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Virtua Quest

Dite la verità, un RPG su Virtua Fighter l’avete sempre desiderato... Ebbene, è il vostro giorno fortunato. O no?

ANTEPRIMA di Michele Maria Lamberti   —   10/11/2004
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World Wild Web

In realtà che le cose siano cambiate possiamo solo dedurlo, anche se con una certa sicurezza, dal momento che al primo annuncio del gioco furono veramente scarsissimi i dettagli rilasciati: solo nome, data di lancio e il fatto che il titolo fosse pensato per un pubblico più vasto possibile. Siccome tutt’e tre queste caratteristiche sono state stravolte...
Comunque la mettiate, le cose oggi come oggi stanno così: nel futuristico mondo di Virtua Quest (questo il nome delle versioni occidentali, quello giapponese è Virtua Fighter: Cyber Generation) è stata costruita una città “volante”, Acropolis, per lo sfruttamento di risorse minerarie non meglio specificate. Come potete immaginare, per quanto uno ci possa mettere tanta buona volontà, il problema di una città volante resta sempre lo spazio, e la tecnologia arriva in aiuto sotto le vesti di Nexus, un sistema di realtà virtuale che sopperisce a quei bisogni dei cittadini che la realtà reale non è in grado di soddisfare. In poco tempo Nexus diventa così grande, complesso, ramificato e frequentato che, in puro stile Matrix, chi ne è preposto al controllo non è più in grado di farlo al 100%, e le anomalie si manifestano come oggetti rari e di valore, proprio perché non previsti, che cominciano a comparire qua e là per il mondo virtuale. Dei veri e propri tesori, e di conseguenza non tardano ad apparire i cercatori, figure che si specializzano nella caccia agli oggetti più particolari. Sei, un ragazzino di 14 anni, è uno di questi. Sei, chiaramente, sarete voi qualora decideste di acquistare il gioco.
Sei però non è un normale “Treasure Hunter”: magari vi starete chiedendo che c’entra Virtua Fighter in tutta questa senza dubbio affascinante e convoluta premessa... Niente paura, eccovi accontentati! Voi, nonostante magari li abbiate giocati e finiti alla follia, probabilmente non lo sapete, ma i tornei indetti in occasione di VF2 e VF4 non erano altro che espedienti messi su da non si sa bene chi per osservare e raccogliere dati sui più grandi combattenti del passato, dati che sarebbero poi confluiti nella costruzione di una pericolosissima arma “fine-di-mondo”: questi dati sono conservati in particolari chip detti “Virtua Souls”, che cominciano a comparire proprio in Nexus. E - quando ci si mette il caso! – sembra proprio che l’unico in grado di impossessarsene sia Sei... Questa singolare capacità del ragazzo fa gola al Judgement Six, una pericolosa congrega di personaggi che reggono le fila del potere politico ed economico nel mondo di Acropolis; il resto vien da sé...

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Picchia, salta e vai di là

Virtua Quest si presenta al giocatore come un ormai classico “tuttofare”, uno di quei giochi che mescola caratteristiche di questo o quel genere e che in definitiva si potrebbe classificare sotto il nome del buon vecchio Action Adventure. VQ presenta caratteristiche da JRPG e da avventura nipponica, affiancate a componenti Action e più precisamente Beat ‘Em Up e Platform; sembra in effetti che l’azione la faccia da padrone, con le componenti RPG e Adventure che si limitano all’esplorazione di livelli piuttosto grandi ma mai troppo complessi e all’upgrade del personaggio, sia tramite vari oggetti e power up da trovare in giro o da acquistare presso negozi virtuali, sia attraverso una fondamentale caratteristica che ci sembra giusto riservarci per il prosieguo dell’anteprima.
Sei è dotato di tutte le caratteristiche basilari del moderno protagonista di giochi d’azione: dal punto di vista delle mere mazzate abbiamo un pulsante per l’attacco standard, combinabile per effettuare le classiche combo, un pulsante per un attacco pesante, un pulsante per la difesa e uno per il salto. Muovendoci più sull’azione, da segnalare oltre al salto l’abilità di aggrapparsi e muoversi sulle sporgenze e la capacità addirittura di camminare sui muri come notoriamente fanno i Principi Persiani e i ninja del lontano Giappone; oltretutto, Sei è dotato di un preziosissimo lazo elettrificato, che entra in gioco sia per raggiungere parti del fondale altrimenti inaccessibili sia per provocare dell’ulteriore dolore ai malcapitati nemici (ma tanto sono virtuali...), che dopo essere stati lanciati in aria tramite una presa possono essere raggiunti tramite suddetto lazo per essere colpiti senza tema di errore, magari più e più volte. Tutto questo in un contesto che sembra prevedere esclusivamente risse da strada sullo stile dei vecchi Final Fight o, per restare in tema Sega, Streets of Rage.
Un combattimento uno contro uno si avrà invece solo in una particolare occasione, e cioè quando Sei si imbatte in una Virtua Soul: allora la rappresentazione virtuale del personaggio i cui dati sono racchiusi in quel chip si farà avanti, e il gioco diventerà un vero e proprio Virtua Fighter semplificato. Sconfiggendo il proprio avversario, Sei otterrà una delle sue mosse, da aggiungere al proprio arsenale per upgradare le proprie capacità di combattimento o semplicemente per avere a disposizione varie opzioni, una delle quali sicuramente più adatta delle altre davanti a particolari ostacoli. Al giocatore scoprire quale... Ci sono, pare, 45 Virtua Souls sparse per il gioco, alcune da raccogliere necessariamente per andare avanti, altre come ricompensa per sottoquest opzionali, per un totale di 45 mosse prese paro paro dai quattro picchiaduro di Akira e compagnia; solo sei saranno equipaggiabili in un dato momento, ed ecco spiegata l’ulteriore, e fondamentale, caratteristica RPG del gioco.

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Nessuno è profeta in patria

Quello messo in piedi da AM2 è sicuramente un sistema interessante e ricco di potenzialità, che vanno però verificate all’atto pratico. Il gioco è già disponibile sul mercato giapponese, uscito a fine Agosto a fronte di un responso della critica freddino e di un successo ai botteghini, parliamo di entrambe le versioni, che se fossimo cattivi non esiteremmo a definire ridicolo; i motivi possono risiedere in vari problemi che le recensioni e gli hands on hanno segnalato.
Tanto per cominciare sembra che, nonostante i proclami della primissima ora, Virtua Quest sia un gioco effettivamente pensato per un audience in età imberbe, e questa decisione farebbe sentire il suo peso sia su una complessità bassa, che non sfrutta tutte le potenzialità del concept, sia su una grafica “bambinesca” e poco performante. In realtà, mentre sullo stilema grafico le varie “fazioni” potrebbero discutere per ore senza mai addivenire a un compromesso, non si può non segnalare come il gioco visto in movimento sia nettamente più degno che nelle foto rilasciate da Sega, con una fluidità confortante e soprattutto delle animazioni spettacolari in puro stile AM2. Allo stesso modo però non si può tacere sul dettaglio poligonale molto più basso di quanto si potesse preventivare per un Adventure rispetto ai due ultimi episodi della serie principale: Akira, Pai e compagni sembrano paragonabili a quanto visto in Virtua Fighter 2 piuttosto che nell’ultima puntata, e sebbene un calo di dettaglio sia inevitabile, parliamo pur sempre di un Adventure contro un picchiaduro uno contro uno, sembra evidente che l’impegno di AM2 non sia stato equivalente a quello messo negli episodi canonici.
Altri problemi evidenziati sono la telecamera poco customizzabile e abbastanza restia ad adattarsi alle situazioni di gioco, e questa è una vera e propria croce delle produzioni Sega degli ultimi anni, e un controllo poco soddisfacente. Tutti problemi che non si spiegano soprattutto alla luce del fatto che il gioco esce praticamente un anno dopo la prima data annunciata... Ovviamente il tutto andrà testato sul campo nelle versioni occidentali: 11 Gennaio negli States, niente ancora di definitivo, ma la distanza non dovrebbe essere troppa, per l’Europa. Solo allora potremo stabilire se il giudizio nipponico sia stato troppo precipitoso o se, effettivamente, il decimo anniversario della storica saga sia stato festeggiato, oltre che in ritardo, anche sottotono, e il tutto si riveli una grande occasione sprecata. Per la delusione di una sola categoria di videogiocatori: tutti.

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Mutatis mutandis

Quando, ed eravamo nell’ormai lontana fine di Marzo del 2002, un imbellito Yu Suzuki annunciò al mondo il misterioso Virtua Fighter Quest per festeggiare il decimo anniversario della saga picchiaduristica, furono diverse le categorie di videogiocatori che si ritrovarono il cuore in sollucchero. I fan Sega innanzitutto, quelli di AM2 e dei lavori del Maestro Yu in particolare, perché il gioco aveva tutta l’aria di essere un kolossal che solo una casa in netta ripresa dai disastri del passato poteva accingersi a produrre; poi i fan di Shenmue, perché nell’attesa dell’evanescente terzo episodio delle avventure di Ryo Hazuki un VFQ poteva essere non poco somigliante al Capolavoro suzukiano; e ultimi, ma non per importanza, i fan Nintendo, perché il gioco fu annunciato come in sviluppo sul solo GameCube, e aveva tutte le potenzialità per essere un’esclusiva di quelle pesanti.
Ma di cose in due anni e passa ne cambiano parecchie, e la decisione di sviluppare il titolo anche su PlayStation 2 è solo una, francamente pure la meno importante, delle novità che AM2 ha apportato strada facendo...