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Dino Stalker: Gun Survivor 3

Una delle pochissime macchie nell'eccellente curriculum videoludico di CAPtive COMmunication è sicuramente costituita dalla saga di Gun Survivor, nata per sottomettere brand del calibro di House Of The Dead di Sega o Time Crisis di Namco, ma coadiuvata da una realizzazione tecnica così scarsa e da un gameplay mediocre, tali da spegnere ogni entusiasmo. Dopo i primi 2 episodi ambientati nell'universo di Bio Hazard/Resident Evil, Capcom ci porta tra i dinosauri di Dino Crisis, promettendo una libertà d'azione inedita ed un ottima cosmesi. Stefano Russo, Guncon 2 alla mano, è pronto per il suo resoconto.

RECENSIONE di La Redazione   —   07/11/2002
Dino Stalker: Gun Survivor 3
Dino Stalker: Gun Survivor 3
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Dino Stalker: Gun Survivor 3
Dino Stalker: Gun Survivor 3

Guncon + Dino Crisis = Dino Stalker


Il resto è oramai (triste) storia: non solo Gun Survivor per Psone, ma anche Gun Survivor 2 per Playstation 2 (scomodante, tra l’altro, quanto visto e distrutto a colpi di pistola e fucile nel celeberrimo episodio multiformato Code Veronica) hanno completamente mancato il bersaglio, per colpa di una cosmesi mal implementata (anche per colpa di un engine, purtroppo, instabile) ed un gameplay purtroppo macchinoso.
Disponibile da qualche mese in Giappone ed America, giunge in Europa la versione pal di Gun Survivor 3, stavolta ispirato alle atmosfere respirate nei vari Dino Crisis, forte della promessa di risollevare dall’oblio le sorti di un altresì interessante franchise.
Vediamo, quindi, se Capcom ha mantenuto fede a quanto annunciato nei mesi passati.

Storyline

Seconda Guerra Mondiale, oceano Atlantico, un giovane tenente americano (appena 23enne), tale Mike Wired, viene abbattuto e grazie ad un atterraggio d’emergenza riesce a salvare la pelle, schiantandosi in una fitta giungla; trovatosi con un arma non convenzionale per quei tempi (leggasi=futuristica) e circondato da tirannosauri, brontosauri, pteranodonti e quanto già visto nei libri di (prei)storia, il povero Mike, almeno all’inizio, non potrà fare altro che sopravvivere, cercando di capire come vi è finito migliaia e migliaia di anni addietro e tornare nella prima metà del ventesimo secolo.
Per sua fortuna, il nostro giovane tenente non sarà solo, visto che via radio avrà da uno sconosciuto messaggi di vario tipo, oltre a far presto la conoscenza di una giovane ragazzuola di nome Pola, importante per i fini di una trama più che discreta che prenderà, pian piano, vita durante le vostre passeggiate nel passato, blastando tutti quei dinosauri, pronti a far del nostro eroe un sol boccone.

Rivoluzione o involuzione?

Chi compra uno sparatutto con lightgun sa di avere a che fare con percorsi prestabiliti dove l’unica interazione lasciata al giocatore è quella di distruggere tutto ciò che si muove, innocenti a parte.
Gli ultimi grandi esponenti del genere hanno innalzato però la godibilità di questa tipologia videoludica, influenzando col corso degli eventi, più o meno innescati dal giocatore, le rotte intraprese dallo stesso (come visto, in maniera più netta, in The House Of The Dead).
Dino Stalker è invece fruibile alla stregua di uno sparatutto in terza persona, visto che gli spostamenti effettuabili sono in mano al giocatore, non più impossibilitato a seguire un determinato binario; abbattere orde di dinosauri inferociti (raggruppati in una dozzina di specie ben distinte), ritrovare determinati oggetti (anche e soprattutto con la distruzione di casse contenenti medikit e munizioni), vincere i (classici) boss finali, raggiungere determinate locazioni (città abbandonate, giungle, deserti,etc), tenendo d’occhio il tempo limite (fortunatamente upgrdabile tramite power up da cercare in lungo e largo) e soprattutto l’utilissimo radar (in grado di segnalarvi la presenza dei nemici per tempo) è quanto Capcom (per mano di Flagship) propone nei sette serrati livelli ivi acclusi.
Purtroppo non tutto, again, è filato liscio come l’olio: giocare col joypad, in primis con la configurazione di base, è davvero frustrante e macchinoso, rendendo l’uso di una Guncon 2 di Namco un vero e proprio obbligo.

Dino Stalker: Gun Survivor 3
Dino Stalker: Gun Survivor 3

Rivoluzione o involuzione?

Altri problemi con Dino Stalker risiedono nella piattezza del gioco a lungo andare, sebbene le prime avvisaglie sembravano presagire un divertimento a tutto spiano (libertà di movimento, una quindicina e passa d’armi secondarie e la possibilità di cecchinare nemici lontani), il basso livello di mordente a causa del radar scova nemici (un ipotetico guasto allo stesso, magari per un livello o la facoltà di usare il radar solo in determinate condizioni, avrebbe giovato tanto alla trama quanto al gameplay) e la brevità dell’avventura (da evitare il livello di difficoltà più facile), non pongono nell’olimpo degli shooter con pistola questa terza puntata di Gun Survivor, lasciando dormire tranquillamente i capoccia ai quali dobbiamo le più blasonate saghe Time Crisis e House Of The Dead.

Grafica e sonoro

Anche nella cosmesi, Dino Stalker subissa i prequel di profonde percosse, sebbene Playstation 2 abbia abituato i suoi felicissimi acquirenti a ben altri spettacoli visivi; un pessimo uso della cg, alcuni fondali scarnissimi, contrapposti ad altri decisamente ben realizzati, la presenza di dinosauri realizzati ed animati in maniera semplicemente ottima ed una manciata d’effetti speciali degni della nostra attenzione, completano l’offerta visiva di Flagship.

Dino Stalker: Gun Survivor 3
Dino Stalker: Gun Survivor 3

Grafica e sonoro

Dal versante sonoro, invece, buone notizie dal punto di vista degli effetti sonori massiccissimi (armi in azione, dinosauri che fanno merenda di voi, etc) nonché del buon parlato digitalizzato.

Conclusioni

Gun Survivor 3: Dino Stalker è di gran lunga il miglior episodio della saga, sebbene non siamo ancora ai livelli che Capcom ci aveva più volte promesso con questa release. Se tutto andrà bene, un ipotetico quarto episodio sarà forse quello buono per annoverare anche questa saga tra quelle indimenticabili, a fianco di Street Fighter, Mega Man, Darkstalkers, Strider, Onimusha e via di seguito. 7
Un paio di segnalazioni prima del box riassuntivo: sembra che Guncon45 (la mitica lightgun Namco acclusa nel primo episodio di Time Crisis per Psone), nonostante sia citata sul retro della confezione come perfettamente compatibile, non funzioni col suddetto gioco, almeno a sentire le lamentele pervenute ad un paio di negozianti della città dello scrivente; finendo il gioco con tutti i livelli di difficoltà, si sbloccheranno numerosi extra, da una collezione d’immagini, munizioni infinite per le armi secondarie ed una modalità di gioco a coppia quanto meno dubbia, visto che il compito di spostarsi e quello di sparare è suddiviso fra i giocatori.

    Pro:
  • Irrinunciabile per chi abbisogna di giochi con pistola
  • Irrinunciabile per chi ama i dinosauri ed i giochi pieni degli stessi
    Contro:
  • Giocabilità migliorabile
  • Longevità alquanto scarsa

Guncon + Dino Crisis = Dino Stalker

CAPtive COMmunication (meglio conosciuta come Capcom) è di sicuro una delle software house più importanti dell’intero settore videoludico; presente da oltre un ventennio, autrice di capolavori assoluti (Street Fighter, Ghost’n Goblins, 19xx, Bionic Commando, Resident Evil e Final Fight fra gli altri), appartenenti a generi completamente diversi fra loro (picchiaduro ad incontri o a scorrimento, platform, sparatutto, avventure horror e quant’altro) e pochissime macchie, forse una castroneria ogni 100 capolavori.
Tra questi piccoli sgorbi videoludici, partoriti non si sa come da Capcom, spicca per le due “doti” la saga di Gun Survivor: nata per combattere ad armi pari nel settore degli sparatutto con pistola, saldamente in mano a Sega (la trilogia di The House Of The Dead e la bilogia di Virtua Cop) e Namco (la saga di Time Crisis, presto anch’essa trilogia) e forte dell’idea (peraltro buona) di unificare struttura del gioco e gameplay alle ambientazione ed alla mostruosa “fauna” del redditizio franchise Bio Hazard/Resident Evil, erano in molti ad attendere questo excursus Capcom in un settore sconosciuto alla software house giapponese.