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Ninety-Nine Nights - Recensione

Benvenuti in questo medievale creato in collaborazione da Phantagram e Tetsuya Mizuguchi: le premesse per un successo c'erano tutte... ma il risultato?

RECENSIONE di Giorgio Melani   —   12/09/2006
Ninety-Nine Nights
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I magnifici 7

Come già detto, una delle caratteristiche principali di Ninety Nine Nights è la possibilità di utilizzare 7 personaggi diversi, ognuno dei quali dotato di una propria spiccata personalità e una propria storia, che mostra la guerra alla base del gioco da punti di vista differenti. Ecco i combattenti nei quali ci dovremo immedesimare:
Inphyy - sorella di Aspharr, all’inizio della storia contende col fratello la guida dei Cavalieri del Tempio, un ordine sacro votato alla protezione dell’umanità contro alle orde di goblin. Nonostante la giovane età (17 anni), dimostra grandi capacità nel combattimento e nella guida dell’esercito, ma in certi casi tende a perdere il controllo per l’eccessiva impulsività.
Aspharr - è il fratello maggiore di Inphyy e il suo modello da seguire, altro contendente alla guida dei Cavalieri del Tempio. Un combattente forte e abile e un saggio condottiero di truppe. Nonostante le sue qualità battagliere, Aspharr non si identifica con l’ideale della guerra, e continua a interrogarsi sulla validità delle sue azioni e sulla necessità di usare la violenza.
Miyfee - un mercenario dotato del potere della luce (“spark”). Miyfee è il classico uomo grande e grosso ma dal cuore d’oro, non guidato da particolari ideale ma piuttosto dalla necessità di combattere per vivere, è tuttavia dotato di un grande buonsenso, e perdutamente innamorato di una potente mercenaria che combatte al suo fianco.
Tyurru - una giovanissima strega dotata di enormi poteri magici. Compare a più riprese all’interno delle storie degli altri personaggi come valido aiuto esterno, combattendo a fianco degli umani. Tyurru rappresenta un personaggio particolare poiché è l’unico a non essere dotato di attacchi fisici ma solo magie a medio-lungo raggio.
Klarran - come Tyurru, rappresenta un aiuto esterno per i combattenti umani, finché non diventa un personaggio giocabile lui stesso. Si tratta di un chierico, anch’egli dotato di enormi poteri distruttivi.
Dwingvatt - è un guerriero goblin, che rappresenta l’altra faccia della medaglia nella storia di N3. Utilizzando Dwingvatt è possibile vedere la guerra tra umani e goblin dall’altra parte della barricata, è un combattente che ha deciso di vendicarsi degli umani che gli hanno ucciso il fratello.
Personaggio misterioso - compare dopo aver completato il gioco con tutti gli altri personaggi, lo scoprirete solo allora, anche se è possibile incontrarlo già durante le prime missioni. E’ certamente un individuo alquanto particolare...

Un mondo in guerra

Ninety Nine Nights ha un’ambientazione tipicamente fantasy, filtrata attraverso il gusto e lo stile orientale. La trama che fa da background è estremamente classica: in un mondo popolato da umani e varie creature di altre razze (orchi, goblin, elfi, rane giganti e quant’altro) la convivenza tra tutte le creature è assicurata dalla presenza di un cristallo magico, chiamato Orb. Quando questo si spezza, crolla il precario equilibrio che manteneva il tutto in pace, provocando il prevedibile declino sfociante in una guerra sanguinosa tra tutte le fazioni del composito mondo.
Anziché concentrarsi su un personaggio principale e costruire la trama intorno ad esso, gli sviluppatori hanno deciso di mettere in campo ben sette personaggi diversi (tre immediatamente disponibili più altri quattro sbloccabili in seguito), ognuno dotato di una propria caratterizzazione e protagonista di una propria micro-storia, capace di dare una visione più sfaccettata della macro-storia principale. Abbiamo dunque Inphyy, la bella condottiera diciassettenne alle prese con un’eccessiva ferocia in combattimento e un rapporto di inferiorità nei confronti del fratello Aspharr, il mercenario Miyfee che pare più interessato a conquistare la bella collega guerriera piuttosto che liberare la terra dai nemici, oppure Dwingvatt, che in quanto capitano dei goblin ci fornisce la visione opposta della guerra rispetto agli umani.
Nel corso delle missioni ci troveremo anche, in certi casi, davanti a dei bivi, che ci imporranno di effettuare una scelta su come proseguire il gioco. Tali scelte ovviamente si rifletteranno sul corso della storia e in certi casi determineranno dei particolari incroci tra le micro-storie dei vari personaggi. L’idea è valida e mantiene vivo l’interesse nel gioco, spingendo il giocatore ad affrontarlo con tutti i combattenti disponibili, ma è anche vero che la brevità della maggior parte delle trame lascia spesso l’amaro in bocca, con cinque, sei missioni al massimo a disposizione di ogni personaggio che portano spesso ad un finale alquanto tronco. Apprezzabile tuttavia la scelta di creare dei personaggi dotati di una relativa profondità, non eccessivamente stereotipati come spesso accade in casi simili.

Button Masher

La struttura del gioco è interamente basata su un concetto molto semplice, che in inglese viene definito semplicemente “button-smasher”, ovvero schiaccia-tasti: premere ripetutamente su due tasti per effettuare un gran numero di mosse, eliminando quantità industriali di nemici. Il gameplay è sostanzialmente una ripetizione continua della medesima situazione, con il nostro personaggio assediato da un numero soverchiante di nemici da affrontare a suon di arma bianca e combo devastanti, effettuabili praticamente attraverso la pressione degli unici tasti X e Y (fatta salva qualche combo che prevede il salto o la scivolata a complemento). Le combinazioni sono tante e diverse le sequenze scaturite dalla pressione dei tasti, con mosse sempre spettacolari e dal grande impatto visivo, che variano in difficoltà, potenza ed effetti scenografici all’aumentare del livello di esperienza raggiunto dal personaggio. E’ anche vero tuttavia che risultano tutte efficaci più o meno alla stessa maniera, cosa che porta più spesso a ripetere in continuazione la medesima combo che non ad imparare via via le nuove utilizzabili.
Il nucleo del gioco è dunque questo: lanciarsi nella mischia e falciare la maggiore quantità possibile di nemici. I soldati abbattuti rilasciano delle particolari sfere rosse che vanno a caricare una barra di energia ausiliaria (“barra degli astri”), che una volta carica rende attivo il tasto B. Premuto questo, il nostro personaggio entra nella modalità Overstrike e si trasforma in una vera e propria macchina da distruzione, un berserk capace di sterminare in qualche secondo intere ondate di nemici, che in queste condizioni rilasciano sfere blu, utili per caricare una seconda barra energetica atta a liberare un potere ancora maggiore (Overspark).

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Button Masher


Una delle poche valutazioni tattiche che a cui il gioco ci sottopone è proprio la scelta dei tempi giusti nei quali far scaturire il potere speciale, da riservare preferibilmente ai momenti di maggiore ressa ma da non usare con troppa parsimonia, poiché elemento indispensabile per salire di livello in livello. L’accumulo di punti esperienza determina la componente RPG di Ninety Nine Nights, a dire il vero alquanto misera: all’aumentare del livello aumentano le statistiche e gli slot a disposizione per equipaggiare gli oggetti che si trovano in giro sul campo di battaglia e all’interno degli scrigni, utili per modificare le caratteristiche del protagonista e delle guardie che lo accompagnano.

Il gameplay è sostanzialmente una ripetizione continua della medesima situazione, con il nostro personaggio assediato da un numero soverchiante di nemici da affrontare

Button Masher


Queste ultime rappresentano invece l’unica velleità strategica di questa produzione Phantagram/Q Entertainment, lascito ridotto all’osso di Kingdom Under Fire. Prima dell’inizio della missione possiamo selezionare le due squadre che comporranno il nostro esercito tra fanteria, fanteria pesante, arcieri e lancieri, il problema è che in ogni caso gli unici ordini che è possibile impartire sono praticamente “alt” e “avanti tutta”, con i soldati che in genere si limitano a caricare in massa l’esercito nemico, tenendolo impegnato prima dell’arrivo dell’eroe principale. Che è sostanzialmente immortale, salvo poi doversi scontrare con dei boss di fine livello, più "tosti" della massa votata al massacro, e che, se dovessero causarne la morte, costringerebbero il giocatore ad iniziare da capo il livello, dato che non esistono checkpoint intermedi. In missioni che durano anche più di quaranta minuti, la cosa è piuttosto frustrante. Siete avvisati...

Un pezzo da 99?

La grafica di Ninety Nine Nights pare ribadire la situazione generale in cui si trovano gli sviluppatori nipponici (nippo-coreani, in questo caso) alle prese con questi primi giochi per Xbox 360: sembrano essere indietro rispetto ai risultati contemporaneamente raggiunti dai colleghi occidentali. Basato ancora, apparentemente, sul medesimo motore utilizzato per Kingdom Under Fire, N3 punta tutta la sua capacità di stupire il giocatore sulla quantità di personaggi contemporaneamente sullo schermo. In questo riesce, ma tralasciando la cura nella rappresentazione degli scenari, alquanto scialbi, ripetitivi e ben poco ispirati con una scarsa possibilità di interazione, e la stabilità del frame-rate, che nelle fasi più critiche contribuisce involontariamente ad enfatizzare il caos della battaglia con cali di fluidità.
In ogni caso, le scene di battaglia sono impressionanti: vedere orde di nemici correrci incontro scendendo dalle colline, mentre il nostro esercito carica e le lame si scontrano è uno spettacolo particolare, l’impressione d’impatto violento tra le orde armate è resa perfettamente, restituendo una sensazione quasi fisica. Il motore grafico riesce inoltre a gestire bene la grande quantità di personaggi su schermo, caratterizzando ognuno di essi con animazioni abbastanza variegate da non dare l’impressione di un’enorme serie di cloni che attuano tutti la medesima mossa. Buono l’utilizzo degli effetti che, in modo particolare durante l’esecuzione di combo più complesse o in fase di Overstrike e Overspark rendono massimamente spettacolari gli scontri, trasformandoli in coreografie esaltanti per la cui descrizione l’aggettivo “epico” calza a pennello. Dal punto di vista auditivo gli effetti si attestano nella media, mentre le musiche risultano particolarmente azzeccate, uno dei punti di forza di Ninety Nine Nights: interamente orchestrali, i brani musicali accompagnano bene l’azione di gioco in maniera dinamica, rarefacendosi nei momenti di calma e intensificandosi drammaticamente durante i combattimenti più duri e decisivi. Anche qui, però, si notano alcuni problemi dati dal lavoro un po' sbrigativo di rifinitura, quando si notano nemici che restano incastrati negli elementi del fondale o quando ci si trova in ambienti più stretti e la telecamera si insinua dietro le strutture poligonali delle mura, mostrando il vuoto che queste celano
Una menzione speciale va ai filmati in full motion video che cesellano le storie dei vari personaggi, di qualità alta e dal bel character design, sono tuttavia ridotti all’osso come le storie che raccontano, corte e poco approfondite.

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Obiettivi

La maggior parte dei punti obiettivo si ottiene finendo semplicemente le storie di ogni personaggio, con punteggi variabili a seconda della lunghezza e difficoltà delle varie trame, ma ce ne sono anche altri raggiungibili in modi diversi. Un obiettivo si sblocca affrontando una speciale missione finale di Inphyy, altri due, particolarmente ricchi (200 punti), si ottengono completando le missioni con un punteggio minimo di A (ovvero con A o S) e facendo raggiungere il massimo livello di esperienza a tutti i personaggi, ovvero il 9.

Commento

Pur essendo un titolo fondamentalmente diverso rispetto alla serie action-strategica di Phantagram, la sensazione che si ha giocando a Ninety Nine Nights è quella di trovarsi di fronte ad un passo indietro rispetto a Kingdom Under Fire. La scelta di snellirne la struttura e puntare tutto sull’immediatezza e la quantità di nemici su schermo ha avuto come risultato un eccessivo impoverimento del gameplay, dando vita ad un gioco troppo semplificato. La forza di N3 sta tutta nell’esaltazione data dal combattimento ossessivo contro un nemico quantitativamente strabordante, e dall’appagamento fornito dal connubio tra la spettacolarità delle combo effettuabili con una buona facilità e i loro risultati estremamente distruttivi. Questo frammento base di gameplay è, però, troppo insistito e privo di sbocchi alternativi. La meccanica semplice e l’azione forsennata rendono comunque Ninety Nine Nights un gioco divertente, ma non molto longevo e rifinito, gravato, inoltre, dalla totale assenza di contenuti online e dall’inspiegabile mancanza di una qualsiasi modalità multiplayer. Consigliato agli amanti degli Hack ‘n Slash e agli affezionati all'indubbio fascino del chara design degli artisti Phantagram, senza troppe riserve.

    Pro:
  • Le scene di battaglia sono una goduria
  • Discreta varietà data dai diversi personaggi utlizzabili
  • Bella colonna sonora
    Contro:
  • Struttura di gioco troppo poco profonda
  • Intelligenza artificiale quasi inesistente
  • Tecnicamente, solo sufficiente

Nonostante alcune velleità del gioco in questione e l’esperienza sul campo di Phantagram, quello che Ninety Nine Nights ha di veramente strategico è solo la sua pianificazione all’interno del mercato, come uno dei prodotti scelti accuratamente da Microsoft per spingere Xbox 360 anche all’interno dell’ostico territorio nipponico. Visto il grande successo in particolare della serie Dinasty Warriors di Koei, a cui N3 pare ispirarsi in più di un elemento, alla Phantagram hanno deciso di modificare il modello di gioco su cui si basava Kingdom Under Fire, il cui richiamo è qui evidente, e potenziarne la componente action, rendendolo più immediato e relegando in secondo piano tutti gli elementi strategici. A supervisionare il cambiamento di rotta attuato dagli sviluppatori coreani guidati da SangYoun Lee, è stato chiamato Tetsuya Mizuguchi di Q Entertainment, la cui indiscussa esperienza nel mondo dei videogiochi, in ambito nipponico e oltre, avrebbe fatto da garanzia per la qualità del prodotto.
Insomma, le premesse c’erano, ma il risultato non pare essere all’altezza di esse, né del livello raggiunto dai due capitoli di Kingdom Under Fire usciti su Xbox.