Wandersong è, come minimo, una mosca bianca. In un mercato dei videogiochi che fa di violenza e tinte cupe un filo conduttore di buona parte delle produzioni, il titolo ideato e diretto da Greg Lobanov si pone esattamente all'estremo opposto dello spettro offrendo un'avventura coloratissima, gentile, ottimista e positiva. Tutto ciò nonostante le premesse narrative siano sconfortanti: il mondo infatti è destinato a finire. Non come concetto astratto di un futuro remoto, ma proprio a breve, perché la divinità Eya, creatrice del tutto, ha scelto di cancellare l'universo per dar vita a uno nuovo. Quando il bardo protagonista di Wandersong viene a conoscenza della nefasta prospettiva, sceglie di intraprendere un viaggio per cercare di arrestare l'apparentemente inesorabile destino. Senza armi o poteri particolari, bensì unicamente equipaggiato della propria voce, o meglio del proprio canto. Sì perché il saper generare armoniosi suoni dalla propria ugola è praticamente l'unica cosa che l'eroe è in grado di fare. Ma sottovalutare questa capacità sarebbe un errore: tramite il canto infatti il bardo può interagire con persone e oggetti e risolvere tutti i puzzle ambientali, gli enigmi e perfino affrontare i combattimenti che gli si pareranno di fronte lungo il cammino.
Un'avventura da cantare
Tutto ciò avviene fondamentalmente attraverso lo stick analogico destro, la cui inclinazione fa apparire su schermo una sorta di menu radiale i cui spicchi sono associati alle varie tonalità che si possono produrre. Spostare la levetta in una direzione piuttosto che in un'altra produrrà quindi suoni differenti, possibilmente da mettere in sequenze tali da dare vita a piacevoli canzoni. Ciò non è però obbligatorio, perché Wandersong è tutto tranne un gioco punitivo: al contrario, anche nei casi in cui è richiesto di eseguire brani seguendo precise note una dopo l'altra, il gioco si accontenta del minimo sforzo senza obbligare alla precisione dei rhythm game. Infatti, nonostante la tematica musicale sia il fulcro del gioco, sarebbe scorretto associare Wandersong al filone appena citato: in realtà infatti ci troviamo di fronte a un'avventura in cui a farla da padrone sono soprattutto i dialoghi, che tratteggiano personaggi veramente interessanti e approfonditi, tutt'altro che banali, ben al di là di quanto lo stile grafico possa suggerire. Ovviamente questo aspetto, legato alla disponibilità solamente dei testi in lingua inglese, è destinato a ridurre di parecchio l'appeal del titolo sul pubblico italiano, estremamente sensibile all'argomento traduzioni. Per chi volesse procedere, va comunque chiarito che gli scritti di Wandersong non raggiungono mai livelli di complessità particolari, motivo per cui è sufficiente una conoscenza soltanto discreta dell'inglese per poter capire i dialoghi.
Ma senza dubbio alcuno, la comprensione del testo è elemento imprescindibile per affrontare il gioco, che altrimenti a livello puramente ludico offre pochino: le fasi platform sono estremamente elementari così come i puzzle appaiono lineari e non molto stimolanti. Anche la gestione del canto non è impeccabile, perché la scarsa precisione dello stick del Joy-Con rende spesso difficile riuscire a toccare una nota "pulita" senza scivolare su quella vicina. D'altra parte è evidente lo sforzo di Lobanov di offrire quanta più varietà possibile durante l'avventura del bardo, e infatti è un continuo susseguirsi di ambientazioni e situazioni diverse attraverso emozioni differenti che riescono a mantenere vivo l'interesse e la curiosità del giocatore. E altrettanto sicuramente merita un plauso l'originalità della componente grafica che si basa sulla riproduzione di carta e cartoncino per dare vita a un mondo che ricorda quelli già visti in Teraway o Paper Mario. La direzione artistica rientra in pieno nel novero dei gusti personali, ma chi vi scrive non ha trovato eccezionale il design dei personaggi così come quello del protagonista, fin troppo stilizzato per riuscire effettivamente a restare impresso. Ma si tratta di una critica davvero troppo soggettiva per essere sviluppata ulteriormente, ragione per cui preferiamo lasciare tale valutazione ai giocatori. Wandersong è evidentemente un prodotto pensato per un pubblico capace di apprezzarne la leggerezza e l'umorismo, così come l'atmosfera naif che lo contraddistingue da qualsiasi punto lo si guardi. Per comprenderne la prospettiva, basti pensare che esiste anche la possibilità di danzare in qualsiasi momento tenendo premuto un tasto. Addirittura possono essere sbloccate e apprese nuove danze lungo l'avventura, così da arricchire il talento da ballerino del bardo. C'è solo un piccolo particolare: ballare non ha alcuna reale utilità all'interno del gioco, se non quella semplicemente di vedere il protagonista zompettare in modo buffo mentre sta passeggiando o finanche durante un dialogo. Non è meraviglioso?
Se pensate che i videogiochi moderni siano troppo seriosi, violenti e uguali l'uno con l'altro, Wandersong è fatto apposta per voi. L'opera di Greg Lobanov non ha alcun intento particolare, se non quello di offrire un'avventura spensierata, colorata, basata su ottimismo e positività ma capace anche di far riflettere, ricca di storie interessanti e personaggi profondi e ben caratterizzati. Nonostante non manchino fasi rhythm, platform e puzzle gradevoli ma non certo indimenticabili, i dialoghi sono la componente chiave dell'esperienza di Wandersong, e per questo motivo è fondamentale l'essere padroni perlomeno di un inglese decente.
PRO
Un'avventura originale e diversa dal solito
Ottima caratterizzazione dei personaggi
Ritmo azzeccato
CONTRO
i testi solo in inglese possono essere un problema per alcuni