Godzilla e Kong: Il nuovo impero porta sulle spalle il fardello della pellicola precedente, e non proprio memorabile, Godzilla Vs. Kong: il cosiddetto MonsterVerse iniziato col Godzilla di Gareth Edwards nel 2014 è proseguito negli anni con film sempre più fracassoni, veri e propri "pop-corn movie" in cui gli effetti speciali soppiantano introspezione e narrativa. E tutto sommato andava bene così. Chi paga per vedere Godzilla e (King) Kong che si menano e che, per buona misura, menano anche gli altri kaiju, non è che stia cercando il senso della vita nella computer grafica.
Poi però è arrivato Godzilla Minus One, che ha cambiato un po' le carte in tavola, vincendo pure un Oscar e riscontrando il favore di critica e pubblico. Non faremo però un paragone tra il nuovo film di Adam Wingard e la pellicola pluripremiata di Takashi Yamazaki. Perché in fondo il MonsterVerse è un'altra cosa, ha uno scopo diverso e parla un linguaggio tutto suo. Il problema, semmai, era decidere, in questa recensione di Godzilla e Kong: Il nuovo impero, se il MonsterVerse ha fatto un passo avanti o due indietro.
Il problema dei tre mostri
Ai precedenti film del MonsterVerse, e specialmente a Il re dei mostri e Godzilla Vs. Kong, si criticava l'insistenza sulle sottotrame "umane", cioè su quella parte della storia che mostra gli attori in carne e ossa, le loro interazioni e il rapporto che hanno con i Titani, la specie primordiale cui appartengono sia Godzilla che Kong. Se la contorta faida familiare dei Russell poteva sembrare stucchevole, ma comunque coinvolgente in Godzilla II, già le storie parallele in Godzilla Vs. Kong lasciavano a desiderare ma, soprattutto, rubavano tempo e spazio ai veri protagonisti, i mostri in computer grafica che volete vedere sul grande schermo. Ecco, il nuovo film fa marcia indietro in questo senso o quantomeno ci prova, maldestramente ma ci prova.
La storia di Godzilla e Kong: Il nuovo impero gira tutta intorno a tre storie parallele. C'è quella di Godzilla, che in realtà è limitata a poche scene in cui il nostro lucertolone preferito fa robe e distrugge cose. Casomai steste andando al cinema per lui, ci duole avvisarvi che Godzilla, nonostante il titolo, ha un ruolo quasi marginale: per due terzi della pellicola se ne sta in disparte e si vede ogni tanto, salvo entrare a gamba tesa nell'atto finale per l'immancabile scontro decisivo.
Il nuovo impero, infatti, è un film su Kong. Le altre due storie si muovono in parallelo e si intrecciano nel secondo atto. Abbiamo la sottotrama degli umani, decisamente snellita rispetto al passato, ma comunque ancora troppo invadente. Congedati Kyle Chandler e Millie Bobby Brown, Wingard si concentra sulla dottoressa Andrews della sempre brava Rebecca Hall, che mette insieme una squadra per seguire nelle profondità della Terra Cava un SOS telepatico percepito dalla figlia adottiva Jia. Se quello che avete appena letto vi suona strano, significa che non siete stati molto attenti quando il MonsterVerse ha virato verso la fantascienza più sfrenata nel film precedente.
Della partita sono anche il complottista Bernie, interpretato sempre da Brian Tyree Henry, che viene tirato dentro con un pretesto assurdo in modo da avere una discutibile spalla comica nel cast, e lo stravagante veterinario Trapper, un po' troppo sopra le righe pure per un attore abile e stravagante come Dan Stevens. Bernie continua ad essere l'anello debole delle sottotrame umane, rappresentando la reazione dell'umanità all'esistenza dei Titani nell'epoca dei social network. Se non fosse per la bravura di Henry, che riesce a conferirgli un minimo di umanità, sembrerebbe un meme ambulante.
L'ultima sottotrama, che poi è la più importante, ha per protagonista Kong. Il nostro gorillone scopre l'esistenza di una tribù di Titani come lui, schiavizzata dal malefico Skar King: quest'ultimo, confinato da tempo immemore nella Terra Cava, mira a tornare in superficie per conquistarla. E gli unici che possono fermarlo sono Kong e Godzilla, insieme a una pletora di personaggi secondari in computer grafica che un po' li aiutano e un po' li ostacolano. La storia de Il nuovo impero - che in realtà non si capisce quale sia, questo impero - è tutta qui e ci mette un'oretta e mezza a carburare, tra spiegoni pseudo fantascientifici, inseguimenti, scontri tra scimmie giganti e città che finiscono rase al suolo, tra le quali c'è Roma, teatro forse di una delle scene migliori del film.
La sceneggiatura è contorta e mette insieme profezie, teorie paranormali, miti e leggende, solo per farci arrivare col fiato corto al momento che volevamo davvero vedere: il tag team di Godzilla e Kong che affrontano insieme i loro nemici. Ma a quel punto il film, che dura poco meno di due ore, sta già finendo e nel giro di pochi minuti siamo ai titoli di coda dopo un finale frettoloso, e senza le ormai consuete scene post credits.
Poco sangue e tanta cenere
Come abbiamo detto prima, cercare una narrativa profonda in un film che si chiama Godzilla e Kong sarebbe abbastanza surreale, e infatti il nostro problema con la nuova pellicola di Wingard non sta nell'improbabilità dell'intreccio o nella sommaria caratterizzazione dei personaggi, ma nello squilibrio delle singole parti: Godzilla si vede pochissimo, gli umani anche troppo, Kong ha il suo spazio e riesce coinvolgere lo spettatore nei patemi del piccolo Suko e dei suoi simili. Peccato solo per un antagonista senza carisma. Ci sarebbe un discorso lunghissimo da fare sulla percezione che abbiamo dei Titani come Kong, fin troppo simili a scimmie e gorilla veri per apparire genuinamente temibili e spaventosi. Paragonato a mostri iconici del calibro di Ghidorah o Mecha Godzilla, poi, Skar King ha poche speranze.
Per questo motivo anche la battaglia finale stupisce, ma non emoziona fino in fondo. Wingard, che già in diversi momenti del film se ne esce con delle riprese scaltre e sorprendenti, quando non cita la fantascienza d'annata tra colori e distorsioni dell'immagine, dirige uno scontro decisivo incredibilmente spettacolare, spingendo al massimo sugli effetti speciali in una roboante battle royale tra Titani.
E in fondo sono questi i momenti per cui si va al cinema a vedere un film come Godzilla e Kong. La spettacolarità di queste scene, ben girate e luminose, grazie a una computer grafica sofisticata e convincente, dovrebbe valere il costo d'ingresso. Purtroppo il film è abbastanza arido in questo senso, mettendo da parte la varietà visiva dei Titani più mostruosi per concentrarsi sulla tribù di Kong. Godzilla e Kong, per dire, è anche meno catastrofico di quanto dovrebbe essere. Non fraintendeteci, i Titani riducono in briciole varie città in tutto il mondo, usando palazzi come armi da lancio e facendo a pezzi i monumenti storici più conosciuti, ma nell'intenzione di rivolgersi a tutte le età si sono finite per trascurare due cose: la violenza e le conseguenze.
In tutto il film intravediamo morire giusto un paio di personaggi. E basta. Al massimo guardiamo gli abitanti che scappano di qua e di là, ma la regia non indugia mai su queste scene, né sulle conseguenze fisiche e psicologiche che possono avere queste battaglie devastanti. Il primo Godzilla di Edwards faceva un ottimo lavoro, da questo punto di vista, e anche Il re dei mostri si soffermava in modo intelligente e scioccante sulla morte e la distruzione.
Per paura di mostrare sangue e morte ai bambini impressionabili, Godzilla e Kong svaluta enormemente le ripercussioni di queste catastrofi sulla specie umana, preoccupandosi di farci vedere i Titani che fanno a pezzi il mondo, ma non chi lo abita. In questo modo, le scene perdono gravitas, la posta in gioco ne esce enormemente ridimensionata, la Terra - quella vera, di superficie - diventa l'enorme parco giochi di questi mostri che massacrano volontariamente o involontariamente migliaia di innocenti, ma ai protagonisti del film non importa niente perché tutto finisce con un bell'abbraccio di gruppo nell'indifferenza più totale. Più o meno la stessa che ci ha accompagnato uscendo dalla sala, mentre cercavamo di capire se ci eravamo divertiti e se il MonsterVerse hollywoodiano ha ancora qualcosa da offrire.
Conclusioni
Multiplayer.it
5.0
Godzilla e Kong: Il nuovo impero è il film più debole del MonsterVerse, ed è un peccato se consideriamo che finalmente ridimensiona la componente umana per dare maggior spazio ai mostri. Il problema è che non lo fa sempre nel modo giusto, limitando la presenza di Godzilla, scegliendo antagonisti poco carismatici e confinando il meglio dell'azione a pochi minuti dai titoli di coda. La pellicola di Wingard cerca di definire meglio la mitologia del MonsterVerse, riuscendo anche a ritagliare qualche momento brillante pure per il cast umano, ma abbiamo la sensazione che persino i fan più sfegatati resteranno con l'amaro in bocca per le potenzialità sprecate di questa occasione.
PRO
- Wingard dirige un film spettacolare che non dura più del dovuto
- Molto più spazio ai mostri, soprattutto a Kong
CONTRO
- Antagonisti poco carismatici
- Godzilla è praticamente un comprimario
- Molto meno violento dei film precedenti