Storie della storia delle storie del…
Ho preso quest’abitudine, è vero, di iniziare a recensire un gioco seguendo un certo ordine mentale che parte dalla trama, dal filo conduttore che dovrebbe legare il giocatore all’azione. Final Justice è un titolo concepito esclusivamente per il multiplayer e forse per questo la trama è stata considerata dai ragazzi di BrainOpera come un elemento secondario, in effetti più che leggere sul retro della confezione due righe riguardanti il solito super gruppo terroristico dagli intenti sconosciuti ( probabilmente sconosciuti a loro stessi, viste le facce… ) che si confronta con il super gruppo dei reparti speciali migliori del mondo (“you’re the best of the best, remember that!” chi si ricorda ‘sta frase?) non ci è concesso.
Il manuale accluso nella confezione non ci viene in aiuto, in quanto a parte un breve approfondimento, se così lo si può definire, sull’entità delle due fazioni non viene detto niente di più per capire dove siamo e perché.
Armi e bagagli… l’equipaggiamento
Prima che urliate di terrore alle prossime affermazioni, devo chiarire un piccolo concetto: Final Justice è un gioco che verrà distribuito a “moduli”, ovvero quello che trovate in negozio è la prima parte di un prodotto che vedrà successive espansioni essere disponibili ondine. Quindi ora urlate pure, nella confezione originale il gioco include qualcosa come quattro armi. Nessuno pretende l’armeria di Raven Shield, ma veramente lo scenario proposto è quanto mai desolante. Non solo le armi sono solo quattro, ma sono le stesse per entrambe le fazioni in lotta.
Un coltello, una sub machine gun (o pistola mitragliatrice o SMG d’ora in poi),un fucile da cecchino e delle mine di prossimità saranno i vostri unici compagni, insieme a qualche mina antiuomo da piazzare a piacimento in giro per le mappe. L’unica soddisfazione è che potrete portarvi in giro tutte queste armi in una volta, niente simulazione pseudo-tattica del carico quindi, semplicemente, avrete tutte le armi addosso sempre per potervi muovere individualmente sia in spazi ristretti che su terreni aperti, una cosa che non fa bene al teamplay, a mio avviso.
La vostra SMG è dotata anche di un comodo lanciagranate che può essere caricato sia con proiettili fumogeni che con flashbang, per accecare e bloccare temporaneamente i vostri avversari, occhio però a non fregarvi con le vostre stesse mani e spararvela in faccia… non è un’esperienza gratificante e avrete bisogno di una confezione famiglia di collirio per riprendervi. Le armi sono ispirate a modelli esistenti, ma in generale la resa simulativa è di basso profilo per cui risulta un po’ di difficile associarle effettivamente alle loro controparti del mondo reale (al contrario di quanto avviene in altri titoli).
Le animazioni delle stesse, poi, sono molto semplicistiche, così come la resa audio è appena sufficiente, ma la cosa che mi ha lasciato più perplesso è la splendida fiammata blu che fuoriesce dalla canna della SMG ad ogni raffica, facendola assomigliare ad un gigantesco accendino più che ad un arma moderna.
I livelli
Quattro armi per quattro livelli, in effetti questo è il numero delle ambientazioni in cui dovrete combattere in Final Justice. In più esiste un livello training, ma non vi dovrebbe servire a molto, sempre che non abbiate mai provato un First Person Shooter prima. L’unica nota curiosa del training è che il parlato sia in inglese, insomma tutto in questo gioco è italiano, briefing di missione inclusi, ma il parlato del training no… ci sono cose più in cielo e in terra di quante ne comprenda la mia filosofia, tanto per parafrasare il buon vecchio William, ma questa comunque non l’ho capita.
Ma torniamo pure ai livelli di Final Justice: un hangar, un esterno con ponte, una centrale nucleare e la realtà virtuale (questa poi ve la spiego…). Il level design è estremamente semplicistico, troppo. I livelli ne risultano quindi estremamente piatti: qualche stanzone unito da qualche lungo corridoio e qualche dislivello da superare a mezzo scaletta, tanto per spezzare la monotonia. Se non riuscirete a imparare le mappe a memoria dopo i primi dieci secondi di gioco, andate da uno specialista, evidentemente avete dei serissimi problemi di orientamento e tendete a perdervi nel box doccia di casa vostra. L’unico livello che potrebbe generare una certo tipo di sfida si chiama “vr”, sinceramente non ho parole per questo, non avrei mai immaginato che un team di sviluppo al giorno d’oggi potesse concepire una cosa così semplicemente stupida come questa mappa: un insieme di cubi accatastati e texturizzati con i classici motivi con cui si rappresentava la realtà virtuale nei primissimi anni novanta, quando, per intenderci, il cinema ci propinavi certi polpettoni stile “Il tagliaerbe”. La difficoltà di questa mappa non sta tanto nel design, quanto nell’effetto psichedelico delle texture che bombarderanno le vostre pupilline affaticate, ma vi lascio agli screenshot per ulteriori commenti.
Grafica e dintorni
Tasto dolente, si perché il titolo è stato sviluppato da pochissime persone e con un budget estremamente limitato, quindi è difficile dire cosa sarebbe potuto venire fuori con un supporto maggiore da parte della produzione. In ogni caso quello che abbiamo qui è insufficiente per un tittolo odierno. Le animazione sono sotto la media, il numero dei poligoni sui personaggi è basso e ancora di più lo è quello degli ambienti. Effetti di luce, texture e tutto il resto sembrano venir fuori dal peggior uso di licenza del vecchio engine di Half-Life o simili. Purtroppo, soprattutto il bassissimo livello di dettaglio degli interni lo porta al di sotto, non solo dei giochi oggi presenti sul mercato, ma anche al di sotto dei vari mod circolanti in rete. Si potrebbe dire che la grafica sia “funzionale”, ma in genere un qualcosa è funzionale a qualcos’altro, quindi per esempio al “gameplay”. Ma anche da questo punto di vista Final Justice non brilla particolarmente, cercando di imitare la velocità arcade di Counter Strike e allo stesso tempo ponendo alcuni limiti tipici dei giochi un po’ più “seri” come Raven Shield e compagnia. Alla fin fine ne deriva un prodotto che, in una confezione estetica molto scarna, propone elementi già visti e stravisti, togliendoci qualsiasi giustificazione per un eventuale acquisto.
The green stuff
Il prezzo del titolo dovrebbe in ogni caso far riflettere: quindici euro, un titolo budget, che promette di ampliarsi nel tempo. Ma sinceramente, nonostante l’apprezzamento per lo sforzo di questi nostri connazionali, non posso esimermi dal constatare che Final Justice è inferiore, in sostanza, al peggior mod per uno dei qualsiasi giochi presenti sul mercato oggi.
Non potrei consigliare a nessuno di spendere i soldi che potrebbe investire in una ristampa di Half Life (con successivo download di alcuni dei miglior mod mai esistiti), in un titolo come questo: povero di contenuti e assolutamente privo di ogni minimo appeal estetico al punto da renderlo uno dei peggiori giochi che abbia mai provato negli ultimi due anni.
- Pro:
- E' italiano (?)
- Prezzo budget
- Contro:
- Grafica obsoleta
- Pessimo level design
- dotazione scarsa di armi
La produzione italiana di software, soprattutto videoludico, non è mai stata particolarmente florida. Il nostro lo si potrebbe definire un panorama quasi desolante, soprattutto se confrontato con quello inglese, francese e tedesco, senza citare ovviamente le mega produzioni d’oltreoceano. Final Justice cerca di spezzare questa pessima tendenza, interamente sviluppato in Italia e distribuito da Leader, si propone come il primo FPS italico, mettendosi in scia a Counter Strike, Raven Shield e tactical vari.