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Il cielo NON è il limite

Ho il becco ma non le ali, eppure volo, e il cappello non mi sfugge mai dalla testa. Una testa che uso, sennò che ce l'ho a fare.

RECENSIONE di Andrea Rubbini e Alessandro Yo   —   02/07/2009
BlueBerry Garden
BlueBerry Garden
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Davanti a Blueberry Garden, la critica si trova in difficoltà. Non c'è nessuna scatola e neppure un manuale: il gioco si può scaricare solo da Steam al prezzo di 4,99 euro. Anche il marchio di una software house qualsiasi è assente. Al suo posto, leggiamo il nome dell'autore: Erik Svedäng. Lui ha ideato e sviluppato Blueberry Garden, e sempre lui (che è anche un musicista, e suona nella band Kloss) ha scelto "Et Apres" del compositore Daduk come colonna sonora del suo gioco. Sono assenti strategie di marketing o imposizioni esterne. Blueberry Garden è un videogioco sperimentale, definito sotto ogni aspetto dalla personalità e dal talento del suo autore. In questo senso, Blueberry Garden è un "videogioco d'autore".

Il cielo NON è il limite

Definito il contesto, avviamo il gioco. L'atmosfera è quella di un vecchio film muto, dolce e malinconica. C'è un rubinetto aperto, e non sappiamo se è questo a essere grande o il protagonista a essere piccolo. Il senso delle proporzioni muta con il mutare del punto di vista, come nei sogni. Reale o immaginaria che sia, l'acqua che scroscia minaccia comunque di sommergere il giardino dove ci troviamo. Dobbiamo quindi toccare degli oggetti giganti sparsi nell'ambientazione (ecco che tornano le proporzioni ingannevoli), e impilarli uno sull'altro fino a raggiungere l'altezza del rubinetto, così da poterlo chiuderlo una volta per tutte. Solo allora potremo concentrarci sul secondo obiettivo: raggiungere la luna.

Curiosità

A Blueberry Garden, oltre al premio "Best Innovation" ricevuto agli Swedish Game Awards del 2008, è stato assegnato il prestigioso "Seamus McNally Grand Prize" in occasione dell'Independent Games Festival che si è tenuto quest'anno alla Game Developers Convention di San Francisco. Le esplorazioni nel giardino dei mirtilli del beccuto personaggio, che ricorda vagamente nello stile i personaggi del fumettista norvegese Jason, sono state applaudite dalla giuria del festival che ha riconosciuto Blueberry Garden come: "Un concept di gioco brillante realizzato con precisione e presentato in modo splendido. Intreccia grafica, suono e gameplay ed evoca la sensazione che il mondo di gioco sia veramente vivo."

Tolto il superfluo, la verità s’illumina

Perché la luna? Non lo sappiamo. E' un tocco elegante dell'autore, una sua trovata. Ci sono due fasi di gioco che sono unite dal linguaggio delle emozioni anziché dalla logica, e noi le accettiamo senza spiegazioni. D'altronde, Blueberry Garden è un videogioco onirico. Basti pensare che premendo il tasto "home" la schermata si sfuoca, e noi compariamo all'inizio del giardino, davanti a una porta ritagliata nello sfondo bianco dello schermo. Lo stesso avviene toccando gli oggetti. Recuperarli non è comunque immediato e per farcela dobbiamo affidarci ai frutti che crescono nel giardino. Mangiandoli otteniamo effetti diversi, come la possibilità di respirare sott'acqua. In certi casi, dobbiamo raccogliere il frutto opportuno e trasportarlo in un altro luogo. Non si muore mai, e non esistono nemici; ci sono solo bizzarre creature che possono mangiare i semi che abbiamo piantato, e che dobbiamo quindi tenere a distanza. Questo è tutto, ma non è poco: è la misura esatta. La grafica è ridotta infatti alle sue linee essenziali, sufficienti a caratterizzare uno stile del quale si riconoscono le influenze, ma che resta comunque originale. Il gameplay dispone dei comandi necessari per farci salire senza cadere lungo la curva di apprendimento del gioco, ma rinuncia alle prodezze inutili. E poi c'è la colonna sonora, una melodia agrodolce composta per il pianoforte. Ci emoziona sapere che è stata composta da Daduk in tempi diversi, senza un videogioco in mente, e che abbia poi trovato dimora nella creazione di Erik Svedäng. Come un incontro di anime gemelle. Vi raccomandiamo quindi di giocare a Blueberry Garden lasciando da parte i preconcetti, e con la disposizione d'animo di chi è capace di stupirsi.

Conclusioni

Multiplayer.it
9.0
Lettori (7)
9.1
Il tuo voto

Blueberry Garden risveglia la meraviglia e lo stupore. Questo videogioco, malinconico e surreale, non sconvolge gli elementi del mezzo: li leviga e li riduce all'essenziale, così da farli emergere puri. La tecnologia al servizio dell'idea; è questa la sua rivoluzione. Blueberry Garden è perciò una bella esperienza, che piacerà anche a chi dovesse passare per caso davanti al nostro monitor, mentre con gli occhi aperti e le labbra a formare un O, accumuliamo un oggetto dopo l'altro, verso la meta finale che si trova in cielo, oltre il giardino.

PRO

  • Un'idea senza prequel
  • Suscita emozioni
  • La musica vibra sotto pelle

CONTRO

  • Manca più di un mese alle ferie

Intervista con Erik Svedäng

Multiplayer.it: Allora, parliamo di te. Non intendo solo della tua vita di sviluppatore, ma proprio la tua storia di vita, la vita di Erik, quindi scegli tu come preferisci presentarti.
Erik Svedang: Sono nato nel 1986 nella città di Uppsala, dove i miei genitori hanno studiato biologia. Quando avevo quattro anni ci spostammo in una piccola casa in campagna dove sono cresciuto insieme a due sorelle ed un fratello, più piccoli di me. Passavo la maggior parte del mio tempo a giocare col Lego, a costruire case sugli alberi, a disegnare mappe per giochi da tavolo piuttosto complessi, e così via. Con i miei amici ho passato un sacco di tempo a suonare e produrre musica, sia con diversi strumenti musicali che al computer. Quando ho compiuto dodici anni mi sono spostato di nuovo con la mia famiglia sulla costa ovest della Svezia. Non ero molto contento della faccenda a dir la verità, ma alla fine mi sono trovato bene, mi sono sentito a casa, da quelle parti. Il mare mi piace molto. L'estate in cui stavo per compiere sedici anni ho iniziato a girare dei cortometraggi con i miei amici, e con le mie sorelle e fratelli. Ero ossessionato dal voler diventare un regista e ho girato un numero enorme di corti nell'arco di tre anni. Mi sono impegnato davvero molto a far sembrare i nostri corti come se fossero quelli "reali", dei professioniasti, ma non era cosa facile, visto l'equipaggiamento economico e di scarsa qualità che avevamo a disposizione. Sono decisamente orgoglioso di quella produzione però, ma sfortunatamente non sono mai riuscito a girare una sceneggiatura sul mio essere un adolescente alquanto miserabile, peccato perchè adesso un corto come quello me lo vedrei volentieri! Quando ho compiuto diciotto anni ho iniziato il corso alla Game Design Education, e mi sono graduato la scorsa primavera.

M.it: Ci stiamo godendo il tuo racconto. Vai, vai.
E.S.: Col senno di poi, la mia infanzia sembra come un lungo apprendistato per arrivare a poter esprimere me stesso, e Blueberry Garden è uno dei miei primi lavori creativi che non è basato interamente sulla sola preparazione e accrescimento delle proprie abilità, ma è invece lo sforzo di comunicare qualcosa alla gente. E' una splendida sensazione, perchè significa che posso usare le cose che ho imparato, una cosa che inizi a dubitare di poter fare dopo più di quindici anni a scuola, invece di cercare gratificazione nell'apparire cercando di mostrare a tutti quello che hai fatto.

M.it: Ciò che abbiamo davvero apprezzato del gioco è quell'inafferrabile che si percepisce, in grado di far provare stupore. Va ben oltre l'assemblare scelte di design, e così bisognerebbe parlarne - e il giardino finisce per respirare, per diventare perfino interminabile. Per quello finiamo continuamente per tornarci, ci piace stressare a piacimento la forma di quel mondo, esplorarlo, e spesso, ci scordiamo del rubinetto o della luna.
E.S.: Idea interessante. Pensavo, riguardo al comunicare... con Blueberry si tratta più di un catturare una certa sensazione - l'agrodolce della bellezza? Un paradiso con un disastro che sta per accadere? E' difficile trovare le parole... e poi, la gioia di esplorare. E il meravigliarsi degli eventi magici che si verificano. Il gioco certamente riguarda quello che passa per la testa del giocatore mentre realizza "cose" che riguardano il mondo dove il gioco si svolge.

M.it: Una volta Ken Levine, creatore di BioShock, ha detto che alcuni videogiochi sono come un film dove il giocatore è chiamato a recitare la parte del protagonista, solo che non ha mai letto nè sa nulla della sceneggiatura. Cosa ne pensi?
E.S.: Riguardo al "giocatore come attore" non sono sicuro di saper esattamente cosa pensare. Ho sperimentato la cosa con Blueberry Garden ma non penso di aver avuto successo e che la cosa sia riuscita. La motivazione del giocatore è una cosa davvero complessa ed è probabilmente una combinazione di un certo numero di fattori. I single player sono alquanto difficili. In un certo senso è strano che come umani troviamo appagante e divertente sedere tutto il giorno, spesso per conto nostro, muovendoci attraverso prove, riuscendole a passare anche senza che nessuno possa assistere al nostro successo, rimanendo impressionati dalle nostre azioni. Penso che sto diventando molto più consapevole del fatto che la gente fa le proprie esperienze in modi differenti tra loro, peculiari di ogni giocatore, mentre gioca e per cui se per loro è un'esperienza significativa allora anche quello è buon design.

M.it: Possiamo sapere qualcosa di più su questo giardino di mirtilli?
E.S.: Vedo l'acqua come una metafora per qualsiasi cosa di pericoloso, e l'unica maniera di scappare è pensare. Spremersi le meningi. E chiunque altro abita in questo mondo è solo un folle, che mastica avidamente i frutti preziosi mentre tu sei solo con te stesso, diciamo, e non ti ringraziano nemmeno perchè non riescono neanche a proferire parola! Ho cercato di far sì che le cose significassero qualcosa da sole, come se davvero esistesse questo mondo così com'è, che affoga e così via. Questo ha un significato davvero concreto. E voglio che la gente possa avere una propria idea sul significato di esso e degli elementi che lo compongono, e non quello che significa per me o "la morale". Sì, certamente è una ricerca della conoscenza, sia dal punto di vista del gameplay, sia dal punto di vista della "storia".

M.it: Grazie Erik.
E.S.: Grazie a voi per la bella conversazione!