Il mercato dei videogiochi per PC è diventato negli ultimi anni un ambiente davvero ostico, tanto per gli utenti finali quanto per la critica specializzata. Certo, non è mai stata una passeggiata districarsi tra configurazioni diverse, funzionalità mancanti al lancio, driver che ti friggono la GPU, glitch che rendono impossibile completare le campagne o che rovinano i salvataggi, crash misteriosi e infine il meraviglioso, sempreverde discorso relativo all'ottimizzazione.
Da un po' di tempo a questa parte, tuttavia, la situazione è ulteriormente peggiorata per via della crisi dei semiconduttori, per il fenomeno dei miner e dei bagarini, nonché per una politica dei prezzi che ha reso del tutto inaccessibile anche quella che è sempre stata la fascia media delle GPU, e che oggi di fatto non esiste: procurarsi una scheda video di nuova generazione pensata per i 1440p sotto i mille euro è diventata una sfida apparentemente impossibile, e così sono destinate ad assottigliarsi ulteriormente le percentuali da prefisso telefonico di chi possiede una configurazione da gaming di fascia medio/alta.
Ecco, la versione PC di The Last of Us Parte 1 si pone per molti versi come la sintesi di tutte queste storture. La pur necessaria (ma insolitamente lunga) fase di precompilazione degli shader, in cui il processore viene sparato a temperature da forno a legna, racconta tanto di cosa ci sia di sbagliato nel lanciare un prodotto in queste condizioni, ma che per una serie di logiche commerciali (vedi l'aggancio alla serie televisiva) doveva necessariamente arrivare sul mercato, e che per gli stessi motivi non è stato fornito alle redazioni prima dell'uscita, visto che si era ben consapevoli dei suoi problemi e si temeva una stroncatura unanime.
Allo stesso tempo, il recente esempio di Marvel's Spider-Man dimostra come sulla piattaforma Windows i giochi possano cambiare volto dalla sera alla mattina, magari dopo la scadenza dell'embargo sugli articoli di approfondimento, che si trovano dunque ad analizzare un prodotto che non esiste più; perché alla fine è questo che facciamo: forniamo una descrizione il più possibile accurata di ciò che vediamo e che proviamo, ma la sfera di cristallo non rientra nella dotazione standard di un giornalista videoludico.
E dunque, chissà, magari domani o fra una settimana arriverà una gigantesca patch che renderà tutto ciò che stiamo per raccontarvi obsoleto, ma fino ad allora questa è la nostra recensione della versione PC di The Last of Us Parte 1.
Il gioco: storia, struttura e gameplay
Se siete utenti prettamente PC e questo è il vostro primo contatto con The Last of Us, concedeteci qualche riga per parlarvi del gioco in sé: un action survival ambientato in un mondo post-apocalittico, devastato venti anni prima dall'improvvisa diffusione di un fungo responsabile della trasformazione di tantissime persone in feroci mutanti, che hanno messo a ferro e fuoco le città e costretto i sopravvissuti a rifugiarsi all'interno di insediamenti fortificati sotto il controllo dell'esercito.
Introdotta da un flashback drammatico, la storia che viene raccontata è quella di Joel, un uomo reso duro e violento dagli eventi, che vive di contrabbando con la sua compagna Tess finché non si imbatte in un incarico di consegna diverso dal solito: deve scortare una ragazzina, Ellie, fino a un centro di ricerca controllato dalla fazione ribelle delle Luci. Una missione di fondamentale importanza, visto che lei è il primo essere umano apparentemente immune all'infezione.
Attingendo agli elementi narrativi classici dei road movie, Neil Druckmann racconta nel gioco una vicenda umana di grande spessore, ricca di personaggi molto ben caratterizzati, di un legame che progressivamente diventa più forte e di una violenza che non è solo quella degli infetti, ma anche e soprattutto di chi è sopravvissuto alla catastrofe perdendo la propria umanità, come le squadre di spietati predoni in cui Joel ed Ellie si imbattono lungo il tragitto.
La trama viene supportata da un gameplay ancora attuale, in cui i protagonisti si trovano ad affrontare orde di nemici all'interno di scenari generalmente molto ampi, che consentono di alternare a seconda dei casi un approccio stealth e combattimenti a viso aperto, tenendo sempre d'occhio ripari e munizioni, per poi raccogliere in giro risorse per il crafting e collezionabili mentre si risolvono piccoli enigmi ambientali.
Il concetto di remake e le differenze con l'originale
The Last of Us Parte 1 si pone come un remake del titolo pubblicato originariamente nel 2013 su PS3 e rimasterizzato l'anno successivo per PS4. Come abbiamo spesso spiegato, il termine in questione indica un rifacimento tecnico completo che va ad agire su geometrie, animazioni, asset ed effettistica, consegnandoci un'esperienza visivamente rinnovata ma al passo coi tempi anche sul fronte del gameplay, rifinito per l'occasione.
La storia, i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi non cambiano, così come la struttura: la campagna di The Last of Us Parte 1 (e quella dell'espansione Left Behind, inclusa nel pacchetto) non riserva alcuna sorpresa a chi ha già completato il gioco, magari più volte; ma senza dubbio è in grado di riproporre quelle sequenze in maniera diversa, più consapevole e coerente rispetto al lavoro svolto con la Parte 2, come dimostrano anche le modifiche all'interfaccia e alle opzioni di accessibilità, nonché le animazioni del banco da lavoro che Joel utilizza per potenziare il proprio equipaggiamento.
Dicevamo però anche del gameplay, che può contare in questo caso su routine migliorate per quanto concerne l'intelligenza artificiale dei nemici; in particolare quelli umani, che tendono ad avere una maggiore percezione dello spazio e di ciò che gli accade intorno, individuano i cadaveri dei propri compagni e subito allertano gli altri, mettendo in pratica strategie d'attacco di gruppo leggermente più elaborate rispetto alla versione originale, che danno vita a scontri frenetici in cui bisogna spesso muoversi, affondare e ripiegare.
È tuttavia, inevitabilmente, il comparto tecnico a portare i segni più evidenti di questa operazione di "adeguamento" della saga targata Naughty Dog, attingendo alle tecnologie che il team di sviluppo ha impiegato per il secondo capitolo al fine di consegnarci personaggi sostanzialmente più dettagliati e meglio animati, che si muovono in maniera più convincente all'interno di scenari rinnovati, impreziositi da texture ed effetti che gli donano un aspetto spesso completamente diverso.
La versione PC
Ed eccoci finalmente a parlare della versione PC di The Last of Us Parte 1 e dei suoi problemi, a partire dalla già citata fase di precompilazione degli shader, che pur essendo importante ai fini delle prestazioni in questo caso dura parecchio (una mezz'ora) e siamo stati costretti a riavviarla più volte in quanto implica un impiego anomalo del processore, facendolo schizzare a temperature elevatissime.
Pare che la prima patch abbia in qualche modo attenuato questo fenomeno, ma per il momento non va a toccare le altre criticità di un porting che, lo ripetiamo, è arrivato sul mercato in condizioni francamente inaccettabili a causa di logiche commerciali che sono entrate in conflitto con evidenti mancanze organizzative. La parola d'ordine è ottimizzazione, ed è un concetto che chi ha curato la versione PC di The Last of Us Parte 1 farebbe bene a ripassare.
Sia chiaro, sulla piattaforma Windows non è certamente la prima volta che ci troviamo in una situazione del genere: impossibilitati a regolare la grafica del gioco sulla base delle prestazioni desiderate per via della mancanza di un hardware di riferimento (a parte Steam Deck, che però qui deve accontentarsi dei preset minimi), gli sviluppatori spesso si affidano alla capacità delle GPU più potenti (e di driver ottimizzati da qualcun altro) perché rimedino alle loro mancanze.
In questo caso specifico The Last of Us Parte 1 semplicemente non può girare al massimo su schede video dotate di meno di 12 GB di RAM: la schermata delle opzioni grafiche è estremamente chiara in tal senso e riporta l'impiego di memoria in base alle regolazioni effettuate sul fronte della risoluzione e dei preset e/o delle singole voci. Forzare la mano porta non solo a sperimentare evidenti cali di frame rate nelle situazioni più movimentate, ma anche e soprattutto crash e freeze.
Essendo limitati dagli 8 GB di memoria di una RTX 3070, abbiamo provato a effettuare diverse prove per capire quali fossero i compromessi alla nostra portata. Ebbene, le sequenze che vedrete a breve nella video recensione di The Last of Us Parte 1 per PC sono state catturate a 1440p e 60 fps utilizzando il preset max (che corrisponde al tradizionale "high") in combinazione con un DLSS su "qualità" che ha portato la risoluzione di partenza a 960p.
Volendo accontentarsi di un frame rate leggermente inferiore, dai 50 ai 60 fps, è possibile optare per i 1800p sempre con DLSS su qualità, mentre laddove si desideri ripiegare sui 30 fps ci si può giocare la carta dei 2160p sempre col preset max e il DLSS, ma senza ottenere un frame pacing granché soddisfacente. Considerando le prestazioni del gioco su PS5 e l'uso sulla console Sony di preset spesso corrispondenti agli ultra su PC, è chiaro che si tratta di risultati pessimi.
Detto questo, mentiremmo se dicessimo che a 1440p e 60 fps The Last of Us Parte 1 sia un gioco brutto da vedere o abbia dei problemi che vanno al di là delle prestazioni: per quella che è stata la nostra esperienza, preshading a parte, i crash si sono sempre verificati a causa dei tentativi di forzare la mano per utilizzare combinazioni di risoluzione, preset qualitativi e frame rate al di sopra delle possibilità della GPU. Pur sforando alla fine di circa 1 GB quei requisiti, abbiamo potuto godere di un'esperienza fluida e visivamente di grande impatto.
Sappiamo tuttavia che non a tutti è andata così bene e che, in generale, premiare un lavoro del genere manderebbe un pessimo messaggio. Allo stesso tempo, la recensione valuta il prodotto nel suo insieme e la bontà della conversione, in questo caso specifico la sua ottimizzazione, non rappresenta che uno degli aspetti che vanno a comporre il numeretto che trovate in fondo. Quanto e come abbassarlo rispetto alla valutazione della versione PS5 non è una scienza esatta, e soprattutto inquadra una situazione che, come scritto in apertura, è destinata inevitabilmente a cambiare.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore: Intel Core i5 13500
- Scheda video: NVIDIA RTX 3070
- Memoria: 32 GB di RAM
- Sistema operativo: Windows 11
Requisiti minimi
- Processore: Intel Core i7 4770K, AMD Ryzen 5 1500X
- Scheda video: NVIDIA GTX 970, AMD RX 470
- Memoria: 16 GB di RAM
- Storage: 100 GB di spazio richiesto
- Sistema operativo: Windows 10 64 bit
Requisiti consigliati
- Processore: Intel Core i7 8700, AMD Ryzen 5 3600X
- Scheda video: NVIDIA RTX 2070, AMD RX 5700XT
- Memoria: 16 GB di RAM
- Storage: 100 GB di spazio richiesto
- Sistema operativo: Windows 10 64 bit
Conclusioni
The Last of Us Parte 1 è l'eccellente remake di un gioco straordinario: un'esperienza di grande impatto sul piano narrativo, a cui il rifacimento effettuato da Naughty Dog dona un colpo d'occhio rinnovato, coinvolgendoci in un'avventura ricca di momenti significativi: se ancora non l'avete fatto, dovete giocarlo. Tuttavia la conversione realizzata in collaborazione con Iron Galaxy ha tanti, troppi problemi legati all'ottimizzazione e ora come ora vi costringerebbe a scendere a grossi compromessi: meglio attendere gli inevitabili aggiornamenti (e magari uno sconto) prima di procedere all'acquisto.
PRO
- Un capolavoro sul piano della narrazione e della direzione
- Rifacimento tecnico straordinario, rinnova l'esperienza
- Gameplay rifinito e ancora appassionante
CONTRO
- Davvero troppo esigente in termini di requisiti
- Diversi problemi tecnici in attesa di una patch
- Prezzo eccessivo per un remake