Nel bel mezzo di un'aspra contrapposizione tra i fautori delle esperienze in single player e quelli che promuovono i "giochi come servizi", basati per lo più sul multiplayer e i contenuti aggiuntivi, fa riflettere come MachineGames non abbia neppure considerato di inserire un comparto online in Wolfenstein II: The New Colossus. Una feature del genere avrebbe dirottato importanti risorse che il team di sviluppo ha voluto focalizzare sulla storia, la direzione e il level design; e dopo aver completato la campagna del loro ultimo titolo non possiamo che dare ragione allo studio svedese, capace con questo nuovo capitolo di creare un vero e proprio punto di riferimento per gli sparatutto dotati di una componente narrativa.
Strutturalmente il compito svolto da Jens Matthies e dai suoi collaboratori è in verità piuttosto semplice, caratterizzato com'è da un'attenta alternanza tra fasi giocate e suggestive cutscene, alcune delle quali completamente fuori di testa, finanche tarantiniane nell'uso del "gore", ma in tutti i casi scritte dannatamente bene e dirette in modo eccellente. Il risultato finale è molto convincente, un The New Order sotto steroidi, ancora più folle e spietato, frenetico e spettacolare, arricchito sotto vari aspetti per consegnarci anche un contorno / endgame sostanzioso, nonché la possibilità di rigiocare il tutto almeno una volta per dar seguito alla dolorosa scelta fatta nel primo episodio: sacrificheremo Fergus o Wyatt? Ognuno dei due percorsi produrrà cutscene e missioni secondarie differenti, mettendoci peraltro a disposizione un'arma extra che utilizza fasci di luce o sfere di fuoco.
Non oggi
William Joseph Blazkowicz non vuole saperne di arrendersi: al termine di Wolfenstein: The New Order ci eravamo chiesti se il personaggio fosse sopravvissuto allo scontro finale: la risposta naturalmente è sì, ma non senza conseguenze. L'uomo passa alcuni mesi in coma, e quando si risveglia ha come un deja-vu: il sottomarino nazista conquistato dalla sua squadra è stato intercettato dalla malvagia Frau Engel, che ha inviato truppe di soldati a bordo per stanare i ribelli. Blazko non ha scelta, ma è troppo debole. Così si trascina su di una sedia a rotelle e da lì, fucile spianato, torna a fare ciò che gli riesce meglio: ammazzare nazisti. L'epilogo della fase introduttiva è violento e drammatico, ma serve per fornire agli autori un espediente per rimettere in piedi il protagonista, che si ritrova avvolto nella misteriosa armatura Da'at Yichud e di nuovo capace di combattere a pieno regime... o quasi. Per tre quarti della campagna dovremo infatti accettare di vedere la nostra barra della salute riempirsi non più del 50%, laddove invece il valore della corazza potrà salire fino al 200%.
Considerato il sistema di gestione dell'energia adottato dalla serie, che fa uso di medikit e componenti da trovare in giro piuttosto che di un ripristino automatico dei valori, si tratta di una soluzione che spesso e volentieri ci metterà con le spalle al muro, incapaci di incassare colpi quando privi di protezioni. Un ulteriore motivo per abbracciare la filosofia alla base dello sparatutto di MachineGames, che ci chiede di agire davvero in silenzio, seguendo i complicati dettami di un approccio stealth spietato fatto di attese, attente pianificazioni e uccisioni di soppiatto; oppure di combattere a viso aperto, senza appostarsi e anzi muovendosi rapidamente da un punto all'altro dello scenario. Anche perché i nemici, pur non eccessivamente scaltri, sapranno sempre come prenderci alle spalle. Si tratta di una precisa scelta di design, probabilmente: gli autori volevano comunicare l'impossibilità di sentirsi davvero al sicuro quando un comandante nazista suona l'allarme e nello stage si riversano decine e decine di soldati più o meno corazzati, androidi da combattimento pesanti o leggeri, cani robotici di varie taglie, droni e quant'altro.
More of the same?
L'esperienza di Wolfenstein II: The New Colossus non rappresenta una rivoluzione rispetto a The New Order, bensì un arricchimento fatto anche di tante sfaccettature inedite, specie sul fronte delle missioni secondarie. A bordo della base, liberamente esplorabile, potremo entrare in contatto con membri dell'equipaggio che ci proporranno attività facoltative, alcune delle quali utili a recuperare importanti gadget tecnologici; ma anche utilizzare i codici Enigma sottratti ai comandanti tedeschi per cimentarci con un piccolo minigame di decrittazione e individuare bersagli a cui dare la caccia in quello che si pone come l'aspetto più sostanzioso e interessante dell'endgame, accessibile dunque anche una volta completata la storia. La carta della rigiocabilità, che in un'esperienza prettamente single player rappresenta un valore molto importante, è stata utilizzata in modo intelligente da MachineGames e difficilmente vi fermerete una volta portata a termine la campagna, che dura circa dodici ore, scegliendo magari anche di fare un ulteriore giro completo per scoprire le cutscene legate al personaggio di Fergus (godibilissime, ve lo possiamo assicurare) o di Wyatt.
È proprio nella narrazione che questo nuovo capitolo ingrana la quinta, spingendosi verso terreni inesplorati e cercando di rappresentare al meglio lo scenario distopico di un mondo dominato dai nazisti. E il gameplay? Sotto questo aspetto sono molteplici i punti di contatto con l'episodio d'esordio, com'era lecito attendersi: le armi non sono tantissime, ma hanno una caratterizzazione molto precisa che le rende uniche, fattore questo che tanti sparatutto danno per scontato, finendo per consegnarci arsenali sconfinati ma in cui difficilmente si riesce a distinguere un fucile dall'altro, o magari non ci si ritrova mai a corto di munizioni. La novità delle due armi differenti da impugnare in contemporanea è stata gestita dignitosamente dal punto di vista dell'interfaccia, pur con la stessa macchinosità di fondo nella selezione, ma non produce chissà quali differenze in termini pratici.
Di certo, però, l'efficacia dell'arma singola impallidisce rispetto ai danni che possiamo arrecare sparando con due fucili allo stesso tempo, persino quando si tratta dei nemici più coriacei. Sembra insomma che ogni scelta in The New Colossus abbia un perché, che nulla sia stato lasciato al caso, e in tal senso da un certo punto della campagna è possibile scegliere un gadget che consente di approcciare le missioni in modo differente: un corpetto che ci fa diventare arieti umani quando corriamo, un costrittore che permette di strisciare attraverso stretti cunicoli oppure un set di trampoli in grado di trasformarci in novelli idraulici baffuti. A ciò si aggiunge lo stesso, interessante sistema di potenziamento visto in The New Order, basato in pratica sul completamento di specifici achievement: headshot, uccisioni silenziose, uccisioni con esplosivi, con doppie armi e così via, che andranno a modificare determinate caratteristiche di Blazkowicz e lo renderanno più resistente, più veloce, più efficace e più preciso. Ma, per l'appunto, si tratta di upgrade che dovremo guadagnarci sul campo.
Trofei PlayStation 4
Sono cinquantuno i Trofei contenuti in Wolfenstein II: The New Colossus. Buona parte si ottiene semplicemente procedendo nella campagna e portando a termine determinate fasi, incluso il completamento della storia ai vari livelli di difficoltà, ma non mancano gli achievement più particolari: eliminare un nemico lanciandogli un'ascia da trenta metri di distanza, trovare tutti i collezionabili nelle varie categorie, potenziare tutte le armi o i perk, oppure completare tutte le missioni secondarie.
Sangue e arena
Quando non si rinchiude nelle asettiche basi naziste, il level design di Wolfenstein II: The New Colossus è in grado di regalare scorci molto suggestivi, che sfociano in ambientazioni ampie, intricate, capaci di alternare gli spazi ristretti di un vagone ferroviario, i piani di un palazzo diroccato, le lande desolate di un'America sottomessa a colpi di bombe atomiche, o anche paesaggi estranei a questo mondo. Ci sono sempre degli oggetti dietro cui ripararsi, ma come detto è raro potersi appostare per eliminare tutti i nemici senza che qualcuno ci colpisca da un'altura, di fianco o alle spalle. Approcciare il gioco in maniera statica si traduce purtroppo in una lunga sequenza di prove ed errori per superare questa o quella sequenza problematica, e alla fine dei conti anche il combattimento finale ha questo tipo di connotazione. Si poteva sicuramente osare di più proprio sul fronte dei boss, che sono più numerosi di quelli visti in The New Order ma raramente introducono elementi di novità.
Il grado di difficoltà è tuttavia consistente già al livello intermedio, e non c'è dubbio che faticherete molto per superare determinati punti, com'è giusto che sia. Se sul fronte delle cutscene e della relativa direzione The New Colossus è letteralmente corazzato, merito anche di un doppiaggio in italiano di eccellente fattura e di una colonna sonora di pregio, in termini di grafica convince grazie a un ottimo livello di dettaglio, a modelli poligonali di buona fattura e a un'effettistica pregevole. Il gioco gira su PlayStation 4 Pro a 1440p, adottando probabilmente un sistema dinamico che cambia la risoluzione a seconda delle esigenze per mantenere costanti i sessanta frame al secondo, che confermiamo essere solidissimi.
Conclusioni
Wolfenstein II: The New Colossus è un centro pressoché perfetto, uno sparatutto "vecchia scuola" che si pone come un punto di riferimento per il genere e che offre una narrazione di straordinaria qualità, in alcuni frangenti letteralmente fuori di testa. La campagna avanza soluzioni brillanti disegnate attorno al racconto, ci catapulta all'interno di scenari intricati e indica diverse possibili strade per uscirne indenni, nessuna però semplice. Completata la storia, il titolo di MachineGames mette a disposizione un endgame discretamente ricco e una concreta rigiocabilità, magari da sperimentare a un grado di sfida superiore. In definitiva, un eccellente ritorno per il sergente Blazkowicz.
PRO
- Narrazione di straordinaria qualità
- Frenetico, coinvolgente e impegnativo
- Ottima realizzazione tecnica
CONTRO
- Selezione delle armi ancora macchinosa
- Si poteva fare di più sul fronte dei boss
- Ci sono momenti di grande frustrazione