The Legend of Zelda: Breath of the Wild continua ad essere uno dei giochi più popolari su Nintendo Switch, ma l'apertura di approcci ed esplorazione che lo caratterizza determina, in certi casi, l'emersione di metodi non proprio regolari per affrontarlo al meglio, come dimostra il caso di un uomo arrestato per aver venduto salvataggi modificati per il gioco.
Ichimin Sho, residente a Tokyo, in Giappone, vendeva salvataggi per The Legend of Zelda: Breath of the Wild su Nintendo Switch attraverso un sito di e-commerce. Definito un "hacker", l'individuo in questione vendeva "dati di salvataggio definitivi", come sosteneva lui stesso nelle inserzioni, ottenuti attraverso procedimenti irregolari sul software.
Questi salvataggi venivano costruiti probabilmente attraverso reverse engineering sul software del gioco, sbloccando elementi altrimenti molto difficili da ottenere e consentendo ai giocatori dei miglioramenti immediati in termini di statistiche, oggetti e altro a richiesta degli acquirenti, per circa 32 dollari a salvataggio.
Acquisendo notorietà, Sho ha attirato l'attenzione anche della Polizia della Prefettura di Niigata, la quale ha arrestato l'uomo per violazione della legge giapponese di Unfair Competition Prevention Act. Sebbene un arresto per una questione del genere possa sembrare un po' esagerato, il problema è proprio legato al procedimento utilizzato da Sho per ottenere i salvataggi.
Secondo l'Association of Copyright for Computer Software, questi salvataggi venivano ottenuti "eludendo le restrizioni tecniche" messe in atto da Nintendo su hardware e software, dunque probabilmente sfruttando modifiche al gioco o a Nintendo Switch. Secondo quanto riferito dall'accusato, la vendita di questi salvataggi è iniziata nel dicembre del 2019 e ha fruttato finora circa 10 milioni di yen, ovvero quasi 80.000 euro.
In questo caso, la questione ha a che fare direttamente con la Polizia locale, a quanto pare, ma non è certo il primo caso legale che vede Nintendo vincitrice contro sistemi del genere, come abbiamo visto di recente con la causa contro un sito di ROM o quella da 2 milioni di dollari contro Uberchips.