Ho avuto un deja-vu davanti alla tv
L'industria dei videogiochi non è famosa, o forse ha smesso di esserlo, per quanto riguarda la costante ricerca di prodotti originali. Se da un lato quindi il coraggio degli sviluppatori deve fare i conti con il mercato e con i profitti oramai altissimi, dall'altro è normale che i generi si evolvano ancor più lentamente. Forse con l'arrivo delle nuova piattaforme e con le possibilità che le accompagnano qualcosa cambierà, ma per il momento gli appassionati di FPS possono respirare un po' grazie a titoli come FarCry e guarda caso proprio al qui presente Brothers in Arms. Questo Earned in Blood riprende infatti quel fattore di originalità di cui poteva fregiarsi il suo predecessore, Road To Hill 30, in barba alle decine di porta medaglie d'onore che già prendono polvere sugli scaffali degli appassionati. Forse però, proprio perché ripropone un concetto già visto, non rischia di finire anch'esso nel grande filone dei seguiti senza gloria? La risposta è nel mezzo e vi basta continuare a leggere per scoprire se Brothers in Arms: Earned in Blood, uscito a meno di un anno di distanza dal primo capitolo rappresenta qualcosa di più di una mera espansione per appassionati.
Tutti per uno
Possiamo dirlo anche subito che Earned in Blood è più di un semplice data-disk e rappresenta un titolo a tutto tondo, che supera diverse lacune del capitolo precedente (gli sviluppatori assicurano di aver preso coscienza dei suggerimenti giunti loro dai fan), ma che ripropone invariabilmente il concept centrale di Road to Hill 30. Su questo punto ci sentiamo un po' delusi, poiché il sistema di controllo e la modalità con la quale impartire gli ordini è rimasta invariata, così come la lista delle azioni disponibili. A beneficio di chi non conosce la serie partiamo dal concept portante di Brothers in Arms, che ruota attorno alla gestione dei soldati che vi accompagano in missione all'interno di scontri dinamici in soggettiva. Questo significa che dovrete preoccuparvi della vita dei vostri uomini impartendo loro diversi ordini attraverso un semplice e intuitivo sistema di controllo, che vi consente di spingerli all'assalto, di ripiegare, di prendere riparo dietro a qualunque oggetto più alto di un filo d'erba e di aprire il fuoco di sbarramento sulle postazioni nemiche.
Ogni scontro è dunque un piccolo campo tattico dove lo scopo ultimo è quello di aggirare il nemico senza dargli scampo, giocando quasi esclusivamente sulla componente tattica: senza un'adeguata gesione degli uomini qualunque iniziativa personale ispirata dagli eroismi di Electronic Arts si concluderà in un sicuro insuccesso. Questo è lo spirito di Brothers in Arms e lo ritroviamo del tutto immutato in Earned in Blood, compreso il segnalatore posto sopra le truppe nemiche che vi comunica il livello di pressione al quale sono sottoposte dal fuoco amico (amico vostro s'intende). Quello che però più ci interessa sono gli sviluppi in termini di intelligenza artificiale che i ragazzi di Gearbox hanno finalmente introdotto. Il supervisore del progetto John Antal, ex-ufficiale dell'esercito ha permesso ai programmatori di ricreare sui nostri schermi le vere manovre che stanno alla base di qualunque azione di fanteria suddivise in quattro fasi, dall'individuazione del nemico al suo accerchiamento, il tutto mentre i compagni lo costringono con un muro di proiettili a rimanere rintanato nella sua posizione.
Tutti per uno
Questo concetto di gioco già di per sé intrigante offre ora un realismo rinnovato, perché i nemici non solo cercheranno di ritirarsi dalle proprie posizioni per non ritrovarsi in trappola, ma metteranno in atto le stesse soluzioni tattiche nei vostri confronti, trasformando il conflitto in un gioco di mosse e contromosse per non essere i primi a ritrovarsi con le spalle al muro. In questo, Earned in Blood offre il suo meglio e già dai primi livelli ci ritroviamo a ripetere più volte una sezione per la difficoltà delle situazioni, dove non esiste una soluzione facile o un assalto fortuito per cavarsela. Lo stesso nemico è molto più scaltro ed evita di lanciarsi in attacchi suicidi, muovendosi anzi con cautela da un riparo all'altro senza risparmiare raffiche di soppressione negli spostamenti.
Ancora più interessante è l'evolversi dinamico delle situazioni che ci portano a dover considerare nuovamente i nostri piani in base al cambiamento delle condizioni sul campo. Facciamo un esempio; anche se inizialmente avremo di fronte pochi insediamenti di soldati e una sola squadra da gestire, avanzando nel corso del gioco i teatri di guerra si faranno più caotici e affollati, sicché una manovra di accerchiamento può portarci a scoprire nel mentre un nido di mitragliatrici e se non riusciremo a far fronte alla nuova minaccia in tempi rapidi, quella che sembrava una mossa vincente potrebbe tradursi in un disastro. Se a questo aggiungiamo la furbizia dei tedeschi che sono in grado di soccorrere i compagni chiusi dal fuoco di sbarramento ci troveremo di fronte ad un prodotto stimolante e appagante, anche se non tutto è così sfavillante come sembra.
Tutti per uno
Prima di tutto l'approccio al gioco come abbiamo già detto è rimasto totalmente immutato rispetto al suo predecessore e questo non depone certo a favore, mentre in secondo luogo la monotonia può divenire una spiacevole compagna di missione. E' vero che ora ci sono più armi da impugnare e si possono gestire carri armati e arsenale semi-mobile, ma il principio non cambia di una virgola e il vostro supporto in prima persona non è così appagante come può sembrare. Prendere la mira non è certo semplice e le missioni in solitario non regalano le stesse emozioni offerte dal gioco di squadra, sicché si può dire che la componente tattica supera in qualità l'esperienza in prima persona, facendo sentire il giocatore poco presente sul campo. Inoltre, e forse si tratta del difetto maggiore di Earned in Blood, la dimensione e la fattura di un riparo è totalmente ininfluente. Questo vuol dire che non potrete sparare da uno spiraglio tra gli assi posti su di un finestra e che un colpo non inciderà mai sul valore di protezione di qualunque cosa abbiate deciso di mettere tra voi e l'inferno balistico che vi piove addosso. Anche le routine di intelligenza artificiale per quanto migliorate si prestano ad alcune critiche, come il fatto che se i soldati non sono totalmente annichiliti dal fuoco di copertura si accorgeranno della vostra presenza indipendentemente da quanto furtivamente siete giunti loro alle spalle. Purtroppo è la ripetitività dell'azione a indebolire un prodotto che potrebbe offrire ancora molto a partire dalla sua idea di base indubbiamente vincente.
Salvate il soldato Hartsock
Ora che abbiamo chiarito le dinamiche di gioco vere e proprie non possiamo prescindere da una componente che rende unca la serie di Brothers in Arms e che consiste nel background storico e narrativo di grande rilievo e spessore. Dopo aver vestito la divisa del Sergente Baker, vi troverete all'interno dello stesso contesto in una vicenda parallela che vede ora protagonista il Caporale Hartsock, alle prese con la campagna di guerra francese che segue gli eventi del D-Day in Normandia e che punta diritto verso Cherbourg, località di grande importanza strategica per gli Alleati. Possiamo scomporre la componente che fa da contorno all'azione del gioco su due livelli distinti ma totalmente integrati nel risultato finale, ossia il terreno di scontro e le vicende dei soldati coinvolti. Da un lato infatti ci troveremo a percorrere numerosi insediamenti urbani e ampie campagne riprodotte con una tale fedeltà storica da meritare una menzione particolare, grazie anche all'inesauribile testimonianza di John Antal e alle foto geografiche satellitari. Si tratta forse di una delle ricostruzioni più credibili e verosimili viste in un gioco di questo genere, mentre dall'altro lato ogni capitolo è accompagnato da un intermezzo dove emerge la personalità dei diversi soldati e la storia delle rispettive vite. L'effetto finale, peraltro già visto in Road to Hill 30, è quello di mettere in luce l'eroismo di semplici uomini alle prese con obiettivi altrettanto semplici ma guadagnati, come dice il titolo, col sangue, contendendosi con il nemico un metro di terreno dopo l'altro, per ottenere magari delle banali medicine. Nessuna base spaziale su Marte insomma.
Squadra che vince non si cambia?
Anche sul versante della tecnica non sembra esserci stato un grande passo avanti e il nuovo motore tanto annunciato somiglia un po' troppo a quello del primo capitolo, con texture poco convincenti soprattutto per quanto riguarda gli edifici e gli elementi tridimensionali del paesaggio, che meriterebbero una cura maggiore, soprattutto se si pensa al puntiglio con il quale sono stati ricotruiti. Le animazioni legnose e rigide non migliorano la situazione, anche se il riultato finale non è comunque deludente, ma di sicuro lontano dagli standard offerti da un FPS degno di tale nome. Le musiche non possono competere con le colonne sonore da colossal di Medal of Honor, anche se il doppiaggio in italiano alza decisamente il morale del comparto sonoro; peccato solo che i soldati finiscano per dire sempre le stesse frasi, poche a dire il vero, anche senza che la situazione lo richieda.
Vanno invece decisamente meglio i dialoghi da romanzo che intercorrono lungo la campagna per singolo giocatore e che si avvalgono di una interpretazione discreta da parte dei doppiatori. Un'ultima componente, ma solo perché ne parliamo in chiusura non certo per questioni di poca rilevanza, è l'opzione Schermaglia, che vi permette di cimentarvi in 20 mappe (10 già viste nel vecchio titolo e 10 nuove di zecca) in solitario, con qualche amico in split screen via LAN oppure grazie alla connessione web, vestendo i panni dei tedeschi o degli americani. Potrete personalizzare la precisione di tiro del nemico ed altri parametri che rendono questa modalità facilmente fruibile per chi non vuole seguire la storia della campagna principale o per giocare in gruppo nelle modalità Obiettivo, Assalto e Difesa. La prima consiste nel raggiungimento di scopi ben precisi esattamente come avviene nella modalità Storia, solo che mancano come detto tutti gli elementi del narrato, mentre l'opzione Assalto premia la vostra squadra per essere riuscita a terminare con successo la missione nel minor tempo possibile. Forse più intrigante è l'ultima opzione dedicata al multiplayer, nella quale non esiste vittoria ma si guadagna un punteggio maggiore resistendo il più a lungo possibile agli assalti del nemico, che inasprisce l'offensiva con il susseguirsi delle ondate di assaltatori. Senza dubbio un piatto ricco, pieno di buoni spunti e miglioramenti ma che possiede ancora una struttura portante identica al suo predecessore e che farà sì la gioia dei fan ma che penalizza il titolo in termini di originalità, soprattutto se siete di quelli che pensano che Doom meritasse di finire in gloria con il secondo episodio.
Earned in Blood esce troppo presto sul mercato e anche se si presenta come un gioco tout court, o forse proprio per questo, tradisce le aspettative di originalità portando con sé il cuore del primo capitolo, riproponendo per filo e per segno lo stesso stampo narrativo ma soprattutto lo stesso sitema di controllo. Insomma la filosofia di fondo non è mutata, anche se un'intelligenza artificiale molto più acuta e dinamica rende le ore passate sui campi di battaglia decisamente più intriganti. Rimane comunque una buona strada da percorrere e da potenziare per il team di sviluppo, mentre i giocatori che amano Brother in Arms avranno tra le mani un'altra occasione per mettere alla prova la propria abilità all'interno di conflitti ora molto più impegnativi. Agli altri rimane l'occasione per provare un titolo discreto con qualcosa di nuovo da dire rispetto al genere, in particolare se potete usufruire appieno della modalità multiplayer.
Pro
- Intelligenza artificiale potenziata
- Scontri dinamici
- Una nuova dose di tattica e di strategia
- Ricostruzione storica eccellente
- Alla lunga ripetitivo
- Il sistema di gioco è immutato in questo seguito
- Motore grafico e fisica dei materiali antiquati
Multipiattaforma
Le differenze tra la versione PC, Xbox e PS2 sono di carattere squisitamente tecnico. Com'è facile immaginare il PC mantiene il più alto standard qualitativo, che perde un po' di tono sulla console di casa Microsoft e decade ulteriormente sulla macchina Sony, a causa di un anti-aliasing pressoché assente e dei saltuari rallentamenti, che comunque sia affliggono tutte e tre le versioni. Questo non intacca la qualità del titolo, che su Xbox Live! guadagna diversi punti grazie alla presenza delle cuffie con microfono in dotazione a tutti i fedeli del marchio crociato; considerando che Earned in Blood punta tutto sulla cooperazione e sul gioco di squadra si tratta di un vantaggio non da poco.