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Il ritorno di Snake. Quello vero.

Pietra angolare nell'operazione di marketing che mira al rilancio di PSP, Peace Walker porta finalmente il gameplay classico di Metal Gear Solid in un contesto portatile.

RECENSIONE di Tommaso Pugliese   —   23/06/2010
Metal Gear Solid: Peace Walker
Metal Gear Solid: Peace Walker
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Colombia, 1974: dieci anni dopo gli eventi narrati in Metal Gear Solid 3, Snake (ora chiamato da tutti "Big Boss") si trova al comando di un gruppo di mercenari senza fissa dimora, i "Militaires Sans Frontières". Un giorno lui e il suo secondo Miller ricevono la visita di una coppia molto particolare, un insegnante e una studentessa provenienti dalla Costa Rica che chiedono l'intervento degli MSF per porre fine a quella che ha tutta l'aria di essere un'occupazione militare del paese. I soldati hanno rapito e tenuto prigioniera la ragazza, che in qualche modo è riuscita a fuggire e adesso implora Snake di aiutarla a liberare dall'oppressione il posto in cui vive; di riportare quella pace che al momento vive solo nelle speranze di chi fortemente la desidera. Le parole di Paz ("pace", appunto) toccano Snake, che alla fine accetta la missione pur avendo intuito che l'insegnante in realtà non è che un agente del KGB, e che la "liberazione" della Costa Rica rientra nell'ottica di un equilibrio militare fra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Il ritorno di Snake. Quello vero.

Inoltre c'è qualcosa su cui Snake deve assolutamente indagare: una registrazione effettuata dalla ragazza che si trovava insieme a Paz, che non è più tornata indietro dalla base degli "invasori". Quella incisa sul nastro (dal primo modello di Walkman della storia...) sembra essere la voce di The Boss. Ma com'è possibile? Nel corso delle sue numerose missioni (solo quelle principali superano la trentina), Metal Gear Solid: Peace Walker risponderà a questo e ad altri interrogativi, raccontandoci la nascita di Outer Heaven e mostrandoci la tormentata maturazione di uno dei personaggi più carismatici che siano mai apparsi in un videogame: Naked Snake. Doppiato ancora una volta dalla voce roca di David Hayter, che in questa nuova interpretazione ha messo più "umanità" del solito, Big Boss arriva su PSP accompagnato da tutta la forza narrativa di cui Hideo Kojima è capace, all'interno di un prodotto che potremmo senz'altro definire come tra i più importanti che siano mai stato realizzati per la console portatile Sony. Non più uno spin-off di MGS come Portable Ops, dunque, ma un vero e proprio episodio chiave della saga Konami, nella fattispecie un sequel di quello Snake Eater che salutò la gloriosa PlayStation 2 fra le lacrime del suo straordinario finale.

Fuoco, cammina con me

Le prime sequenze di gioco fungono da rapido tutorial al sistema di combattimento, che nel corpo a corpo ci permette di colpire gli avversari con una combinazione di pugni e calci ma soprattutto di afferrarli e proiettarli addosso ad altri nemici, oppure di fargli perdere i sensi stringendo la presa.

Il ritorno di Snake. Quello vero.

È possibile scegliere fra tre diversi sistemi di controllo, ma alla fine il più completo è quello in cui il pad analogico viene utilizzato per muovere il personaggio e i pulsanti principali gestiscono la visuale. Completo, abbiamo detto, ma tutt'altro che immediato, specie quando abbiamo a che fare con bersagli in rapido movimento. I tasti dorsali L ed R servono rispettivamente per mirare e aprire il fuoco (o colpire a mani nude), mentre il d-pad ci permette di accedere all'inventario con le direzioni sinistra (equipaggiamento di supporto) e destra (armi), nonché di interagire con lo scenario (su) e abbassarci (giù). Uno dei motivi per cui Snake accetta la missione in Costa Rica è la promessa da parte del KGB di una piattaforma in mare aperto in cui i Militaires Sans Frontières potranno stabilirsi in via permanente, una "Mother Base" (la chiameremo così d'ora in avanti) da cui coordinare le operazioni del gruppo, con il personale diviso in varie unità per ogni area di interesse: combattimento, ricerca e sviluppo, mensa, infermeria e spionaggio. La nostra prima missione è appunto quella di perlustrare e liberare l'area, al momento occupata dal nemico, ricorrendo alle dinamiche stealth che i fan di Metal Gear Solid conoscono bene. In Peace Walker la silenziosità e la pazienza vengono premiate in modo particolare, perché i risultati ottenuti in ogni missione si riflettono sulle potenzialità di crescita della Mother Base e, di conseguenza, del nostro equipaggiamento.

Il ritorno di Snake. Quello vero.

Usate sempre il palloncino!

Il gioco riprende da Portable Ops il concetto di "arruolamento forzato" che vede il nostro personaggio catturare il maggior numero possibile di soldati nemici per trasformarli in fedeli alleati, introducendo nel gameplay (ma anche narrativamente, in modo piuttosto simpatico ed elegante) il sistema di recupero Fulton: dopo aver addormentato o stordito un avversario, Snake può farlo letteralmente "volar via" dallo stage utilizzando un palloncino che viene poi recuperato da un elicottero degli MSF. La manovra funziona in qualsiasi situazione, persino al coperto, e aggiunge un inedito quanto importante elemento strategico alla serie Konami, perché i soldati recuperati finiscono appunto nella Mother Base, a rimpolpare le fila dell'esercito di Big Boss, e possono essere assegnati ai vari reparti a seconda delle loro caratteristiche.

Il ritorno di Snake. Quello vero.

L'unità di combattimento, ad esempio, può essere utilizzata nei suoi componenti per affrontare le numerose missioni extra che diventano disponibili man mano che procediamo con la trama principale, oppure impiegata in missioni esterne dal funzionamento automatico, ovvero che vengono "simulate" mentre noi completiamo un livello normale. Basta formare dei gruppi e selezionare l'obiettivo, cercando di rischiare il meno possibile: di ritorno dalla missione, i soldati godranno di un miglioramento delle loro abilità. Oppure, be', non torneranno affatto. Il potenziamento dell'unità di combattimento porterà a un aumento dei GMP, che in Metal Gear Solid: Peace Walker fungono da denaro nell'ottica della realizzazione di nuove armi ed equipaggiamento. Tali operazioni sono però subordinate alla contemporanea crescita dell'unità di ricerca e sviluppo, che a sua volta dipende dall'unità di spionaggio per la raccolta di nuovi progetti. L'unità mensa e l'unità medica ricoprono infine un ruolo di regolazione, nel senso che a livello pratico non vengono utilizzate, ma il loro sviluppo è necessario perché non manchi mai cibo alle truppe (cosa che pregiudicherebbe le prestazioni generali) e perché tutti i soldati feriti vengano curati. Non appena le unità raggiungono un determinato livello, si sbloccano nuovi progetti e possiamo impiegare i GMP in nostro possesso per avviare la produzione di armi e oggetti. L'arsenale in Peace Walker è stato curato in modo particolare, infatti abbiamo numerosi tipi di pistole, fucili d'assalto, mitra, doppiette, lanciamissili, fucili di precisione, granate, esplosivi, ecc. Bisogna però dire che in pratica ben pochi di queste armi si riveleranno davvero utili durante l'azione: l'approccio "stealth" a cui abbiamo accennato in precedenza implica un uso predominante della pistola silenziata a dardi tranquillanti, anche nell'ottica della cattura dei nemici privi di sensi, mentre i combattimenti con i boss vengono decisi dai lanciamissili.

La cara vecchia scatola di cartone

Diverso è il discorso relativo all'equipaggiamento, che finiremo per utilizzare in modo completo durante le missioni. Del sistema di recupero Fulton abbiamo già parlato, ci sono poi le classiche "razioni" e similari per il ripristino dell'energia (fondamentali durante i boss fight e negli stage finali), un rilevatore di suoni che può funzionare come un radar per avvertirci della presenza di nemici nei dintorni, un visore sonico che svolge più o meno la stessa funzione ma in modo direzionale, un importantissimo sistema per l'approvvigionamento (per farci inviare dalla Mother Base un carico di munizioni), un visore notturno, un binocolo, un walkman e la classica sfilza di scatole di cartone per tutti i gusti, dalla classica a quella "dell'amore", passando per la scatola a forma di carro armato.

Il ritorno di Snake. Quello vero.

Nessuna novità sostanziale, dunque, a parte l'introduzione dell'analizzatore, un dispositivo elettronico che "misura" le capacità dei nostri nemici e che dunque ci permette di decidere quali catturare e quali lasciare a terra. In realtà le circostanze e la struttura di gioco ci spingono a "convertire" quanti più avversari possibile, quindi la selezione, pur avendo un suo perché, viene spesso tralasciata in favore di un approccio più rapido. A proposito di rapidità, Peace Walker si pone alla stregua degli altri episodi della serie, ovvero ci permette di scegliere l'approccio che preferiamo per completare una missione ma, come già detto, privilegia le azioni pazienti e silenziose. Questo significa sparare un dardo tranquillante nella gamba di un nemico di guardia e aspettare che crolli (senza sparare altri colpi per non rovinare il silenziatore), quindi catturarlo e passare al successivo fino al termine degli stage, che in genere vantano dimensioni modeste e si presentano dunque come piccoli "rompicapi" da risolvere nel modo più efficace possibile. L'alternativa, purtroppo, risulta parecchio incasinata: Metal Gear Solid non è mai stato un fulgido esempio per quanto concerne la gestione dei combattimenti, che anche in questo episodio si rivelano "scivolosi" e complicati. Ai ben noti limiti della serie, però, si aggiunge in questo caso la straordinaria macchinosità di un sistema di controllo che definire ostico è poco, e che per via della gestione "digitale" della visuale ci mette spesso in situazioni davvero infernali.

Il ritorno di Snake. Quello vero.

Chi non gioca in compagnia...

In Metal Gear Solid: Peace Walker è presente una modalità multiplayer ad hoc, sia in versione cooperativa che competitiva. Possiamo dunque giocare tutte le missioni del gioco insieme a un amico, con i boss fight in particolare che possono essere affrontati in quattro contemporaneamente e una serie di modalità competitive per sei giocatori. È un peccato che gli sviluppatori non abbiano inserito nativamente una modalità infrastruttura (che è comunque possibile realizzare utilizzando una PlayStation 3 e l'ad hoc party), ma per il momento ci si può accontentare. Certo che se il gioco uscisse anche sul PSN...

Realizzazione tecnica

La buttiamo lì: la migliore grafica mai vista su PSP? Diciamo pure che Peace Walker prende quelli che sono i ben noti limiti tecnici della console portatile Sony e li scavalca bellamente, proponendoci modelli poligonali eccellenti per dettaglio, texture e animazioni. Snake in particolare è davvero straordinario, mentre per quanto concerne i nemici e i membri degli MSF c'è una (ovvia) minore cura realizzativa e si soffre un po' della sindrome dei cloni, che si palesa in modo sistematico visto che i personaggi indossano di default un passamontagna e (spesso) la medesima uniforme. Le missioni si svolgono all'interno di scenari di dimensioni limitate, come abbiamo già detto, ma durante i boss fight si verifica un evidente allargamento dei confini e gli spazi da coprire diventano improvvisamente enormi. È stato fatto un ottimo lavoro anche per quanto concerne le texture, ovvero è stata mascherata nel migliore dei modi la mancanza di definizione delle stesse. Si può dire che le numerose foreste tendono a presentarsi in modo piuttosto confuso e a cozzare con il reticolo di mira, ma la cosa è sopportabile. I boss del gioco sono enormi macchine da guerra controllate da un'intelligenza artificiale, e come da tradizione seguono dei pattern di attacco e movimento che, per quanto articolati, possono essere memorizzati nel giro di pochi minuti. Il loro aspetto è solido e convincente, trasmettono una concreta sensazione di potenza (specie l'ultimo...) e sono armati fino ai denti. Ci sono due diversi tipi di cutscene: quelle "normali" utilizzano il motore grafico del gioco e ci mostrano sequenze forse un po' ripetitive dal punto di vista della regia, ma sempre efficaci e spettacolari; quelle "stilizzate" provengono dall'abile matita di Ashley Wood, disegnatore del fumetto di Metal Gear Solid per IDW Publishing, e uniscono dinamismo e originalità in un connubio perfetto. Il comparto sonoro vanta un ottimo doppiaggio in Inglese (sottotitolato in Italiano), gli effetti classici della serie e un accompagnamento musicale essenziale e ben dosato, in grado di creare una grande atmosfera.

Conclusioni

Multiplayer.it
9.0
Lettori (417)
9.1
Il tuo voto

Dodicimila caratteri scritti finora, eppure non vi abbiamo raccontato tutto di Metal Gear Solid: Peace Walker. Non ci siamo andati neanche vicini, in realtà. MGS lo si ama o lo si odia, e bisogna dire che questo nuovo episodio per PSP non cerca in alcun modo di rendere il gameplay classico della serie più "attuale", di limarne i ben noti difetti in favore di un'esperienza meno macchinosa nelle situazioni più convulse. Anzi, complice la mancanza di un secondo stick analogico, il gioco diventa ancora più ostico e privo di elasticità, dando vita a episodi di frustrazione mica da ridere. Ma che ci troviamo di fronte a un prodotto "hardcore" è un fatto chiaro, lampante fin dalle prime sequenze (vedi la storia di Paz); inoltre si tratta di un vero e proprio episodio della saga, con una componente narrativa di grande valore e un comparto tecnico eccezionale. Peace Walker è un gioco duro, grezzo e spigoloso... come tutti i Metal Gear Solid, d'altronde. E qualsiasi fan della serie non può permettersi di perderlo.

PRO

  • È Metal Gear Solid, compreso il comparto narrativo
  • Elementi strategici di grande rilevanza
  • Tecnicamente eccellente

CONTRO

  • Controlli molto macchinosi
  • Sa essere straordinariamente frustrante