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KnightShift

Gioco di ruolo + gioco strategico? Knightshift.

RECENSIONE di La Redazione   —   18/05/2004
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Una storia poco seria

Nonostante il look “dark” della copertina della confezione e gli accenti epici dei commenti sonori, una prima cosa che balza all’occhio, e che contribuisce a costruire l’identità più profonda di KnightShift, è la sua potente carica umoristica. I personaggi sono esteticamente ridicoli, compresi i protagonisti e compreso soprattutto il “cattivone” iniziale, che non è celato nel mistero ma presente in modo chiaro nel filmato d’introduzione, dove sembra tutto fuorché un pauroso demone. Non si tratta solo di un fatto di estetica: anche i dialoghi e la trama del gioco scatenano più di una risata. Facciamo qualche esempio. Il principe, uno dei protagonisti del gioco, mette talmente tanta enfasi nel suo essere l’eroe salvatore del mondo da far venire il dubbio che il primo a non crederci sia proprio lui. Il mago Gallus compare ogni volta che veniamo sconfitti, prima disperandosi per la imminente distruzione del mondo e poi aggiungendo: vabbè, tanto è un videogioco, ricarica! Talvolta l’ironia è più sottile. In un dialogo, un cavaliere inizia a disquisire in modo molto estemporaneo sulla mente e sull’inconscio; il principe lo interrompe dicendo “Good, Freud… *ahem*, friend”. Il gioco è pieno di battute simili. La cosa può avere aspetti positivi o negativi: che i tipici cliché del gioco fantasy vengano impietosamente messi alla berlina è sicuramente divertente, ma la cosa alla lunga potrebbe stancare e i continui “alleggerimenti” dovuti all’umorismo vanificano la tensione drammatica e ciò potrebbe, in alcuni giocatori, diminuire l’interesse nei confronti della storia stessa.

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Unire e dividere

Forse l’elemento che maggiormente distingue KnightShift dai suoi predecessori che prima abbiamo citato è il tentativo presente al suo interno di “isolare” le due componenti strategica e ruolistica, costruendo un gioco che offra separatamente entrambe le esperienze piuttosto che davvero “fonderle” in una. Infatti, dal menu principale possiamo scegliere due diverse modalità di gioco principali: le campagne oppure il gioco di ruolo. Le campagne sono una successione di scenari concatenati svolti secondo il sistema tradizionale degli strategici in tempo reale con solo piccoli accenni al gioco di ruolo, trattato invece in maniera diretta nella sezione apposita, composta da una serie di “capitoli” ove l’unico personaggio sotto il nostro controllo sarà quello creato a inizio partita, se si fa eccezione per qualche comprimario che lo accompagnerà per un po’ di tempo in certe occasioni. Le due sezioni non usano la stessa identica interfaccia; ci sono elementi disponibili solo nella modalità campagna/rts (ad esempio i menu delle strutture da costruire o delle unità da addestrare) e altri disponibili solo nella modalità rpg (i mercanti, l’inventario del personaggio). Dal punto di vista narrativo, le vicende iniziano nelle campagne, i cui primi scenari costituiscono anche il tutorial, e proseguono nella modalità rpg. La modalità strategica è segnata dalla sintesi: non vi sono tante “civiltà” fra cui scegliere e decine di unità da addestrare, ma una fazione unica, quella del principe, e poche unità notevolmente specializzate. I falegnami costruiscono, riparano e volendo possono anche combattere; gli edifici vanno dalle classiche strutture di addestramento (caserma, tempio) alle altrettanto classiche strutture di difesa (mura, torri, portali); un edificio particolare è la stalla, in pratica l’unica struttura economica del gioco.
In KnightShift, infatti, la risorsa strategica è il latte: i soldati, gli edifici e perfino le tecnologie “costano” latte, e il latte lo producono le mucche addestrabili presso, appunto, la stalla. Fra le unità militari vi sono guerrieri, arcieri, lancieri e cavalieri. Le unità magiche sono streghe, sacerdoti, sacerdotesse e maghi. Vi sono poi altre unità con compiti diversi, fra cui le temibili “suocere”, con tanto di mattarello in mano: servono per far lavorare più velocemente i falegnami e per “conquistare” gli edifici nemici. Esistono anche le classiche “tecnologie”, che consentono di migliorare la forza dei soldati o comunque l’efficienza delle unità; è interessante notare che ciascuna tecnologia ha una precisa conseguenza anche grafica. I meccanismi della battaglia sono tradizionali: è possibile formare gruppi, impostare formazioni e punti di percorso e così via; combattimenti ed esplorazioni avvengono non solo all’aria aperta ma anche in sotterranei o in interni, collegati alla mappa da appositi punti di passaggio (questo vale per entrambe le modalità di gioco). Un elemento importante da sottolineare è che tutte le unità (comprese le mucche!) man mano che compiono le loro attività guadagnano esperienza e crescono di livello; fra un guerriero appena addestrato e un “veterano” la differenza è enorme, e questo influisce molto nell’elaborazione delle strategie, portando il giocatore a tentare di conservare a lungo le proprie unità, anche perché è prevista la possibilità di trasportarle da uno scenario all’altro della campagna. La cura del dettaglio della singola unità è aumentata anche da altri fattori: per esempio, dal fatto che ciascuna di esse ha il nome proprio, nonché dal fatto che ciascuna di esse può raccogliere oggetti se sono relativi alla sua occupazione (ad esempio, un guerriero può raccogliere una spada, un arciere un arco); gli oggetti raccolti aumentano la potenza dell’unità e hanno anche un preciso riscontro grafico, cosicché dopo qualche tempo ciascuno dei nostri guerrieri sarà diverso dall’altro, visto che ciascuno avrà un equipaggiamento particolare. Nella modalità strategica, comunque, non esiste un vero e proprio inventario, presente invece nella modalità rpg: lì gli oggetti si possono accumulare nello zaino e anche vendere o acquistare dai mercanti. Se nella modalità strategica il protagonista è necessariamente il principe, nella modalità “ruolistica” il protagonista lo crea il giocatore scegliendolo fra diverse classi e personalizzando, sia inizialmente sia nel corso del guadagno dei livelli, le sue varie abilità. Chiaramente, la sezione rpgistica pone enfasi maggiore sulle missioni e sui dialoghi, anche se non vi sono mai possibilità di risposta multipla: quando facciamo partire un dialogo, possiamo solamente ascoltarlo e prenderne atto. Questo sembrerebbe ridurre al minimo le possibilità di vera interpretazione, ma il fatto che (almeno nella sezione apposita) l’attenzione sia davvero tutta concentrata su un unico personaggio e non da alternare fra protagonista ed esercito, come avviene normalmente negli “ibridi”, dovrebbe costituire una certa garanzia per l’appassionato di giochi di ruolo. D’altra parte, lo sviluppo narrativo prevede la necessità di affrontare entrambe le modalità di gioco: si può dire con ragionevole sicurezza, quindi, che KnightShift non può in ogni caso consigliarsi al “purista” di uno dei due generi.

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E le mappe casuali?

KnightShift non offre solamente le campagne strategiche e le missioni “ruolistiche”. Fra le altre opzioni del menu principale c’è la modalità “schermaglia”, che consente sfide strategiche veloci contro il computer o contro altri giocatori umani tramite il multiplayer, e ci sono inoltre varie mappe slegate dalla trama principale da giocare in solitario con il proprio eroe in modalità “ruolistica”. Purtroppo, non è presente un generatore di mappe casuali, da sempre una classica opzione dei giochi di strategia. La cosa è parzialmente risolta dalla presenza di un editor di missioni molto versatile e potente, la cui interfaccia è vicina a quella del gioco stesso e che risulterà quindi certamente “appetitoso” per i giocatori ricchi di inventiva. Se la comunità raccoglierà la sfida, solo il tempo potrà dirlo.

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Il primo gioco al mondo?

Tecnicamente, KnightShift è un gioco decisamente scintillante. La grafica è completamente tridimensionale e praticamente tutto tranne il terreno è animato: gli alberi, gli edifici, gli animali selvatici, il fumo delle torce… Il dettaglio è notevole, e anche al livello massimo di zoom non si risente troppo della tipica “spigolosità” dei giochi poligonali; sono poi presenti alcuni tocchi di virtuosismo notevole, per esempio il riflesso delle nuvole sul terreno, o il trattamento delle superfici d’acqua, che riflettono in tempo reale tutto ciò che accade sulle sponde: ciò avviene principalmente grazie a uno sfruttamento del pixel shader molto capace, anche se non così tanto da consentire la rivendicazione di azzardatissimi primati (secondo la scatola, KnightShift è il primo gioco al mondo a sfruttare il pixel shader; evidentemente i programmatori non hanno mai sentito parlare di Morrowind, uscito nel 2002). La cosa più importante da sottolineare, comunque, è che tutto il ben di dio appena descritto risulta incredibilmente “leggero” in quanto a risorse richieste; tanto per capirci, KnightShift gira sempre alla perfezione in un sistema che stenta a far girare SpellForce; la cosa, comunque, può dipendere anche dal fatto che il gioco della Zuxxez tende a concentrarsi su schermaglie di dimensioni ridotte, mentre SpellForce predilige gli scontri di massa, chiaramente esigenti in termini di risorse. Anche il commento sonoro merita un plauso, pur se di primo acchito potrebbe sembrare poco pertinente con il tono scanzonato del titolo. In realtà gli archi e i maestosi cori che fanno da filo conduttore musicale della colonna sonora contribuiscono non poco al tratteggio di un’atmosfera sognante, ove le forme caricaturali delle vicende e dei personaggi paiono trovar perfetta collocazione. E’ ottimo il doppiaggio e la caratterizzazione vocale dei protagonisti, anche se nella versione italiana sono stati tradotti solamente i testi, e ciò può creare qualche problema ai non anglofoni visto che i dialoghi non contemplano l’uso dei sottotitoli (è comunque possibile andare a leggerseli in un secondo momento attraverso la schermata delle “missioni”).

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Commento finale

KnightShift è un gioco ben realizzato, che fa emergere con decisione la professionalità e l’esperienza degli sviluppatori. Pur proponendo schemi che già possono sembrare triti e ritriti, gli autori si sono mostrati capaci di trattarli in maniera limpida e cristallina, isolandone gli elementi caratteristici ed evitando di confonderli tra mescolamenti e contraddittorie alternative di gioco. La sezione strategica non aggiunge nulla al genere ma è piacevole, poco frustrante, in un certo senso benevolmente “leggera” nel proporre un unico nucleo di costruzioni, unità e tecnologie, evitando l’ipertrofia e il massimalismo quantitativo di molti altri titoli appartenenti alla categoria. La sezione “ruolistica” non può e non vuole avere alcuna velleità comparativa con giochi di ruolo “veri”, ma è comunque gradevole e il suo essere scientemente “isolata” dal resto del gioco la rende accessibile a più livelli, come continuazione narrativa della vicenda strategica o come momento di semplice relax videoludico per l’appassionato di rpg. La scelta di proporre un mix che è due volte “leggero” è contemporaneamente, in un certo senso, il pregio e il difetto maggiore di KnightShift. Non approfondendo realmente alcuna delle sue caratteristiche, il gioco si auto-condanna a un destino da mero passatempo, fulgido esempio di “mestiere” destinato in fondo a non lasciare tracce profonde nella memoria del giocatore e a cui manca, forse, l’elemento di ispirazione che distingue il prodotto altamente professionale dal frutto dell’autentica passione per un genere.

    Pregi
  • Molto ben programmato
  • Ricco di ironia
  • Fruibile a più livelli
  • Grafica e sonoro molto buoni
    Difetti
  • Meccanismi di gioco molto semplici
  • Non c’è nulla di nuovo
  • Non ha una vera “anima”

Un mix molto di moda

Che nell’ultimo periodo la tecnica di marketing privilegiata per lanciare e vendere un videogioco sia presentarlo come “fusione” di molti generi, è fuor di dubbio. Non tutte le misture però sembrano incontrare il medesimo consenso da parte del pubblico: se alcuni arditi esperimenti restano senza seguito, altri arrivano perfino a inaugurare un nuovo genere. E’ il caso del fortunato mix fra rts (strategico in tempo reale) e rpg (gioco di ruolo). Le prime lontane avvisaglie di questo connubio potremmo farle risalire ai primordi della strategia in tempo reale, quando i programmatori, per rendere più appassionanti le storie da narrare, cominciavano a farle ruotare attorno a qualche personaggio che restava fisso nel succedersi dei vari scenari. E’ chiaro che dal rendere tale protagonista una semplice unità con qualche punto ferita in più a una unità assolutamente unica anche sul piano delle abilità il passo è breve: l’evoluzione verso il rts/rpg era quindi quasi insito all’interno del limite maggiore dello strategico in tempo reale, ossia l’impersonalità delle numerose unità che lo popolano. Il primo titolo di grande richiamo a usare “coscientemente” la fusione dei due generi fu il celebre Warcraft III della Blizzard, che peraltro era molto più ardito e sperimentale durante i primi passi del suo sviluppo che non nella versione messa in vendita e tutt’ora molto giocata online. In Warcraft III alle normali unità si affiancavano gli “eroi”, ossia personaggi che crescevano di livello e avevano una serie di abilità da migliorare col passare del tempo nonché un inventario elementare di oggetti. L’altro importante titolo a inserirsi in questo filone è stato, più recentemente, SpellForce; lì la dimensione rpgistica pareva decisamente più consistente, ma tale consistenza si è rivelata prevalentemente “quantitativa” e non ha mutato sostanzialmente l’approccio al gioco, basato comunque sui meccanismi rts dell’accumulo di truppe e dello sviluppo di tecnologie. Il titolo di cui ora ci accingiamo a parlare è una tappa nuova in questo percorso. Si chiama KnightShift ed è un gioco sviluppato dalla compagnia Zuxxez (sembra un nome sciocco, ma si pronuncia come l’inglese “success”), in particolare dal suo team interno Reality Pump. Il gioco ruota attorno alle vicende di un principe di un tipico regno fantasy e del suo amico-mentore, il saggio mago Gallus; le vicende dei due personaggi si sviluppano in missioni caratterizzate ora dal controllo di una singola unità o di un limitato “party”, ora dalla necessità di edificare strutture e addestrare eserciti più numerosi. Che non vi siano novità rivoluzionarie è quindi una prima piccola ovvietà. Per andare oltre, cerchiamo di affrontare tutti i vari aspetti del gioco.