fresca: i videogiochi, secondo David Good della Cambridge University, cessano di essere attività circoscritta, diventando una opportunità di socializzazione esattamente come i centri sportivi e le discoteche, tant'è che (specialmente se siete onlain e laiv) sono diventanti uno spazio per l'interazione sociale. La notizia è stata votata come seconda migliore scoperta del 2003 dopo quella dell'acqua calda, e precede la scoperta dei videogiochi da parte di Microsoft (terzo posto). Ma in definitiva io, essere sociale, per non intorpidire il mio istinto animalesco che mi definisce come essere umano, devo essere online? O mi conviene riunirmi tre amici/che in cameretta con bevande, cibarie e 4 controller per il multiplayer? Eppoi, mi conviene avere un portatile game-oriented o una macchinona portatile cool che legge i DVD? Insomma, multiplayer online o offline? E come?

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Spacewar al multiplayer test di Stephen Russell, il classico Pong a due giocatori e il recente Mariokart: Double Dash!! alla prova in quattro... Il videogioco richiama geneticamente la sfida con un altro essere umano.

Multitap in cameretta e server sulla rete

Penso che i due più significativi eventi del grande cambiamento del fattore multiplayer siano germinati a cavallo tra la generazione a otto e quella a sedici bit. Il primo riguarda le macchine casalinghe: la generazione a sedici bit aveva abbastanza potenza di calcolo da potere gestire i primi split-screen e affrontare con migliore resa le trasposizioni dai coin-op, con la definitiva consacrazione dell'arcade at home. Street Fighter 2 per SuperNES non sembrava vero nel salotto di casa mia, e Mortal Kombat 2 era dannatamente simile all'arcade. Potevo scandalizzare mia zia con il berrettone assassino di Liu Kang senza invitarla tra la mia compagine di nerd e bulletti in sala giochi. MarioKart soppiantava sistematicamente F-Zero nello slot. Si sognava l'Ultra64 per giocare a Killer Instinct a casa. E nel frattempo di multitap per il SuperNES ne erano usciti due, uno con la faccia di Bomberman, e un mio amico aveva MicroMachines per il Genesis, e ci si giocava in due anche con un solo pad. All'uscita del Nintendo64, le quattro porte joypad finalmente implementate di serie in una console mainstream parlavano al cielo annunciando la rivoluzione. Che non ci fu. MarioKart64 scattava in più di tre persone. Tekken invece era uscito per PSX. E qui arriviamo al secondo punto. Le sale giochi non reggono l'impatto-pleistescion. Milioni di persone scoprono l'arcade at home a una soglia di somiglianza mai raggiunta. Il multiplayer offline della sala giochi inizia a inaridirsi e morire. E' tempo del multiplayer at home. Questo, intendiamoci, su console, un regno dove l'online ancora oggi tentenna (ma ci si tuffa tutti al più presto, volenti o nolenti). Infatti, nel frattempo, la comunità digitale aveva una sua storia parallela di gioco, ben diverso dalla conversione di Golden Axe e di Tetris in link sul GameBoy. Già dai primi '80 c'erano i Multiplayer User Dungeons (and Dragons secondo alcuni), popolati da gente che leggeva troppo Tolkien ma almeno ne sapeva a pacchi mentre oggi al massimo ci beccheremo un MMORPG per icsbocs ispirato alle nefandezze di Peter Jackson. Il MUD inventato da Trubshaw e Bertle nel 1978 era il prototipo del cyberspazio ludico-letterario, interamente testuale, dove gli avatar popolavano Advent e Hack. Poi fu Berners-Lee. Il web. Doom. E in milioni a preferire un essere umano insultante al solito Cacodemone. Il resto è storia recente dei PC gamers, una storia che si sta finalmente riunendo con quella delle console.

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La tipica postazione da FPS online e Pacman VS per GameCube (che sfrutta la connettività, in compresenza dei giocatori, tra GC e GBA). Il tipo di esperienza multiplayer conosce momenti e caratteristiche estremamente diverse tra console e PC e le pratiche si stanno lentamente avvicendando da un paio di generazioni hardware.

Virtual Live VS Room Party
Oggi come oggi la politica online è sulla bocca di tutti e per molti è uno dei futuri pilastri, dei principi del gioco elettronico nel nuovo secolo: gli altri sono la portabilità (stanno uscendo sei portatili al minuto, Sony entra nel campo degli handheld, i tamarri giocano con il cellulare, la miniaturizzazione rulla) e la compenetrazione mediale (DVD + games + mini PC + musik + hot coffee, etc.). Restando all'online, possiamo confrontare le stranote politiche dei colossi del gioco. Nintendo continua a rimanerne fuori, perché non esisterebbero basi per un successo commerciale mainstream sia a livello economico che tecnologico. Sony si prepara alla disfida con Microsoft, fa i suoi tentativi, rifinisce la PS3 sul piano della connettibilità wireless. Microsoft sfonda il mercato dei videogiochi come un ariete si apre il cervello per abbattere un muro, ma i soldi per cucire le ferite ci sono e Xbox Live! funziona. Il dato di fatto è che Xbox e Xbox Live sono la congiuntura storica tra il mondo delle console e i PC gamers, tra multiplayer in sito e online. Ma quanto funziona l'online in rapporto alla tradizione? E il solito gioco in cameretta si evolve o no? A me sembra di si. Guardando un po' di dati, sembra che il numero di giocatori online per console (vecchio server Sega, Xbox Live + Square) non superi o sia inferiore non già, ovviamente, al totale dei videogiocatori tradizionali, ma proprio alle novità che il gioco in cameretta è riuscito a proporre negli ultimi anni: i party games, le esperienze EyeToy, i rhythm games. Riuscire a riunire amici disposti a massacrarsi in camera a quelle che i più strafighi blastatori di FPS in fotocopia definiscono "bambinate" come MarioParty, Dance Dance Revolution e la serie EyeToy, insomma, sembra interessi a più persone rispetto che chiudersi solitari con un gamertag all'assalto di sfide con illustri sconosciuti.

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EyeToy, rhythm games con elementi fisici e la serie di Mario Party recuperano il senso dell'interazione umana nel videogioco fondandosi fortemente sulla compresenza o le donano elementi "fisici".

Qui si consuma il paradosso: i giochi che stimolano l'interazione sociale come ci viene confermato da una ricerca prezzolata da Microsoft sono proprio quelli che Microsoft non ha interesse a promuovere mentre si muove nell'orizzonte di una fusione del mercato PC-console con Xbox (notata la "X" del brand directX?): sono i party games, che sfondano insospettabilmente in classifica, a farla da padrone, con la loro additività sociale, la loro immediatezza, il loro apparato extra-video di tamburelli, telecamere che ci proiettano sullo schermo e così via. Insospettabilmente, mentre gli avatar e le esistenza virtuali dei gamertag si intensificano, esperimenti come Eyetoy proiettano le possibilità del videogioco oltre il confine ipotetico dello schermo, confondendolo con la realtà fisica e ampliando l'orizzonte dell'interazione sensoriale, un aspetto basilare del concetto stesso di gioco.
Dobbiamo gettare via le esperienze online? Affatto. Ma non sarebbe male che, continuando a lavorare per migliori ID digitali, si continuasse ugualmente a promuovere l'aspetto fisico, di fusione carnale del videogioco, la pluralità dei suoi ambienti di rappresentazione, il suo potenziale sinestesico.


VIDEOLUDICA è la premiata rubrica di storia, critica e teoria del videogioco dedicata all’universo del gioco elettronico con un taglio diverso, accattivante, maturo. VIDEOLUDICA vi porta alla scoperta dei generi perduti, dei veri autori, delle teorie sul videogioco, degli incroci con il cinema e le altre arti, delle tematiche più scottanti: tutto quello che avreste voluto leggere sui videogiochi e non avete mai osato chiedere.
Un appuntamento fisso per i nostri utenti Gold a cura di Marco Benoit Carbone.

In questo numero: VIDEOLUDICA vol. 07 - Play ONline, Play OFFline.La cameretta piena di amici e controller oppure il server per la sfida a migliaia di chilometri? I parametri da impostare per evitare il lag ed entrare nel cyberspazio o i cavi per collegare quattro persone ad una sfida nella stessa stanza? Il videogioco come socializzatore è meglio Online o Offline?

In origine era in due
In origine era in due. In origine era Stephen Russell. Quando il videogioco nacque sul PDP-1 del MIT nessuno pensò che sarebbe stato enormemente divertente giocare con uno sconosciuto chissà dove e con un nickname contenente quindi cifre per distinguersi da altri simili, e si fiondò a concepire un collegamento tra due enormi cassettoni in due parti diverse del mondo. Il TCP-IP era fantascienza. Invece, a Spacewar ci si giocò in due in loco. Sin dall'inizio l'istinto del confronto con l'essere umano prevalse. A dire la verità, in Spacewar non c'era un'intelligenza artificiale degna di essere affrontata in single player. Possiamo sbilanciarci e sostenere che il videogioco è nato come un multiplayer offline? Ciò non toglie che il single player mode sia fondamentale per la dimensione solipsistica del gioco, per il ritiro nella mimesi narrativa, nel ludus dell'automiglioramento, nel piacere di controllo puro: ma non siamo tentati di mostrare a qualcuno quanto siamo diventati bravi a saltare di muro in muro per prendere le monete blu, di raccontare che cosa è successo quando siamo entrati per la prima volta nell'End of Time, di fare sapere che abbiamo superato sette schemi di fila prendendo sempre la frutta al centro? Esiste un istinto di conservazione sociale tale che qualsiasi dispositivo di reward per il giocatore non possa esaurirsi in una schermata, in un congratulations, nell'ennesimo livello bonus. Da quando fu venduta la console, la console ebbe più di una porta joypad.