Facciamoci del male
L’ultima fatica di GSC Game World è ambientata durante la guerra di secessione americana. Alla guida dei nordisti o dei sudisti dovremo affrontare le battaglie campali del periodo muovendo grandi masse di truppe su alcuni dei campi di battaglia più celebri della storia. Cinquantacinque battaglie, nove campagne e cinque fazioni utilizzabili dovrebbero rappresentare un ottimo biglietto da visita per chiunque voglia rivivere quell’importante periodo storico. Anche qui, come nel precedente episodio, la ricostruzione degli eventi è decisamente accurata e uno dei punti forti dell’intera produzione; il lavoro di ricerca è evidente e molto è stato fatto per rendere il più possibile plausibili le battaglie.
American Conquest: Divided Nation è identico al suo predecessore, tranne che per qualche dettaglio di poco conto
Avviato il gioco, comunque, si nota subito la prima mancanza: non c’è alcun tutorial. Poco male se avete giocato il precedente episodio. Poco male anche se sapete leggere l’inglese visto che il manuale è piuttosto esauriente. Purtroppo, se non fate parte di una delle due categorie indicate sopra (il manuale non è stato localizzato), la vostra curva di apprendimento sarà leggermente più ripida, soprattutto quando vi troverete ad affrontare il problema dei rapporti di forza delle truppe e il modo in cui gestire queste ultime.
Scelta la modalità di gioco (campagna, missione singola, mappa casuale o multiplayer) saremo finalmente pronti a scendere sul campo di battaglia.
Ombre e Nebbia
Le partite single player si svolgono in modo decisamente differente da quelle multigiocatore o sulle mappe casuali. Nelle prime dovremo solitamente gestire sin da subito un grande esercito, avremo una grande quantità di risorse e non dovremo perdere tempo a costruire o gestire edifici di raccolta e accumulo; dovremo, insomma, data una certa quantità di risorse, gestire i movimenti delle nostre armate per cercare di sopraffare il nemico. Nella modalità multigiocatore e sulle mappe casuali, ci troveremo invece alle prese con problematiche più tipiche degli RTS; dovremo costruire degli edifici, creare una forza lavoro adeguata alla raccolta delle diverse risorse necessarie, generare un esercito il più potente possibile e partire alla carica dell’avversario. Il sistema è piuttosto rodato… talmente tanto che se avete giocato il primo American Nation lo troverete quasi specchiato.
L’interfaccia è quella tipica del genere e permette di gestire le unità in modo discreto. In realtà si sente spesso la necessità di qualche opzione in più per gestire il proprio esercito, soprattutto se si è consapevoli della presenza di alcune comode innovazioni sviluppate in questi ultimi anni. Sempre parlando di necessità che andavano sistemate con questo secondo capitolo, non possiamo non citare la fog of war, rimasta invariata. Già nel 2003 era assurda una copertura della mappa che non tenesse conto del campo visivo effettivo, soprattutto in uno strategico che mira al realismo. Riproporre oggi un sistema che attribuisce alle truppe un campo visivo arbitrario stabilito non si sa in base a quali calcoli è abbastanza frustrante. Tanto per fare un esempio, possiamo scrutare la situazione di una foresta, se questa rientra nel nostro “cerchio visivo” ma non possiamo osservare tutta una pianura libera e, teoricamente, limpida se è troppo estesa.
Ombre e Nebbia
Ma torniamo alla modalità giocatore singolo per notare quello che è sicuramente l’aspetto meglio realizzato del gioco: l’intelligenza artificiale del nemico. In effetti, come nella versione precedente (perdonate il continuo guardare al passato… ma è cambiato talmente poco nella sostanza che non si può fare altrimenti) la CPU si è dimostrata un avversario in grado di metterci in difficoltà in più di un occasione, anche ai livelli di difficoltà meno elevati. In effetti affrontare battaglie campali combattute fra centinaia di truppe ha ancora il suo fascino… peccato che nel frattempo sia uscito Rome: Total War che, con richieste hardware simili, permette di muovere un numero di unità maggiori in un ambiente completamente tridimensionale, gestito da un motore grafico all’avanguardia. In effetti è proprio partendo dall’aspetto esteriore, aggiungendoci la mancanza cronica d’innovazioni, che American Conquest: Divided Nation mostra tutti i suoi indubbi limiti.
Addio mia Concubina
Il motore grafico è quello del primo episodio, che già era tecnicamente arretrato ai tempi dell’uscita di Cossacks (il primo gioco ad averlo utilizzato… figuratevi ora). Certo, nei giochi strategici la grafica non è tutto (anche se ormai sono presenti molti titoli d’indubbia profondità che sono anche piacevoli da osservare), ma trovarsi dopo due anni a dover ancora vedere truppe microscopiche dagli scarsi dettagli e dalle brutte animazioni, scenari scarsamente raffinati, monotoni e con pochi colori, effetti ambientali che sembrano usciti dai primi anni novanta, e chi più ne ha più ne metta, non fa proprio una bella impressione (in effetti viene da chiedersi perché venga richiesto un processore a 2,0 GHz come requisito minimo per farlo girare e addirittura uno da 3.0 GHz per giocarci al meglio).
Certo, se l’effetto fotocopia si limitasse alla grafica non staremmo qui a lamentarci troppo. In realtà anche la dinamica di gioco è rimasta, come ribadito più volte nel corso della recensione, sostanzialmente invariata, con pochi aggiustamenti di nessun conto, una certa scomodità dell’interfaccia e, soprattutto, le vecchie strategie del precedente episodio riproposte senza troppo ritegno. Detto in poche, semplici parole, Divided Nation sembra più un grosso data disk che un gioco nuovo vero e proprio; un mero cambio di scenario che non tiene conto dei passi in avanti realizzati in questi ultimi anni.
Ad incrementare lo sbigottimento di fronte a questa “operazione solo per fan sfegatati”, ci pensa anche il prezzo della distribuzione italiana che è veramente molto alto rispetto a quello praticato all’estero. Non si capisce perché in Italia questo gioco debba costare circa 20€ di più che in Inghilterra (tanto per fare un esempio), visto anche quello che ha da offrire e visto che i costi di produzione non saranno stati elevati come quelli di titoli che vengono venduti anche da noi a prezzo budget, sin dalla prima edizione.
sembra più un grosso data disk che un gioco nuovo vero e proprio
Box Hardware
I requisiti richiesti per giocare ad American Conquest: Divided Nation sono stranamente piuttosto alti (sarà colpa del numero di truppe presenti sullo schermo?): si parla di un processore a 2,0 GHz (raccomandato 3,0 Ghz) 256 MB di RAM (raccomandati 512 MB), una scheda grafica da 128 MB capace di visualizzare una risoluzione di almeno 1280x1024 (giocare a 1024x768 è possibile ma non consigliato… ovviamente anche il monitor deve poter visualizzare la risoluzione consigliata) e 2,5 GB di spazio libero su hard disk. Il gioco è stato testato su un P4 a 3,4 GHz con 2,0 GB di RAM e una scheda grafica GeForce 7800 GT con 256 MB e non ha dato problemi a livello di fluidità anche se, raramente, si è manifestato un bug grafico che ha fatto saltare i colori. Lo stesso problema si è manifestato su un altro computer con processore AMD (2800), 1,0 GB di RAM e una scheda grafica GeForce FX 5900 XT.
Commento finale
Il gioco è troppo simile al precedente episodio per stupire. Non ci sono innovazioni evidenti, nè a livello tecnico, nè a livello di gameplay. Anche i difetti sono stati mantenuti, in una specie di continuità masochista che non rende merito al lavoro di ricerca che c’è dietro alla produzione. Dispiace dover constatare che un titolo considerabile molto buono non abbia ricevuto gli sviluppi meritati rimanendo incollato a sé stesso. Detto questo non possiamo che ribadire anche i suoi indubbi pregi: ricostruzione storica accurata, una grande ricercatezza a livello strategico, una longevità molto marcata e una giocabilità che, comunque, è ben rodata e soddisferà chi ha amato alla follia il precedente capitolo.
Pro
- Intelligenza artificiale di ottimo livello
- Grande ricostruzione storica
- Longevo
- Invecchiato molto male
- Tecnicamente inadeguato
- Nessuna innovazione di rilievo
La Guerra di Secessione
Il primo American Conquest è uscito più di due anni fa. La vicinanza con Cossacks (erano praticamente identici), la possibilità di guidare un grosso numero di truppe contemporaneamente in alcune delle più importanti battaglie della storia americana e un’ottima accuratezza storica e strategica gli fruttarono giudizi più che discreti da parte della critica e un certo successo da parte del pubblico. E così, dopo essere passati per un data disk sottotono, eccoci al seguito ufficiale.
Gli anni passano, le mezze stagioni sono tornate, l’Xbox è arrivato alla versione 360 e le schede grafiche hanno fatto dei grandissimi salti in avanti a livello di effettucci vari e numero di poligoni mossi ogni secondo. Ma c’è qualcosa che sembra non si sia voluto evolvere. American Conquest: Divided Nation è identico al suo predecessore, tranne che per qualche dettaglio di poco conto. Ma stiamo andando troppo di corsa e il paragrafo con le critiche lo trovate più sotto. Ora dobbiamo descrivere il gioco.