System Shock (1994) fu il frutto di una grande intuizione. Il 3D era ormai sdoganato grazie al successo di DOOM e al miglioramento generale dei PC da gioco, e molti studi andavano alla ricerca di una ridefinizione delle coordinate delle esperienze più amate, per riuscire a sfruttare le nuove tecnologie, così da soddisfare le accresciute aspettative dei videogiocatori. Quando Looking Glass Studios realizzò System Shock per Origin Systems, gli unici modelli cui poté fare riferimento erano i due Ultima Underworld, da cui guarda caso provenivano molti membri del team di sviluppo (in particolare Dough Church e Warren Spector), tanto che, nonostante le differenze di scenario, si può parlare senza indugio di una certa continuità concettuale tra i progetti.
Il mix tra esplorazione e sparatutto in prima persona, con il giocatore che veniva lasciato libero di girovagare per la stazione spaziale Citadel senza dover per forza seguire un percorso prefissato, si rivelò vincente per la critica, meno per il pubblicò, che non tributò a System Shock un particolare successo (leggasi: vendette poco, ma fu piratato tanto), con lo stato di gioco di culto che arrivò sostanzialmente postumo. Alcuni degli elementi che caratterizzeranno gli immersive sim da Deus Ex e System Shock 2 in poi ancora non c'erano, ma la strada era ormai tracciata per definire un certo miscuglio tra gioco di ruolo e sparatutto in prima persona. Insomma, stiamo parlando di un titolo di grande importanza per la storia dei videogiochi e la recensione del remake di System Shock non può non tenerne conto, per cercare di fare un quadro dell'intera operazione.
C’era bisogno del remake di System Shock?
La prima domanda che bisogna porsi di fronte a un qualsiasi remake è se ce ne fosse davvero bisogno. Il pubblico contemporaneo si approccia malissimo ai giochi classici, cercandoci gli standard moderni e giudicandoli in relazione a essi. Così è diventata pratica abbastanza comune chiedere che le esperienze che si ricordano con particolare affetto vengano svecchiate, tanto da non dover fare lo sforzo di comprenderle nel momento storico in cui sono state prodotte. Si vogliono compiacere i ricordi, ma senza rinunciare alla comodità. Il problema in questi casi è che alcune relazioni sono inevitabilmente cambiate. Come detto, quando System Shock uscì rappresentò l'evoluzione di una formula dai confini incerti, mentre il remake arriva sul mercato quando System Shock 2, i Bioshock, Prey, i Dishonored e tanti altri immersive sim sono ormai cosa da anni, quindi è inevitabile relazionarlo con essi.
La prima considerazione che possiamo fare, quindi, è che lì dove il System Shock del 1994 si configurò come un'esperienza evoluzionaria, il System Shock del 2023 di presenta con un piglio completamente diverso, intriso di grande nostalgia e impaurito dalla prospettiva di proporre ai suoi giocatori potenziali una visione che non sia in buona parte sovrapponibile con quella originale. Di fatto sembra quasi un'operazione religiosa. Così eccoci di nuovo a vestire i panni dell'hacker senza nome risvegliatosi dopo sei mesi di coma indotto nella Citadel, dove l'intelligenza artificiale SHODAN, la vera protagonista della serie nonché il personaggio più interessante, è andata completamente fuori controllo e ha iniziato a elaborare un piano di sterminio del genere umano, sperimentandolo sugli occupanti della stazione. Il nostro obiettivo è quello di fermarla, attraversando tutti i piani della base. Più facile a dirsi che a farsi.
Dal 1994 a oggi
Appena preso il controllo del protagonista ci accorgiamo che l'esperienza utente è molto più curata rispetto al passato, con meno click per compiere determinate azioni, un'interfaccia più agile e completamente rielaborata, nonostante consenta di fare esattamente le stesse cose dell'originale (va detto che già System Shock: Enhanced Edition aveva lavorato bene da questo punto di vista) e una fase di ingresso in gioco molto meno complessa. Naturalmente salta subito all'occhio la grafica completamente rinnovata, frutto degli sforzi di anni (letteralmente) di Nightdive Studios, che ha lavorato davvero bene sulle atmosfere, curando moltissimo il sistema di illuminazione e i suoi effetti sul gameplay. Il risultato è che ci troviamo di fronte a una stazione spaziale molto più opprimente rispetto a quella del 1994, nonostante abbia mantenuto la stessa labirinticità e in buona parte anche la stessa astrazione in termini di composizione architettonica, nonostante il lavoro fatto anche da questo punto di vista per aumentarne l'organicità strutturale sia notevole, quanto però parziale.
Anche sotto il profilo del gameplay ci si ritrova subito a casa, per così dire, con il gioco che sostanzialmente ci richiede di esaminare gli ambienti scaffale per scaffale, angolo per angolo alla ricerca di oggetti utili, di armi, di potenziamenti e di registrazioni, con queste ultime che rappresentano l'accesso privilegiato alla storia del gioco. Fortunatamente si è scelto di non aggiungere sequenze filmate o altri sistemi narrativi statici, che avrebbero rischiato di spezzare il ritmo del gameplay. System Shock funzionava e, possiamo dirlo, funziona proprio perché ci fa sentire completamente soli in un ambiente ostile, lasciando al giocatore stesso l'onere di raccontare la lotta contro SHODAN e il suo esercito di robot e creature mutanti.
Sistemi di gioco
In System Shock il giocatore passa la maggior parte del tempo a fare due cose: cercare oggetti, in particolare le schede di accesso alle aree chiuse e le munizioni, gestire gli stessi nell'inventario, vaporizzando quelli che considera meno utili, conservando alcune armi e gettando tutto il superfluo nelle stazioni di riciclo così da ottenere preziosi crediti, e combattere. Se vogliamo è proprio il sistema combattimento a ricordarci più di ogni altra cosa che ci troviamo di fronte al remake di un gioco del 1994 e a mostrare alcune delle falle dell'operazione. In onore dell'originale non è stato inserito alcun sistema alternativo per affrontare i nemici. Quindi, quando si entra nel loro raggio d'azione, si viene inevitabilmente aggrediti e tutto ciò che bisogna fare è colpirli con le armi disponibili finché non cadono a terra. Non aspettatevi quindi approcci multipli alla Dishonored o alla Prey, perché Nightdive Studios ha scelto di rispettare il titolo sorgente anche nei suoi aspetti ormai più problematici. Lo ha fatto al punto da aver creato un sistema di feedback dei colpi andati a segno che richiama quello del gioco del 1994, creando un effetto abbastanza straniante. Nel System Shock originale era normale e in un certo senso giustificata la staticità delle animazioni di risposta ai colpi, con i nemici che non indugiavano un attimo anche quando venivano mitragliati, perché erano degli sprite 2D che si muovevano in un mondo 3D. Inoltre, come detto, non c'erano molti modelli di riferimento e, inevitabilmente, gli sviluppatori finirono per guardare a DOOM. Chiariamo: per l'epoca era un sistema avanzatissimo. Però, che nel remake di System Shock i colpi andati a segno non producano quasi alcun feedback, come se non venissero assorbiti dai nemici, inevitabilmente salta all'occhio.
Quindi, che si spari con una pistola o con un'arma a raggi, gli effetti saranno sempre i medesimi. Le stesse armi da corpo a corpo non producono feedback appaganti, nonostante le animazioni dei colpi predispongano ad aspettarsi ben altro. Così ad esempio, colpendo con la chiave inglese, il colpo viene caricato con un'animazione molto fisica, mostrando anche un certo sforzo da parte del protagonista, per poi però scivolare sul corpo del nemico di turno al momento dell'esecuzione, anche nel caso in cui si vada a segno. Probabilmente inserendo dei feedback più marcati si sarebbe dovuto rimodulare l'intero sistema, che è in buona parte ricalcato su quello dell'originale. Se vogliamo, questo è spesso uno dei problemi dei remake, che vedono gli sviluppatori fin troppo timorosi di scontentare i fan, al punto da prendere delle scelte controproducenti pur di evitare polemiche. Il problema, in questo caso, è che chi conoscerà System Shock partendo dal remake, lo relazionerà inevitabilmente con i titoli moderni, finendo per percepire come un difetto quella che è una decisione dettata probabilmente solo da una forma esasperata di rispetto. Lo stesso dicasi per il comportamento dei nemici che è molto simile a quello del titolo originale, al punto da poter usare le stesse tattiche per batterli. Ad esempio ci si può posizionare in modo tale da avere una prospettiva chiara sul bersaglio, facendo però in modo che la sua linea di tiro finisca su di un ostacolo. Semplice, efficace, decisamente old school. Forse troppo.
Considerazioni sparse
Per il resto il remake di System Shock offre esattamente le stesse situazioni dell'originale. Quindi aspettatevi i puzzle casuali con i collegamenti elettrici da ricreare su delle plance divise in tessere quadrate e aspettatevi i viaggi nel cyberspazio per sbloccare l'accesso ad alcune aree e ottenere dati. Questi ultimi sono stati enormemente rivisti dal punto di vista tecnico e dell'esperienza, con un occhio particolare nel cercare di renderli più dinamici e piacevoli da vivere. Non che il cyberspazio dell'originale fosse brutto, solo che oggi la grafica wireframe e una certa estetica a blocchi dei nemici non avrebbe più avuto molto senso, quindi saggiamente Nightdive ha deciso di optare per uno stile più moderno e colorato, rivedendo l'intera sezione. Il gameplay rimane quello di uno sparatutto in prima persona con movimenti a 360° alla Descent, ma decisamente più rapido e con nemici più aggressivi, in cui l'obiettivo è sempre quello di arrivare in fondo al livello vivi, distruggendo tutti i nemici ed evitando alcuni ostacoli, come delle insidiose mine.
In generale, è difficile definire il nuovo System Shock come una brutta esperienza, anche perché è costruito su di una base molto solida e dal valore indiscutibile. L'unico vero rammarico è che gli sviluppatori non abbiano dimostrato più coraggio nel modificare alcuni sistemi, modernizzando ancora di più il gioco, invece di cercare costantemente la celebrazione dell'originale. Il risultato è un'esperienza piacevole, sicuramente appassionante, ma che non aggiunge davvero nulla al discorso degli immersive sim, che proprio il primo System Shock aveva iniziato a scrivere.
Conclusioni
Il remake di System Shock ha senso in un'industria in cui ormai quella di rifare i giochi del passato sembra essere l'unica possibilità per evitare la completa afasia di un certo modo di concepire i videogiochi. Per molti versi possiamo considerarla un'operazione riuscita, al netto di qualche problema del sistema di combattimento e del suo avere senso solo in relazione alla celebrazione del titolo originale. È ben fatto, è una bella cupola per nostalgici, ma non aggiunge molto al discorso generale.
PRO
- Ottima la revisione grafica
- Il gameplay funziona ancora
CONTRO
- I feedback del sistema di combattimento
- Molto impaurito dallo scontentare i fan