Nel 1985 lo scrittore e illustratore Christopher Manson pubblicò "Maze: Solve the World's Most Challenging Puzzle", manoscritto interamente fondato su rompicapi che lo stesso autore descrisse come: "Un labirinto che si presenta sotto le mentite spoglie di un libro". Se già nel 1994 Interplay decise di produrne l'adattamento videoludico con The Riddle of the Maze, a partire dal 2016 l'artista Tonda Ros ha iniziato a lavorare al prototipo del videogioco che avrebbe monopolizzato i successivi otto anni della sua vita pescando ispirazione proprio dal lavoro di Manson - che è stato direttamente coinvolto nel progetto - e riuscendo infine a condensare la medesima filosofia all'interno della sua affascinante magione virtuale.
L'opera di debutto di Dogubomb riesce a confondere i contorni di diversi generi all'interno del suo labirinto, intrecciando enigmi e meccaniche in stile roguelite, nascondendo strati di caratterizzazione sotto una superficie solo all'apparenza asettica, ma soprattutto riuscendo a intessere un mistero che necessita d'essere osservato da dozzine di prospettive differenti, un po' come accade al romanzo Casa di foglie, con il quale può vantare ben più di qualche semplice somiglianza figlia dell'ambientazione. Quello di scrivere la recensione di Blue Prince è un compito ingrato, perché ci sarebbe tantissimo da raccontare ma tocca farlo a mezza bocca, preservando il più possibile l'integrità dell'esperienza e occultando ciò che si nasconde al di là della facciata.
Giorno 1
È il 7 novembre quando il giovane Simon P. Jones si presenta di fronte all'ingresso principale della tenuta del Mount Molly, l'immensa magione che sovrasta il villaggio fittizio di Reddington. Il suo prozio, il barone Herbert S. Sinclair, è recentemente venuto a mancare e ha espresso come ultima volontà il desiderio di lasciare la villa nelle mani del nipote, dettando una sola e criptica condizione: per poterla ereditare assieme a tutti i titoli annessi, il ragazzo dovrà riuscire a trovare la misteriosa e sfuggente quarantaseiesima stanza che si nasconde da qualche parte in mezzo al labirinto dei corridoi.
Le regole sono semplicissime: non potrà introdurre oggetti dall'esterno, non potrà portare oggetti all'esterno, infine gli sarà assolutamente proibito trascorrere la notte all'interno delle mura. Quest'ultimo punto costituisce anche la spina dorsale dell'intera formula di gameplay, perché la tenuta del Mount Molly non è affatto un edificio normale: tutte le mattine, al sorgere del sole, l'architettura si resetta completamente, costringendo chiunque metta piede nell'atrio a ridisegnarla passo dopo passo, una porta dopo l'altra, trovandosi al cospetto di un costrutto in costante trasformazione.
Blue Prince è un videogioco basato su enigmi con meccaniche roguelite nel quale bisogna riprogettare continuamente la tenuta del Mount Molly scegliendo quale stanza posizionare in ciascuna casella della planimetria 5x9: ogni volta che si attraversa una porta viene offerta una selezione di tre stanze e quella prescelta si materializzerà istantaneamente dall'altro lato, consentendo a Simon di esplorarla e di interagire con tutto ciò che incontrerà all'interno, con il fine ultimo di scavare sempre più a fondo per avvicinarsi alla numero 46, un compito che si rivelerà tutt'altro che semplice e banale.
La ricerca, anzitutto, è scandita dalla presenza di risorse che bisogna costantemente tenere sott'occhio, a partire dai "Passi": ogni volta che si varca la soglia di una stanza un passo viene sottratto dal contatore e al raggiungimento dello zero toccherà ritirarsi per riposare, resettando l'architettura della magione. Allo stesso modo, le numerose porte sigillate richiedono di accumulare chiavi o ottenere tessere magnetiche per evitare di trovarsi di fronte a un vicolo cieco, situazione che si verifica molto di frequente anche a causa degli incastri sfortunati fra i progetti e della presenza di stanze prive di una seconda uscita, costringendo Simon a ritirarsi e ricominciare da zero.
In parole povere, l'opera di Tonda Ros ha preso forma sullo scheletro dei giochi da tavolo: si "pesca" una nuova stanza da un "mazzo", la si posiziona sul "tabellone" in maniera strategica per ottenere benefici, dopodiché si risolvono enigmi per accumulare utensili, oro e gemme al fine di facilitare la navigazione nel labirinto. La grande differenza è che tutto ciò accade nei confini di un videogioco in prima persona, dunque la lettura delle stanze, l'osservazione dell'ambiente circostante, la ricerca di informazioni e soprattutto l'interazione si rivelano assolute protagoniste dell'esperienza, donando una reale tridimensionalità alla filosofia di "gioco" così come intesa da creativi come Christopher Manson, Martin Gardner o autori come Edward Packard.
Le stanze celano al loro interno diversi enigmi, ma le chiavi crittografiche necessarie per arrivare alla soluzione potrebbero nascondersi fra le pagine di manoscritti (solo in inglese) racchiusi nei confini di altre stanze, trasformando l'architettura del Mount Molly in un enorme labirinto spiroidale al centro del quale - all'inizio - sembra sedere in attesa la stanza numero 46. Ogni alba corrisponde a un nuovo inizio, ogni singola stanza esplorata si rivela un pozzo d'informazioni, ogni vicolo cieco si traduce in una nuova lezione appresa, e in men che non si dica ci si trova imprigionati nei meccanismi di Blue Prince, o almeno in quelli più vicini alla superficie.
Giorno 30
Chi è Marion Marigold? Questo mondo non è la Terra, giusto? Cosa significa la favola del Principe Rosso? Perché in alcune stanze s'incontrano riproduzioni dei pezzi degli scacchi? I quadri nascondono qualcosa? Presa confidenza con le meccaniche essenziali, non trascorre molto tempo prima che ci si ritrovi improvvisamente deviati dal binario della ricerca della stanza nascosta, iniziando a mettere in discussione tutto ciò che s'incontra al di là delle porte, i contenuti di ogni testo esaminato, la reale natura di ogni soprammobile.
Blue Prince inizia a scavare strati di profondità in tutte le direzioni possibili. Lo fa nella componente narrativa, celando più di una singola storia in mezzo a libri, lettere e memorie genealogiche. Lo fa nelle meccaniche di gioco, introducendo nuove stanze e nuovi enigmi, elaborando su quelli già conosciuti, evolvendo la prospettiva attraverso la quale progettare la tenuta e, ovviamente, ampliando in maniera permanente l'arsenale di trucchetti a disposizione del protagonista. Lo fa soprattutto nel tessuto delle interazioni, alzando il sipario su dinamiche di causa ed effetto che possono arrivare a coinvolgere diverse stanze, l'esterno della villa, in certi casi la villa intera.
Come suggerito esplicitamente dagli autori - e come recentemente già accaduto in Lorelei and the Laser Eyes dei Simogo - è letteralmente impossibile raggiungere la conclusione dell'avventura senza tenere costantemente sotto mano un quaderno e una penna, perché tutto ciò che appare sullo schermo si trova lì per una ragione ben precisa. Questa dinamica si rivela al tempo stesso croce e delizia delle prime fasi del viaggio, perché il bruciante desiderio di scoperta si trova inizialmente a fare i conti con la componente di casualità tipica dell'esperienza roguelite e con la necessità di tornare spesso sui propri passi.
Ciò detto, gli ingranaggi della progressione si muovono con un ritmo tutto loro, da una parte alzando lentamente l'asticella della difficoltà degli enigmi matematici e di quelli di natura logica, dall'altra posizionando il giocatore decine di volte di fronte a motivi e immagini all'apparenza insignificanti che iniziano ad assumere un senso solo dopo che si è trascorso tantissimo tempo a girovagare nei saloni della tenuta e si è imparato a dominarne la progettazione, arrivando a scegliere quali stanze far apparire.
Il giorno dopo
Arriverà un momento in cui la ricerca della sala nascosta non sarà altro che un ricordo lontano: Blue Prince è progettato come fosse un iceberg, con il passare delle ore manifesta costantemente nuovi strati di profondità che renderanno il raggiungimento della stanza 46 un compito pressoché triviale, svelando di converso un universo narrativo fatto di intrighi politici, ricatti e intrecci familiari, seminando manciate d'indizi che condurranno in direzioni inaspettate.
Il maggior punto di forza del progetto risiede probabilmente nella scelta di non voler razionalizzare le sue meccaniche, evitando di giustificarle attraverso la scrittura per concentrarsi, invece, su un grande quadro ludico e narrativo che schiva totalmente l'autoreferenzialità. Tutto questo per dire che, conclusa una "missione principale" che può arrivare a durare anche una ventina di ore, Blue Prince non avrà assolutamente esaurito gli assi nella manica, anzi, sarà proprio allora che avranno inizio le vere ricerche connesse alle tematiche centrali.
L'eredità del principe
Analizzare Blue Prince in maniera critica è estremamente difficile, anzitutto perché la profondità dell'opera rischia di spostare il focus dall'efficacia delle meccaniche alla base della formula essenziale - che si rivela un'eccellente sintesi fra puzzle e roguelite - inoltre perché si tratta di un progetto di stampo fortemente autoriale nel quale diverse criticità apparenti si rivelano il frutto delle scelte assolutamente consapevoli compiute da Tonda Ros.
Un esempio lampante risiede nella totale assenza di un "palazzo della memoria" o comunque di una funzionalità in stile diario che consenta di revisionare tutti i testi e le informazioni accumulate, un po' come accaduto nella recente produzione dei Simogo o in un titolo come Outer Wilds. Se da una parte si finisce per sentire fortemente la mancanza di un'opzione di questo genere e si è spesso costretti a tornare alla ricerca di documenti già consultati, dall'altra quella stessa ricerca costituisce un pilastro del ciclo di gameplay e s'interseca con diverse meccaniche dedicate, su tutte la lente d'ingrandimento che permette di studiare dettagli dei suddetti documenti. Questo è un terreno di scontro davvero complesso, perché la qualità della vita collide con decisioni ponderate: cosa dovrebbe avere la meglio?
A margine bisognerebbe discutere dell'incisività dell'elemento casuale: vista la natura ancorata al sistema di "drafting" delle stanze si può maturare la percezione che l'elemento randomico sia fin troppo ingombrante. Se da una parte con lo scorrere delle ore si sviluppano competenze e si ottengono strumenti per limitare davvero tantissimo l'impatto della sfortuna, dall'altra permangono rare situazioni nelle quali si è perfettamente compreso cosa bisogna fare per proseguire, ci si muove consapevolmente in quella direzione, ma il sistema RNG sceglie di mettersi di traverso, rimandando l'esito desiderato a un momento imprecisato nel futuro.
Ma anche questo fa parte di Blue Prince e del suo ritorno a un modo di videogiocare più lento, più riflessivo, che spinge a tenere a portata di mano carta e penna, invita a fermarsi svariati minuti per osservare l'ambientazione, a pensare con attenzione al posizionamento di ogni singola stanza e all'effettivo funzionamento della planimetria, soprattutto domanda di abbandonare spesso il sentiero sul quale ci si è impuntati per esplorare nuove direzioni, accettando l'idea di perdere e di trovarsi di fronte all'ennesimo vicolo cieco. Troppo per il mercato di oggi?
Conclusioni
Blue Prince è un videogioco d'autore strutturato come un enorme iceberg: all'inizio se ne scorge solamente la vetta, ovvero l'anima posta a metà strada fra roguelite e puzzle game, che già di per sé si porta appresso una forte ventata di freschezza. Poi, però, l'opera di Tonda Ros inizia ad aprire senza sosta strati di profondità inediti fino a stravolgere il modo stesso in cui si osserva l'ambientazione, impartendo continuamente nuove lezioni e trovando anche il modo di aggiungere colore tramite il quadro narrativo. L'avventura del principe è un marchingegno artigianale curato con l'attenzione propria dell'ossessione, ma le manca giusto una manciata della polvere magica che ha reso tali i capolavori del genere.
PRO
- Meccanica di base innovativa e profonda
- Nasconde tantissimo, anche una storia brillante
- Enigmi eccezionali e stratificati
- Artisticamente splendido
CONTRO
- L'elemento casuale si può mitigare molto ma non sparisce mai