Come avrete già capito, in Restaurant Empire avremo il compito di costruire, organizzare e mantenere una catena di ristoranti in ogni dettaglio: dall’arredamento, al personale, al menù, alle relazioni con i clienti.
Per farlo, potremo scegliere tra due diverse modalità: partita veloce e avventura.
Nella partita veloce la libertà è praticamente assoluta, ed è persino possibile decidere il budget di partenza. Non ci sono obbiettivi, e questo permette al giocatore di sbizzarrirsi tranquillamente nella creazione dei propri ristoranti in una qualsiasi delle tre città presenti nel gioco (Parigi, Roma e Los Angeles), con l’unica preoccupazione di far quadrare il bilancio.
La modalità avventura invece è il vero cuore di Restaurant Empire: un maxi tutorial, nel quale i vari aspetti del gioco vengono proposti e spiegati attraverso 18 scenari connessi tra loro da una trama semplice quanto piacevole. Vestiremo i panni di Armand Le Beau, un giovane chef appena uscito dall’accademia di cucina francese che, armato solo di tanta passione per il cibo, un po’ di soldi, e il vecchio ristorante ormai chiuso di suo zio, decide di tentare la scalata del mondo della ristorazione. Per farlo trionfare dovremo superare ogni tipo di difficoltà: economiche, politiche, persino amorose, fino agli sporchi trucchi del colosso Omnifood che non esita ad utilizzare ingredienti geneticamente modificati pur di vincere.
Gestire un Ristorante
La maggior parte dell’azione si svolge ovviamente all’interno dei ristoranti.
Appena acquisito l’edificio è completamente vuoto, solo quattro mura e le scale (se è a due piani), tutto il resto deve essere posizionato manualmente dal giocatore, dalle stanze (cucina e toilette), ai tavoli (di costo e qualità differenti) all’arredamento (in funzione della nazionalità e del tema del ristorante). Ci sono quadri, arazzi, colonne, caminetti, fontane, tappeti, litografie, foto, pesci impagliati, tende indiane, juke box, oltre 200 oggetti che possono essere posizionati nel modo che si desidera, e lo stesso vale anche per l’arredamento delle toilette e per gli strumenti della cucina. Posizionarli è semplicissimo, e le possibilità quindi sono enormi e dipendono solo dal gusto personale del giocatore.
Il lavoro però non si limita solo ad arredare il ristorante, bisogna assumere i dipendenti, scegliendoli in base alle loro capacità (più sono bravi e più costano), assegnare loro i compiti e decidere quanto investire nel loro addestramento. Esiste comunque un limite al numero di dipendenti che si possono assumere in base al ruolo e alle dimensioni del ristorante. Questa limitazione è giusta e aiuta nei primi tempi a non esagerare, l’unico problema è il numero degli chef. Infatti capita sempre durante la modalità avventura di avere la schermata delle lamentele piena di proteste sulla lentezza del servizio. Inizialmente si è portati a pensare che il problema sia dovuto ai camerieri o ai maitre; in realtà invece si tratta quasi sempre dello scarso numero di chef. Facendo un paio di conti si scopre che uno chef molto bravo può cucinare per non più di sei tavoli allo stesso tempo (meno se si utilizzano i menù fissi), il che, moltiplicato per il numero di chef che possono lavorare nello stesso ristorante (da 3 a 5 a seconda delle dimensioni), fa un massimo di 18-30 tavoli a seconda della grandezza. Un numero decisamente basso rispetto alla realtà, e che, visti anche gli ampi spazi che si hanno a disposizione, costringe a sprecare un quantitativo di spazio impressionante. Questo inconveniente si fa sentire maggiormente nella modalità avventura, nella quale non è possibile ingaggiare normalmente gli chef, e dove capita spesso di poter utilizzare solo uno dei piani dei ristoranti proprio per la scarsità di manodopera, senza riuscire comunque ad evitare di essere sommersi dalle proteste. Per attirare una folla sempre maggiore, è poi fondamentale migliorare la reputazione del ristorante, con la pubblicità o, ancora meglio, accontentando le aspettative dei clienti.
E’ indispensabile infatti soddisfare i clienti, perché, come dice Michael Le Beau, lo zio di Armand, “un cliente soddisfatto è la miglior pubblicità e, soprattutto, è gratis”. Per rappresentare il livello di soddisfazione, ogni persona ha un valore di aspettativa, cioè il minimo che si aspetta entrando nel nostro ristorante. Quindi tutte le caratteristiche del locale, l’arredamento, il confort, l’abilità dei dipendenti, il tempo necessario per essere serviti e ovviamente la qualità dei piatti ordinati, vengono confrontati con l’aspettativa, e il risultato indica il livello di soddisfazione individuale. Questo valore può essere alto o basso, inoltre quando qualcosa è decisamente al di sotto delle aspettative, il cliente si lamenta con il personale, e in questo modo il giocatore ha modo di rendersi conto dei problemi più gravi.
Terminati i lavori all’interno, è bene dare una sistemata anche all’esterno, visto che per quanto si mangi bene e sia bello dentro, nessuno ha voglia di entrare in una catapecchia. Anche in questo caso il sistema è molto semplice: basta selezionare le migliorie e queste vengono effettuate.
Un po’ di Cucina…
Come ho già avuto modo di accennare, in Restaurant Empire sono presenti piatti provenienti da tre cucine, francese, americana ed italiana, e sono ordinati in base alla convenzione francese.
Questo sistema ovviamente non si adatta per nulla alla cucina italiana.
Per chi non lo sapesse, la cucina italiana è una tra le pochissime al mondo nella quale è presente una distinzione tra primi e secondi piatti. Questo non è stato assolutamente tenuto in considerazione dai programmatori, con effetti tra il ridicolo e il disastroso. Infatti, non sapendo dove mettere i nostri adorati primi, li hanno sparpagliati a casaccio tra gli antipasti e le portate principali!!!
Il risultato è che i Maccheroni alla Bolognese (semplici maccheroni al ragù) sono tra gli antipasti, mentre la Pasta alla Bolognese (secondo la descrizione una pasta a scelta al ragù) è tra le portate principali. E gli esempi simili si sprecano.
Per spiegare bene il perché di questa decisione quanto meno discutibile, è però bene spiegare prima come vengono considerati i pranzi e le cene nel gioco. Probabilmente ancora secondo la convenzione francese, un pasto completo è costituito da due antipasti, una zuppa, una portata principale e un dessert. Quindi i programmatori, vista l’eccezione italiana, hanno pensato che fosse la stessa cosa piazzare qualche primo tra gli antipasti, senza considerare la possibilità di abbinamenti surreali come: Maccheroni alla Bolognese, Insalata Caprese (per di più senza pomodoro!), Minestrone e Carbonara in quest’ordine. Un disastro culinario che sarebbe stato possibile evitare facendo solo un briciolo di attenzione.
Infatti la traduzione letterale di soupe non è “zuppa”, come probabilmente hanno erroneamente pensato, bensì “minestra”, che comprende, in base alla cucina italiana, sia minestre in brodo che asciutte. Quindi sarebbe bastato modificare il nome della categoria in “Zuppe e Primi Piatti” e metterci tutti i primi italiani. Il tutto senza nessuno sforzo aggiuntivo.
La stessa selezione di piatti italiani è del tutto priva di qualsiasi criterio, tanto che di molti dei più importanti e famosi non c’è traccia. Mancano i bucatini all’amatriciana, la pasta al pesto, i risotti, la pizza margherita (c’è quella al salmone e manca la margherita!), le lasagne alla bolognese, persino i TORTELLINI!
Tutto questo, per un italiano, è inaccettabile in un gioco che si basa sulla cucina!
La Prova del Cuoco
Per ravvivare maggiormente il gioco sono presenti i concorsi di cucina. Decisamente a parte rispetto alla struttura gestionale, sono disponibili solo nella modalità avventura, dove sono spesso indispensabili per il completamento degli scenari.
Ma come è possibile spiegare ad un computer qualcosa di così complesso come l’arte culinaria senza renderla una mera serie di azioni meccaniche (piglia l’ingrediente, ficca l’ingrediente nella pentola, mescola…)? Sicuramente anche i programmatori del team Enlight si saranno arrovellati il cervello su questa domanda quando hanno dovuto affrontare il problema, e la soluzione a cui sono giunti (e che condivido in pieno…) è di lasciar fare ai numeri.
Mi spiego meglio. Gli chef hanno un’abilità per ogni ricetta: si tratta di un semplice valore percentuale che rappresenta quanto sono abili nel preparare quel determinato piatto. Per definire la bontà del risultato (è proprio il caso di dirlo) è presente un algoritmo che raffronta l’abilità dello chef con la qualità della ricetta, sempre in percentuale.
Per rendere un piatto migliore, è quindi importante allenare lo chef facendoglielo preparare il maggior numero possibile di volte in modo che la sua abilità aumenti, ed avere ingredienti di qualità superiore da utilizzare nei momenti cruciali. Ottenere questi ingredienti non è facile come sembra: alcuni clienti speciali potranno offrire (a prezzi salatissimi) dei campioni per promuovere la loro attività, altre volte invece sarà necessario visitare alcune delle locazioni esterne e acquistarli direttamente.
Una volta sul palco, con tutti i “ferri del mestiere” pronti e un’idea abbastanza precisa di quale sarà il risultato delle nostre fatiche, è il momento di iniziare la gara vera e propria. Con gli altri parametri già definiti, la varietà è fornita dalla concentrazione dello chef, che viene rappresentata da una serie di minigiochi da eseguire in pochi secondi. Giochini elementari, come centrare il bersaglio con un pallino in movimento, o clickare in ordine sei numeri o lettere sparpagliate, e che forniscono un piccolissimo bonus in base alla velocità con cui vengono portati a termine. Il tutto ovviamente entro il tempo necessario per cucinare il piatto scelto. Un’idea sufficientemente realistica e che non costringe il giocatore a restare passivo ad attendere il risultato, quindi nel complesso decisamente riuscita.
Tecnicamente Parlando…
Restaurant Empire non è assolutamente esoso in termini di requisiti di sistema, sia per merito dei programmatori (ultimamente la tendenza è di richiedere sempre maggior potenza anche quando se ne può fare comodamente a meno), che per la scarsa importanza che la componente grafica ha in questo tipo di titoli, e funziona senza alcun problema anche su PC di fascia medio bassa. Gli unici rallentamenti si incontrano nelle fasi avanzate del gioco, quando si possiedono più di 4-5 ristoranti, ed il programma deve calcolare quello che succede in tutti contemporaneamente, o le prime volte in cui si passa da uno all’altro, quando deve essere calcolato l’aspetto grafico.
La visuale è l’ormai solita tridimensionale con possibilità di ruotare e zoomare sia negli interni che negli esterni. Il livello di dettaglio degli oggetti è ottimo, mentre i modelli delle persone lasciano un po’ a desiderare. Fino a quando ci si mantiene distanti, come accade quasi sempre, va tutto bene, ma se si osserva da vicino, i difetti, sia nelle strutture poligonali che nelle texture, si vedono chiaramente. Gli unici personaggi riprodotti con un discreto dettaglio sono quelli importanti per la trama, mentre gli altri sono purtroppo ben al di sotto di quello che ci si aspetta di questi tempi.
Le musiche sono carine ed accompagnano piacevolmente, ma sono intervallate da periodi di silenzio inspiegabilmente lunghi, spesso di oltre mezz’ora. Nelle fasi più riflessive del gioco (durante l’arredamento, soprattutto) non se ne sente particolarmente la mancanza, mentre al contrario si salta quasi sulla sedia quando ricominciano apparentemente dal nulla. Non si capisce bene il motivo di questa scelta, quando sarebbe stato molto meglio avere le musiche sempre o quanto meno un’opzione per selezionare la lunghezza degli intermezzi di silenzio.
Anche gli effetti sonori non spiccano per brillantezza, e si riducono quasi sempre al vocio della gente, mentre per sentire i cuochi al lavoro è necessario zoomare molto all’interno della cucina.
In Conclusione
Probabilmente rimarrà sconosciuto al grande pubblico, e i patiti dell’azione fine a sé stessa non lo degneranno di uno sguardo, ma Restaurant Empire è di certo uno di quei titoli che farà contenti gli appassionati dei gestionali.
E’ un gioco completo, bilanciato dal punto di vista della difficoltà, e incredibilmente vario per il suo genere. Le gare di cucina sono strutturate in modo semplice, ma non annoiano. La presenza stessa della trama risolve quello che probabilmente è il problema principale dei gestionali: convincere il giocatore a non smettere di giocare dopo le prime partite. In questo modo invece si è sempre invogliati a continuare fino alla fine, sia per scoprire il resto della storia, che per migliorare le capacità di Armand o per attivare le funzioni che nella modalità avventura sono ancora bloccate.
E’ proprio il caso di dire che i programmatori del team Enlight hanno imparato dagli errori commessi con il loro precedente lavoro, Capitalism 2, e li hanno messi a frutto.
Restaurant Empire non è però esente da pecche. Se da un lato la possibilità di proseguire le missioni in un determinato periodo di tempo permette di affrontare il gioco con maggior tranquillità, dall’altro rende troppo facili gli obbiettivi sul lungo termine e quasi impossibili da soddisfare in un solo mese. Il numero troppo esiguo di chef che è possibile assegnare ai ristoranti e l’eccessivo tempo che impiegano a cucinare i piatti (a conti fatti è la stessa cosa…) impediscono di sfruttare a pieno gli spazi. La grafica e le musiche, per quanto adatte allo scopo, potevano essere migliorate, gli scenari sono pochi e la partita libera non ha nessun motivo di esistere. Meglio poi non spendere altre parole sulla distinzione tra i piatti (vedi box).
Tra questi difetti però, i più gravi potrebbero essere facilmente risolti da una patch (non la 1.21 che è già compresa nell’edizione italiana) e, nonostante tutto, non sono sufficienti ad intaccare più di tanto l’ottimo lavoro svolto dal team Enlight. Alla fine quindi, il termine più adatto per definire Restaurant Empire è forse uno solo: “delizioso”.
… e buon appetito!
- Pro:
- Scenari collegati dalla trama
- Prosecuzione delle missioni nel tempo
- Concorsi di cucina
- Personalizzazione totale dei ristoranti
- Contro:
- Pochi scenari
- Mancanza di obbiettivi nella partita libera
- Esagerata limitazione al numero di chef per ristorante
- Catalogazione dei piatti inadatta alla cucina italiana
La sala è pronta? I tavoli sono perfettamente apparecchiati? I dipendenti sono ai loro posti? E’ meglio che sia tutto in ordine, perché non è con i soli manicaretti che si diventa grandi ristoratori.