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Red Ninja: End of Honor

Dopo la serie Tenchu, arriva su PS2 un nuovo gioco con protagonista un ninja. Anzi, una ninja…

RECENSIONE di Tommaso Pugliese   —   21/04/2005
Red Ninja: End of Honor
Red Ninja: End of Honor
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La sensazione di avere a che fare con un prodotto che non è né carne né pesce si fa sentire fin da subito.

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Camminare sui tetti o scivolare sulle funi è all'ordine del giorno.
Camminare sui tetti o scivolare sulle funi è all'ordine del giorno.
La gestione della visuale mette in grande difficoltà nei combattimenti.
La gestione della visuale mette in grande difficoltà nei combattimenti.
Kurenai può uccidere i propri avversari in molti modi diversi.
Kurenai può uccidere i propri avversari in molti modi diversi.

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Il gioco

L’invenzione del mitragliatore può cambiare le sorti di una battaglia, soprattutto se ci si trova nel Giappone feudale. L’applicazione di tale arma, però, viene bandita per questioni etiche e lo strumento finisce per essere distrutto. Il progetto necessario per costruirlo, però, viene rubato da una squadra di ninja, che sterminano la famiglia della giovane Kurenai e cercano di uccidere anche lei, impiccandola. La ragazza sopravvive miracolosamente, viene raccolta da una ninja e iniziata alle arti marziali: la sua nuova ragione di vita è obbedire agli ordini del suo padrone. E se facendolo potrà vendicarsi di chi le ha ucciso i genitori, meglio ancora…
La trama di Red Ninja: End of Honor, non riserva particolari sorprese, se non la crudezza degli eventi mostrati nell’introduzione animata. E il gioco non è da meno: se avete mai provato Tenchu, sapete esattamente di cosa stiamo parlando: un action game con elementi stealth, in cui però viene spesso incoraggiato l’approccio diretto. Fin dalla prima missione, comunque, ci si rende conto che gli sviluppatori hanno fatto affidamento più sulle curve di Kurenai, mostrate praticamente da ogni angolazione e con i pretesti più subdoli, che non su di una meccanica di gioco solida e stimolante. La sensazione di avere a che fare con un prodotto che non è né carne né pesce, infatti, si fa sentire fin da subito: l’approccio non è propriamente stealth, ed è nelle fasi di azione che si riscontrano tutti i difetti, in primis una gestione della visuale completamente sballata. In secondo luogo, si avverte la mancanza di qualsivoglia elemento innovativo, nonché dello spessore essenziale per questo genere di titoli: le missioni si somigliano e sono semplici nella propria struttura, l’intelligenza artificiale dei nemici lascia a desiderare e il sistema di combattimento non coinvolge. [C]

Spesso e volentieri il gioco indugia sulle curve della protagonista.
Spesso e volentieri il gioco indugia sulle curve della protagonista.
Camminare rasenti ai muri è un classico degli stealth game.
Camminare rasenti ai muri è un classico degli stealth game.
Arrivare alle spalle di un nemico si traduce in un'uccisione immediata.
Arrivare alle spalle di un nemico si traduce in un'uccisione immediata.

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Tecnicamente parlando

La grafica di Red Ninja: End of Honor è nella media degli attuali giochi per PlayStation 2: i personaggi sono composti da un buon numero di poligoni e il livello di dettaglio è sufficiente. Non c’è nulla per cui gridare al miracolo, comunque: la protagonista è ben fatta, ma si è visto di meglio in altri giochi. E le animazioni non sorprendono, neppure quelle che mostrano Kurenai intenta a uccidere un nemico dopo averlo preso alle spalle. Lo stesso discorso può essere fatto per le ambientazioni: senza infamia né lode, spesso semplici nel design e contraddistinte da un uso dei colori banale. Il tutto è accompagnato da un commento sonoro poco incisivo, che non suscita emozioni e che sembra sia stato messo lì per non disturbare il giocatore mentre si avvicina di soppiatto a una possibile vittima.
Il sistema di controllo risulta buono nell’assegnazione delle funzioni ai vari tasti, ma la reazione del personaggio è imprecisa tanto quanto quella della telecamera virtuale. Il mix di questi fattori incide pesantemente sulla giocabilità, soprattutto quando c’è da correre sui muri (ebbene sì) e durante i combattimenti.

Red Ninja: End of Honor
Red Ninja: End of Honor
Red Ninja: End of Honor

Commento

Ci sono troppe cose che “non quadrano” in Red Ninja: End of Honor. Innanzitutto l’impressione è che gli sviluppatori abbiano voluto pensare troppo all’avvenenza di Kurenai piuttosto che alla validità di fattori ben più importanti: lo spessore, il sistema di controllo e soprattutto la gestione delle visuali. Così com’è, Red Ninja non rappresenta una valida alternativa all’ultimo Tenchu, e non si distingue neanche per la realizzazione tecnica (che rimane nella media). Insomma, un titolo da evitare? Be’, chi non conosce Tenchu o chi desidera un approccio un po’ diverso (ma non per questo valido) al genere degli stealth game potrà trovare in Red Ninja: End of Honor un gioco capace di divertire per un po’ di tempo.

    Pro:
  • Protagonista ben fatta
  • Qualità tecnica adeguata
    Contro:
  • Pessima gestione della visuale
  • Mancanza di spessore
  • Graficamente “già visto”

Se in ambito cinematografico i ninja non hanno mai goduto di grande popolarità, o quantomeno non in Occidente, nei videogame la figura dell’assassino su commissione, spietato e freddo come una macchina, tiene banco da decenni. Esistiti durante il medioevo giapponese, i ninja erano guerrieri letali non tanto per le proprie abilità e per gli innumerevoli trucchi conosciuti, quanto per la totale dedizione alla propria missione e ai propri padroni. Dedizione che spesso li portava a sacrificare la vita pur di raggiungere l’obiettivo prefissato. Esistono decine e decine di giochi in cui i ninja appaiono in ruoli più o meno importanti, dotati di caratteristiche classiche o rivoluzionate, ma è nel campo degli stealth game che la loro comparsa assume un certo significato. Con Tenchu, ad esempio, si rende davvero giustizia alla figura dei ninja, in quanto nel gioco l’imperativo è portare a termine le missioni senza farsi scoprire, più che eliminando tutti gli avversari. Red Ninja: End of Honor rappresenta un tentativo di riprendere il medesimo discorso, introducendo elementi (soprattutto estetici…) inediti.