Get in the (kill) zone
Killzone si apre con un ottimo filmato in CG che introduce l’utente ai fatti narrati nel gioco: guidato da un leader dalle non troppo celate fattezze mussoliniane, il perfido esercito degli Helghast comincia ad attaccare spietatamente la colonia umana di Vekta, ribellandosi alle presunte oppressioni esercitate su di essi dalla popolazione terrestre. La notevole qualità della sequenza di apertura si estende (seppur in misura minore) alla quasi totalità delle cut-scenes presenti nel titolo, caratterizzate da una buona modellazione poligonale, una regia convincente e un doppiaggio in italiano di ottima fattura. In generale, Killzone riesce con successo nell’opera di immersione dell’utente all’interno dell’universo di gioco, mescolando sapientemente diversi elementi audiovisivi in grado di conferire l’idea di trovarsi coinvolti in un convincente scenario di guerriglia. Ed è proprio la guerriglia il leit motiv dell’intera produzione Sony, sia a livello scenografico sia per quanto riguarda il gameplay vero e proprio. Difficile infatti considerare (e giocare) Killzone come un FPS classico, tutto strafe e sparatorie selvagge: il titolo Guerrilla presenta infatti una vasta serie di aspetti il cui scopo è disincentivare un approccio a la Rambo per favorire invece una condotta di gioco più tattica. Anzitutto, che sia per precisa scelta degli sviluppatori o per vere e proprie deficienze del sistema di controllo, sparare agli Helgast in corsa è impresa assai ostica. In secondo luogo, la frequente presenza di gruppi compatti di nemici e la loro costante precisione balistica, rendono quasi sempre mortale ogni tentativo di confronto diretto. Per non parlare dei tempi di ricarica delle armi, volutamente lunghi e pertanto effettuabili in sicurezza esclusivamente al riparo dal fuoco nemico. E non è finita: la velocità con la quale l’indicatore dell’energia tende a svuotarsi, l’impossibilità di eseguire salti e il breve lasso di tempo concesso alla fase di scatto sono tutti elementi votati al medesimo fine. Insomma, per proseguire in Killzone è necessario adeguarsi all’ottica degli attacchi a singhiozzo: sparare, ripararsi, sparare, ripararsi, ricaricare e cominciare di nuovo. Un gameplay che sicuramente distingue il titolo Guerrilla da altri FPS, ma che per contro tende a renderlo ripetitivo con maggiore facilità, complice anche un level design che, per quanto buono, lascia poco spazio alla varietà. E’ vero anche che Killzone permette all’utente di affrontare i vari livelli scegliendo uno tra i quattro protagonisti disponibili, ognuno caratterizzato da peculiari abilità che, grazie ad un piccolo stratagemma, vengono messe sempre in risalto indipendentemente dallo stage selezionato. In sostanza, la quantità e la posizione dei nemici subiscono delle differenze a seconda del personaggio selezionato: impersonando l’assassina Luger si avranno dunque maggiori possibilità di affrontare gli Helghast colpendoli da lontano o uccidendoli alle spalle, mentre il nerboruto Rico potrà fare affidamento sulla propria potenza di fuoco per falciare senza troppi complimenti orde intere di nemici. Con i rimanenti Templar ed Hakha a costituire le classiche vie di mezzo, i quattro eroi del gioco offrono dunque diverse opzioni offensive, pur senza modificare sostanzialmente la struttura ludica né costituendo una valida iniezione di replay value.
Non solo campagna
A fianco della modalità single player del gioco, costituita da 11 livelli, Killzone offre agli utenti Sony la possibilità di cimentarsi in sfide multiplayer sia via split-screen con bot quali avversari, sia online fino ad un massimo di 16 giocatori. Per quanto il network Sony non sia mai stato il massimo della vita, viene sfruttato da Killzone in maniera egregia, permettendo partite anche affollate senza grossi problemi di lag e lasciando spazio all’utilizzo dell’headset per la comunicazione vocale. Sei sono le modalità dedicate alle sessioni multiplayer, ovvero Deathmatch, Team Deathmatch, Difendi & Distruggi, Assalto, Dominazione e Rifornimenti (una specie di Capture The Flag “multiplo”). Queste si rivelano discretamente divertenti, per quanto rientrino tutte grosso modo negli schemi del genere: ciò che invece non convince del multiplayer di Killzone è il ritmo di gioco, trasferito senza alcuna variazione dalla modalità single player del titolo. Ma se in quel caso la lentezza degli spostamenti non pesa più di tanto (complice il gameplay a singhiozzo descritto nella recensione), nel più dinamico ambito multigiocatore si fa sentire parecchio, lasciando qualche spazio alla noia.
L’importanza di chiamarsi Helghast
Se l’impostazione in stile guerriglia del gameplay di Killzone può comunque essere considerata, coi suoi limiti, una valida alternativa all’approccio classico degli FPS, resta il fatto che il prodotto Sony presenta al suo interno diversi difetti che ne minano la valutazione globale. In termini strettamente ludici, infastidisce in particolare il comportamento degli Helghast, precisi come cecchini anche dalle distanze più proibitive e allo stesso tempo estremamente poco reattivi in diverse situazioni. Fate capolino da un angolo e un nemico lontano centinaia di metri vi colpirà in piena fronte, ma lanciate una granata in una stanza popolata da Helghast e difficilmente troverete superstiti. Killzone prosegue così continuamente in bilico tra le contraddizioni della propria IA, lasciando l’utente vittima di una relativa insoddisfazione o, in alcuni casi, di vera e propria frustrazione causata dalla natura fortemente scriptata dello scenario di gioco. Il prosieguo in Killzone è infatti caratterizzato dalla linearità sia in ambito di semplice deambulazione (il percorso, salvo rari casi, è unico e ben visibile) sia soprattutto riguardo agli eventi che occorrono all’interno dei livelli. Gli Helghast appaiono sempre negli stessi luoghi, effettuano sempre gli stessi spostamenti e colpiscono sempre con la stessa, irritante, precisione. Esempio: scenario aperto, campagna esterna alla città. Fate l’errore di correre esposti nel bel mezzo della strada e verrete centrati in pieno da una granata lanciata da chissà dove. Ripetete il livello (i checkpoint sono pochi e spesso mal piazzati), percorrete di nuovo il percorso di cui sopra e cadrete nuovamente vittima di un’esplosione il cui artefice non è nemmeno visibile. E’ ovviamente frequente anche il processo inverso, con gli Helghast che si lasciano uccidere sempre nella stessa maniera volta dopo volta. E questo non aiuta di certo il giocatore a ritenersi pienamente soddisfatto dell’esperienza offerta da Guerrilla. Il che è un peccato, perché Killzone è tutto sommato un prodotto originale, dal gameplay comunque accattivante, ma che soffre di lacune considerevoli. Peccato doppio, se si considera anche l’ottima qualità del comparto audiovisivo del gioco. Graficamente, gli sviluppatori olandesi sono riusciti a compiere un lavoro per certi versi sbalorditivo, considerato soprattutto l’hardware non più all’avanguardia di Playstation2. Killzone offre scenari di grande potenza visiva, graziati da effetti di fumo ed esplosioni di notevolissima fattura, e popolati da personaggi dall’elevato dettaglio poligonale. Tutto questo a un certo prezzo, però: il frame rate non è propriamente elevato, ed è suscettibile a frequenti cali nelle situazioni più affollate, ma ciò non influisce più di tanto sull’esperienza di gioco. Convincenti, anche se un po’ legnose, le animazioni degli avversari, mentre meritano un plauso i realistici movimenti della telecamera e delle braccia del proprio alter ego virtuale durante le operazioni di ricarica dell’arma, corsa o superamento degli ostacoli. Sul fronte sonoro, la già citata bontà del doppiaggio in italiano si sposa alla perfezione con effetti e musiche di alto livello, e che assumono ancora più importanza in presenza di un impianto surround.
Commento
Killzone non è un ottimo FPS, né tanto meno l’Halo-killer che qualcuno (forse) si aspettava. Il titolo Guerrilla è invece un prodotto onesto e per certi versi originale, dotato di un comparto audiovisivo di ottimo livello, ma che presenta una serie di lacune su cui non è proprio possibile sorvolare. Sicuramente condizionato dall’hype che gli si era formata intorno e dalla sfortunata uscita adombrata dai colossi Halo 2 ed Half-Life 2, Killzone è soprattutto un titolo che paga l’inesperienza di una software house giovane come Guerrilla, che tuttavia ha dimostrato di possedere buone idee e capacità tecniche. Magari con un eventuale Killzone 2, il discorso potrà essere diverso…
- Pro:
- Ottima veste grafica
- Comparto sonoro da film
- Gameplay fuori dagli schemi
- Contro:
- Struttura di gioco e level design ripetitivi
- AI dei nemici sbilanciata
- Diverse ingenuità strutturali
Sin dai primi momenti del suo annuncio, Killzone è stato insignito dalla comunità Playstation 2 del pesante titolo di Halo-killer. Sorvolando sulle (discutibili) motivazioni che portarono a questo epiteto, sta di fatto che il first-person-shooter olandese ha subito accumulato su di sé una notevolissima dose di hype, continuamente invigorita dal classico stormo di preview entusiastiche, press-release rimbombanti e screenshot spettacolari. Man mano che la sua data d’uscita si avvicinava, però, l’attesa nei confronti del titolo Sony cominciava a vacillare: vuoi per il mediocre exploit di Guerrilla con Shellshock, vuoi per il trionfale arrivo del “rivale” Halo 2, vuoi per i primi hands-on meno positivi del previsto, Killzone è giunto sul mercato quasi in sordina, per giunta a breve distanza dalle pesantissime release delle nuove avventure di Master Chief e di Gordon Freeman. Chi ben comincia…