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Il ritorno dello strigo

La nuova fatica di CDProjekt arriva finalmente sul mercato con l'intento di stupire nuovamente gli amanti dei giochi di ruolo. Dopo un eccellente primo capitolo riuscirà Geralt a soddisfare le aspettative?

RECENSIONE di Pierpaolo Greco   —   23/05/2011
The Witcher 2: Assassins of Kings
The Witcher 2: Assassins of Kings
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Nota bene: è disponibile una recensione aggiornata di The Witcher 2: Assassins of Kings che tiene conto di tutte le novità implementate con la Enhanced Edition. Potete consultarla seguendo questo link.

Ce ne abbiamo messo di tempo, è vero, ma l'esigenza di finire interamente il gioco e di sperimentare almeno un paio di percorsi alternativi nel prosieguo della trama principale, è stata troppo forte e la strana decisione di sviluppatore e publisher di non consentire ai giornalisti specializzati di testare il gioco in anticipo, non ha di certo aiutato. The Witcher 2: Assassins of Kings arriva così sul mercato a più di tre anni di distanza dal suo predecessore con sulle spalle un enorme carico: riuscire almeno ad eguagliare il successo raccolto da un gioco di ruolo nato praticamente dal nulla, sviluppato da una software house sconosciuta dell'est e basato sui romanzi altrettanto ignoti di un autore polacco. L'hype per questo sequel non si è insomma mai smorzato ma, ve lo possiamo dire con assoluta tranquillità, il ritorno dello strigo non potrà che soddisfare ogni vostra esigenza.

Amnesie e intrighi di corte

The Witcher 2: Assassins of Kings segue in modo perfetto la storia raccontata nel primo capitolo della serie approfittando di un piccolo buco temporale di appena sei mesi. Geralt, il protagonista, è un non più umano allevato a suon di magie e mutazioni il cui obiettivo originario è quello di cacciare e uccidere abomini e mostruosità, sventando anche eventuali maledizioni. Il tutto al soldo di reggenti e famiglie facoltose che ne fanno richiesta. E' un witcher, italianizzato con la parola strigo, estremamente competente nell'uso delle spade, forte e resistente alle ferite e con una particolare capacità nel maneggiare una particolare forma di magia, i segni, che popolano l'immaginario di un mondo fantasy dall'aspetto particolarmente dark.

Il ritorno dello strigo

I nani e gli elfi sono ghettizzati, tenuti alla larga dalla vita cittadina e di corte dagli umani mentre i maghi sono a malapena tollerati all'interno di un ecosistema tenuto in piedi da deboli equilibri e spietati giochi di potere dove un enorme impero gestisce con il pugno di ferro le terre del sud conosciute e cinque diversi regni si fronteggiano per la gestione e il dominio della parte settentrionale del mondo. Il sequel si apre quindi con un particolare tutorial che attraverso dei brevi flashback ci fa da un lato prendere confidenza con il gameplay e dall'altro ci racconta cosa è successo a Geralt immediatamente dopo aver sventato il tentato assassinio di Re con cui si concludeva il primo episodio. Il protagonista è ancora in preda a un'amnesia che sembra lasciargli solo dei piccolo scampoli di lucidità nei confronti del suo passato, ed è intimamente legato con la bella maga Triss, consigliera del Re. Naturalmente sul finire del prologo le vicende non potranno che precipitare in un turbine di spietati accadimenti e saranno essenziali i tre atti che compongono il gioco, insieme ad un brevissimo epilogo, per comprendere cosa sconvolge il mondo di Temeria. Ma ve lo diciamo subito che non basteranno le trenta ore abbondanti di gioco necessarie per completare la prima volta The Witcher 2 a rispondere a tutte le domande riguardanti Geralt e la sua combriccola visto che un terzo capitolo della serie appare assolutamente inevitabile una volta completata l'avventura.

Il ritorno dello strigo

La trama, come nel predecessore, rimane estremamente adulta per toni, linguaggio e scene rappresentate (non mancano come da tradizione numerose e audaci incontri sessuali) con l'indiscutibile plus di mettere il giocatore davanti a numerosissime scelte comportamentali e morali dove non c'è mai una chiara suddivisione tra l'agire in funzione del bene o del male, ma piuttosto in base al proprio stato d'animo e all'empatia che si viene a creare con i vari comprimari che Geralt incontrerà lungo il suo cammino. Il gioco infatti inizierà in quattro modi differenti (a seconda se si sceglie di importare un salvataggio del primo The Witcher oppure inizierà una partita da zero) ma potrà concludersi in ben sedici modi differenti offrendo in moltissime occasioni non dei semplici bivi di trama con quest differenti, ma addirittura zone diversamente esplorabili e situazioni completamente differenti in termini di attività da svolgere. Se quindi la longevità potrebbe lasciare dubbiosi tutti quelli che si aspettavano un sequel lungo almeno quanto il suo predecessore, vi possiamo garantire che non disdegnerete di iniziare l'avventura almeno una seconda e anche una terza volta per ammirare un diverso punto di vista del canovaccio narrativo.

Per molti ma forse non per tutti

Una particolarità di The Witcher 2 che ci ha lasciato sicuramente stupiti è l'enorme legame narrativo del sequel con il suo predecessore e più in generale con l'universo delineato negli scritti di Andrzej Sapkowski. A differenza di un'abitudine tipica di questa generazione infatti, aver giocato il primo capitolo rappresenta un grande valore aggiunto per immedesimarsi nella storia raccontata e, almeno in un paio di occasioni, diventa fondamentale per comprendere veramente fino in fondo cosa sta accadendo a Temeria e perchè i vari personaggi si comportano in determinati modi quando alle prese con alcune vicende. La cosa, vogliamo farlo presente, potrebbe inizialmente spiazzare il giocatore che per la prima volta si avvicina alla serie partendo proprio da questo secondo titolo; questo fattore, unito a una trama che inizia a decollare soltanto dopo otto, dieci ore di gioco, rischia di rendere faticoso l'approccio all'avventura. Ma stringete i denti perchè vi garantiamo che il vostro sforzo sarà ben ricompensato.

Il ritorno dello strigo

Contemporaneamente ci è sembrata di notare una strana accelerazione sul finire della storia e il terzo atto si presenta fortemente ridimensionato rispetto agli altri due, talvolta persino disconnesso ed eccessivamente approssimativo. Sembra quasi che lo sviluppatore si sia improvvisamente trovato con il fiato corto e con la necessità di lasciare aperto un arco narrativo per stimolare i giocatori ad attendere con forza il terzo episodio ma probabilmente una maggiore coerenza nella storia, avrebbe fatto bene all'intero impianto narrativo. Il titolo è forte anche di un numero enorme di dialoghi, tutti rigorosamente a scelta multipla e dove risulta sempre ben chiaro quale risposta farà andare avanti l'avventura e quali invece fungono da approfondimento per il giocatore affamato di lore. Non mancano alcune risposte a tempo soprattutto nelle situazioni di maggiore "ansia" e una manciata di opzioni aggiuntive rappresentate dall'uso della persuasione, della forza o dell'inganno che consentiranno di risolvere alcune situazioni più complesse talvolta portando al completamento di alcune quest evitando combattimenti o al contrario uccidendo rapidamente un avversario.

Il ritorno dello strigo

Se tutto cambia, nulla cambia

Ma non è proprio il caso di The Witcher 2: Assassins of Kings. Iniziamo quindi con il principale elemento di novità di questo capitolo: il sistema di combattimento. Nel prequel Geralt si controllava dall'unione di mouse e tastiera: in particolare i colpi di spada erano gestiti attraverso la pressione ritmata dei tasti del mouse in un crescendo di combo piuttosto artificioso e sicuramente poco coinvolgente. La scelta operata da CDProjekt nel sequel è decisamente più drastica con un sistema molto più frenetico e dagli evidenti connotati action che, lo diciamo correndo il rischio di attirare numerosi sguardi increduli, rendono praticamente obbligatorio l'uso del pad di Xbox 360.

Il ritorno dello strigo

L'azione infatti è gestita attraverso due differenti tipi di colpo, il classico lento ma potente e il veloce ma debole, un pulsante per effettuare la capriola che funge anche da schivata, un altro per la parata, un tasto per lanciare il segno selezionato ed un altro ancora per l'uso di armi da lancio e trappole. A tutto questo si unisce un altro comando che porta all'apparizione di un particolare menu radiale che consente al giocatore di selezionare il segno e l'arma a distanza predefiniti, di sguainare una delle due armi bianche oppure di accedere alla meditazione. Il tutto rigorosamente in tempo reale con soltanto un effetto di slow motion per consentire una selezione leggermente più ragionata ma distante chilometri dal tatticismo tipico di una pausa tattica vera e propria. Ci sentiamo di consigliare vivamente l'uso di un pad non tanto perchè il gioco può risultare meno intuitivo attraverso la combinazione di mouse e tastiera, ma proprio perchè il tipo di azione, la frenesia connaturata al costante schivare e colpire alternando velocità e potenza, reagisce in modo migliore alla pressione dei tasti di un controller. Anzi quella strana mancanza di feedback, l'evidente approssimazione nella gestione delle collisioni e una certa pesantezza nelle animazioni che in alcuni frangenti non possono essere interrotte che già ci avevano lasciati dubbiosi in fase di preview, sembrano attenuarsi di molto quando il controllo viene effettuato attraverso il joypad.

Quanto detto per la trama poco sopra, sembra valere anche per i combattimenti: le prime ore di gioco sono le peggiori, quasi le più frustranti e ci sentiamo di consigliare di non andare oltre il livello di difficoltà medio (il secondo dei quattro selezionabili), pena la morte costante non appena il numero di nemici affrontati contemporaneamente supera le tre unità. The Witcher 2 infatti non perdona: non è più possibile bere pozioni durante il combattimento e la rigenerazione dei punti vita è estremamente lenta. Come se non bastasse inizialmente ci si ritrova senza talenti e abilità speciali di combattimento e un equipaggiamento ridotto ai minimi termini. Il risultato è quindi inevitabile, basta sbagliare strada mentre ci si addentra nella foresta che circonda Flotsam, la prima vera città incontrata, che in un attimo si diventa cibo per le piante.

Il ritorno dello strigo

Questo tasso di sfida piuttosto aggressivo tende poi a smorzarsi andando avanti e potenziando Geralt, inoltre fortunatamente è sempre possibile variare il livello di difficoltà così da non renderli mai una passeggiata. Forse anche grazie a questo apparente difetto (non siamo più abituati a morire così facilmente), il titolo guadagna molto mordente e spesso riesce a tenere il giocatore con il fiato sospeso complice un sistema di salvataggio sia automatico che manuale che non può però essere utilizzato durante un combattimento. Dove invece il gameplay stona rumorosamente è negli scontri con i mostri più grandi, fortunatamente una minoranza all'interno dell'esperienza di gioco e gestiti in parte con dei noiosi e scontati quick time event. Lo stesso vale anche per le scazzottate in cui ci ritroveremo talvolta coinvolti (sono uno dei tre minigiochi inclusi nel titolo, insieme al braccio di ferro e ai dadi, tutti francamente dimenticabili) e che si risolveranno attraverso la pressione al momento giusto del tasto indicato. Francamente ridondanti e completamente slegati dal resto del gameplay.

Quanto ruolo c’è in questo gioco?

E' essenziale spendere diverse righe anche nel grado di personalizzazione del protagonista dell'avventura, ovvero della libertà offerta al giocatore nell'impersonare un ruolo. The Witcher 2 si presenta, specie se non si è giocato il primo capitolo, come un RPG piuttosto atipico. Il protagonista, Geralt, è fissato nella pietra: il suo aspetto fisico non può essere customizzato e non c'è un vero e proprio sistema di classi. Lo strigo è infatti un guerriero piuttosto classico in grado di utilizzare due armi bianche, in particolare due spadoni a due mani (anche se teoricamente è possibile impugnare asce, martelli e mazze, cosa mai consigliata per la scarsa potenza di queste armi), non competente nell'uso dello scudo e con la capacità di scagliare cinque diverse magie.

Il ritorno dello strigo

In conseguenza di ciò, la scelta e la gestione dell'equipaggiamento sono piuttosto ridotti anche se risultano molto versatili grazie a un sistema di rune e slot di potenziamento per spade e corazze e a un sistema di crafting piuttosto profondo e ampio. Attraverso le ricette e gli schemi di creazione sarà infatti possibile forgiarsi le proprie armi, cucirsi pezzi di armatura od ovviamente sbizzarrirsi con pozioni, bombe e trappole, vero fiore all'occhiello della serie, essenziali per avere la meglio quando i combattimenti iniziano a complicarsi. Tornando invece alla gestione del personaggio, troviamo un sistema di talenti suddiviso in quattro rami: uno piuttosto breve e generico e gli altri tre focalizzati sul combattimento all'arma bianca, sull'uso della magia e sul potenziamento della competenze in alchimia di Geralt. Ognuno di questi talenti può essere potenziato due volte spendendo i punti che si guadagnano al salire di livello (non sembra esserci un cap e nella nostra esperienza di gioco abbiamo raggiunto il 33° livello), in alcuni casi possono essere "mutati" applicando i geni raccolti dai nemici uccisi così da avere accesso a ulteriori potenziamenti. Inoltre raggiungendo le specializzazioni di più alta fascia, si apre la strada alla gestione dell'adrenalina. Quest'ultima è rappresentata da una barra che si riempie utilizzando le competenze in cui ci si è specializzati e, una volta piena, può essere scaricata dando il via a speciali mosse che uccidono solitamente in modo istantaneo tutti i nemici che circondano Geralt. Il sistema pur non compensando a nostro parere la mancanza di vere e proprie specializzazioni di classe, funziona molto bene e garantisce grande flessibilità al giocatore che si ritroverà piuttosto libero di personalizzare lo strigo secondo lo stile di combattimento che più gli si addice.

Il ritorno dello strigo

Concludiamo il discorso parlando delle magie, ovvero dei segni. Questi sono cinque, disponibili fin dall'inizio del gioco e potenziabili attraverso il ramo di talenti dedicato. Possono essere utilizzati durante il combattimento spendendo il vigore, che viene consumato anche parandosi ed è soggetto a tempi di ricarica piuttosto lunghi. Scendendo nel dettaglio troviamo due magie offensive che inceneriscono o scaraventano a terra il nemico, una barriera protettiva che ripara Geralt da un paio di colpi nemici, una trappola che può essere lasciata a terra per paralizzare il nemico che la calpesta e infine un segno di inganno che ammalia un avversario e lo fa combattere temporaneamente al nostro fianco. Inutile sottolineare che il loro utilizzo è assolutamente cruciale ai fini della sopravvivenza in combattimento dello strigo e, uniti alle bombe e alle trappole meccaniche, rappresentano la componente tattica di questo gioco di ruolo.

Crysis lasciatelo alle console

The Witcher 2: Assassins of Kings è la nuova vetta grafica di questa generazione videoludica. Con questa dichiarazione non ci sentiamo affatto di spararla grossa dopo essere rimasti storditi e ammaliati per decine di ore di gioco di fronte alla magnificenza tecnologica messa in piedi dal motore proprietario di CDProjekt. Seppure non particolarmente leggero ma estremamente stabile e discretamente ottimizzato al momento del lancio, l'engine del titolo riesce a portare su schermo ambientazioni dal dettaglio estremo, dove la gestione delle luci e delle ombre la fanno da padrone, unite a un orizzonte visivo sterminato e all'incredibile qualità degli scenari e della vegetazione.

Il ritorno dello strigo

Il tutto, tra l'altro, gestito quasi interamente in streaming con caricamenti ridotti all'osso, una buona libertà di movimento all'interno delle mappe di gioco (soprattutto quelle all'aperto visto che i dungeon risultano sempre piuttosto lineari e non esenti da backtracking) e persino un ciclo giorno/notte e una gestione del tempo meteorologico completamente dinamici. L'unica, lieve carenza è legata al design dei mostri, piuttosto anonimo e non particolarmente vario che si va ad unire alle non splendide animazioni dei personaggi umani su schermo. Questi ultimi tuttavia godono di modelli veramente ben realizzati, soprattutto gli esponenti di sesso femminile, e di una buona gestualità oltre che di buone espressioni facciali. Chiudono il cerchio una colonna sonora dai tratti tipicamente fantasy e con una discreta varietà stilistica e un doppiaggio inglese d'atmosfera e ben recitato. A titolo informativo, il gioco è localizzato in italiano soltanto nei testi, decisione che non ci sentiamo di criticare perchè, se non altro, ci mette al riparo da doppiaggi scadenti o approssimativi che avrebbero potuto tranquillamente minare il coinvolgimento del giocatore.

Un punto di vista tridimensionale

E' ormai chiaro che The Witcher 2 è graficamente un'eccellenza come da qualche anno a questa parte è stato raro vederne, un prodotto la cui cosmesi è stata frutto di un enorme lavoro sia sotto il profilo puramente tecnico, sia sotto quello artistico e di elaborazione del materiale letterario a cui l'opera si ispira. Seguendo la strada della gratificazione visiva - e dello sfruttamento, una volta tanto, delle più recenti schede grafiche - abbiamo avuto la possibilità di testare il gioco con il sistema 3D Vision di Nvidia, dilettandoci qualche giorno con un portatile Asus G73S che monta una GTX 460M, un Core i7 2630QM e 8gb di ram, oltre ovviamente a un pannello con aggiornamento dell'immagine adatto all'uso del 3D stereoscopico a risoluzione di 1920x1080. Come noto, il gioco sta avendo qualche problema in 3D in termini di prestazioni e possiamo confermare questo deficit che però, nel nostro caso, scegliendo la regolazione automatica "Alto" e quindi disattivando manualmente AA, SSAO e abbassando le ombre dinamiche, ci ha comunque permesso di raggiungere le 18-19 immagini per secondo di media. Meglio rispetto a come sta andando ad altri, insomma. Nvidia e CD Project Red dovrebbero nel frattempo essere al lavoro per una soluzione migliore e definitiva, propiziata anche dal fatto  che il titolo è nel programma di affiliazione 3D Vision Ready. Un'attesa che, visto il risultato, vale davvero la pena di essere vissuta dato che in termini di qualità dell'immagine l'effetto tridimensionale in The Witcher 2 è forse il migliore mai visto. La profondità, come sempre regolabile, è ottima coinvolgendo sia l'azione che l'HUD e rendendo ancora più giustizia ai campi lunghissimi che il gioco propone, con panorami spettacolari e orizzonti da urlo. Eccellente - e non è così scontato, anzi - la resa delle luci, degli effetti e soprattutto, croce e delizia di molti prodotti quando in 3D, delle ombre che non sembrano presentare artifici particolari. Solo, quando si aumenta parecchio la profondità, si avverte un lieve sdoppiamento dell'immagine che invece è impercettibile quando si usano regolazioni più nella norma. Ottima infine l'implementazione del fuoco e dei liquidi, che anche in questo caso non si perdono per strada a differenza di quanto accade altrove. Insomma per chi possiede un sistema 3D Vision è un acquisto obbligato, anche solo per godere dell'effetto stereoscopico, aspettando una patch o un aggiornamento dei driver che risolva la questione performance - i driver beta 275.27 non hanno aiutato, almeno nel nostro caso.

Conclusioni

Multiplayer.it
9.4
Lettori (999+)
9.2
Il tuo voto

Nota bene: è disponibile una recensione aggiornata di The Witcher 2: Assassins of Kings che tiene conto di tutte le novità implementate con la Enhanced Edition. Potete consultarla seguendo questo link.

Leggendo questa recensione viene probabilmente da pensare che The Witcher 2: Assassins of Kings sia un RPG in grado di rasentare la perfezione del gameplay e capace di stordire per il suo incredibile dettaglio grafico. Eppure di fianco c'è quel voto che, pur elevandolo dalla massa dei videogiochi e rendendolo di fatto un titolo eccellente, evidenzia il mancato raggiungimento del grado di capolavoro assoluto. Il gioco è infatti punteggiato di tanti piccoli difetti che non minano in modo importante il gameplay, ma mostrano una certa mancanza di pulizia e rifinitura e in alcuni casi possono ridurre il coinvolgimento del giocatore nell'esperienza: su tutti l'approssimativo sistema di combattimento e una trama a tratti sconclusionata e disconnessa. Detto questo vogliamo però essere chiari: l'opera di CDProjekt è meritevole di grande attenzione e se anche soltanto minimamente ci si sente attratti dai giochi di ruolo l'acquisto del titolo non deve essere evitato.

PRO

  • Un background narrativo complesso ed estremamente profondo
  • Il giocatore si sente veramente l'artefice del destino di Geralt attraverso il complesso sistema di scelte morali
  • Finalmente un sistema di crafting evoluto e vario
  • Rappresenta il nuovo riferimento tecnologico di questa generazione

CONTRO

  • Alcune volte la trama appare frettolosa e disconnessa
  • Il sistema di combattimento è approssimativo e talvolta lento nella risposta ai comandi
  • Le prime ore di gioco possono risultare frustranti e a tratti noiose

Requisiti di Sistema PC

Configurazione di Prova

  • Processore: Intel Core i7 860 a 2.8 GHz
  • Memoria: 4 GB di RAM a 1333 MHz
  • Scheda video: ATI Radeon HD 5870
  • Sistema operativo: Windows 7 Ultimate 64 bit

Requisiti minimi

  • Processore: Intel Core 2 Duo a 2.2 GHz o AMD equivalente
  • RAM: 1 GB per Windows XP / 2 GB per Windows Vista e Windows 7
  • Scheda video: NVIDIA GeForce 8800 con 512 MB di RAM o AMD Radeon equivalente
  • Sistema operativo: Windows XP / Windows Vista / Windows 7
  • DirectX 9.0c
  • 16 GB di spazio libero su hard disk

Requisiti consigliati

  • Processore: Intel Quad Core o AMD equivalente
  • RAM: 3 GB per Windows XP / 4 GB per Windows Vista e Windows 7
  • Scheda video: NVIDIA GeForce 260 con 1 GB di RAM o AMD Radeon 4850 con 1 GB di RAM